Franca Alaimo su “Intervista a Sandro Angelucci” di Nazario
Pardini
La
ragionata argomentazione e l'affettuosa adesione alla propria
vocazione che caratterizzano questa intervista mettono bene in luce la
serietà con la quale il poeta Sandro Angelucci lavora intorno alla parola
poetica.
Mi
piace evidenziare due punti almeno di questa intervista: la definizione
dell'impegno del fare poesia al di là dei contenuti della stessa, come qualcosa
che è sua intima sostanza; e la consapevolezza della singolarità di ogni
scrittura, che non può prescindere né dalla tradizione né dal rinnovamento, ma
che, al di là dell'ampiezza delle letture, deve solo restare fedele a se
stessa, poiché altrimenti si cadrebbe nell'imitazione; mi viene da pensare ad
una bella metafora del Bembo, che nel discutere la questione del rapporto fra
scrittori a lui contemporanei e quelli del passato, diceva che lo scrittore
deve essere come un'ape che raccoglie il nettare da vari fiori per poi
elaborare il suo miele, la sua aurea sostanza.
Le
domande poste dall'intervistatore toccano punti problematici sui quali sempre
gli scrittori vengono chiamati ad esprimere il proprio parere;
come certi aspetti e scelte non condivisibili dell' industria
editoriale e dei meccanismi dei concorsi, sono cose che sappiamo
tutti; e non c'è altro rimedio che la buona volontà e una rieducazione etica;
ma , come sottolinea Angelucci, ci sono casi e casi; non servono né l'ipocrisia
e nemmeno l'indignazione.
Adesso
un vivissimo complimento all'amico Sandro, di cui sono fedele lettrice ed
all'intervistatore che fa conoscere al pubblico il pensiero di una persona di
alta dignità morale e letteraria.
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