Francesco Bartoli, Cronistorie
del Sole di Tenebra, Helicon Edizioni, Arezzo 2011
Vi sono terre dal sole di tenebra,
dove le notti hanno sei lune e due sono i cieli: scenari eterni e
mutevolissimi di vicende antiche e sempre nuove; terre dove le città hanno i
colori carezzanti dell’ambra pura, le dune morbidezze spumose e le valli echi
d’oro e d’argento; terre dove il combattimento e il sangue e il dolore e la
perdita e la morte sono leggi paradigmatiche, dove l’amore è arma salvifica,
traguardo ultimo e supremo.
È in queste lande inesplorate e
abitatissime- universi paralleli ma sovrapponibili- che si muove, con rara
maestria e finitezza, Francesco Bartoli, autore giovane, plaudito dalla critica
di settore, e già noto per i numerosi riconoscimenti di prestigio e per opere,
e in prosa e in poesia, di chiara e riconosciuta valenza.
Cronistorie del sole di tenebra entra
così di potenza in un genere letterario non facile, sensibilissimo a
esasperazioni e polarizzazioni limitanti, in virtù di una abilità comunicativa,
di una lucidità espressiva, di una sapienza architettonica che raramente hanno
eguali: l’arte di Bartoli sta nel nascondere ogni punto di sutura e di
incastro, procedendo per emanazioni e per intarsi, senza scorci né salti né accelerazioni
o rallentamenti del flusso narrativo; questo abilissimo narratore, per il
tramite di una carica scritturale mai decrescente, di uno stile aderentemente
pressurizzato, di una aleggiante e onnipervasiva cadenza d’inganno, di
una prodigiosa ricchezza di orchestrazione, riesce a trasportare il lettore in
atmosfere variate- con mobilissimo effetto filmico e sequenziale- dove
l’immaginario si miscela mirabilmente a elementi quotidiani, verità perenni,
valori senza tempo. Recuperando, in compiutissima e personalissima
rivisitazione, la realtà assoluta e immutabile del mito- teofania perpetua,
presenza in pienezza del sacro e del divino- e la metafora alchemica propria
della fantasy migliore, che l’uomo moderno, proteso in una tensione in avanti,
piuttosto che in uno slancio in alto, riesce a cogliere solo per marginali
velature.
Ecco allora dispiegarsi tutto il fascino
del fantastico, sopravissuto a una massiccia opera di ostracismo e di
demonizzazione ideologica, rispondente a una esigenza costitutiva dell’essere
umano, a una funzione creativa e fermentativa.
Ecco allora una galleria di
personaggi- eroi, e antagonisti, di confine già cari a Cabell-
doviziosamente caratterizzati e accuratamente indagati, a interpretare l’eterno
gioco, in dosazioni tonali calcolatissime, in vivezza piena di dialoghi,
che meritano di essere conosciuti per una umanissima vicinanza che supera
lontananze, reali e figurate, che spalanca porte su una platea infinita di
concordanze e di disuguaglianze, su un immaginario vasto, distante ma
raggiungibilissimo.
Con Cronistorie del sole di tenebre,
Francesco Bartoli compie un ulteriore, notevolissimo, passo avanti su un
sentiero strutturale oramai tracciato con sicurezza e solidità attitudinaria,
donandoci un’opera altamente catturante e coinvolgente per principi ispirativi
e per getto empatico, per verticalità spazianti e per oltranze intuitive,
attraversata e sostenuta da quella leggerezza superiore, celebrata da
Gottfried Benn in un saggio famoso: lo stile dei grandi artisti che
semplificano all’estremo il loro spazio, ottengono per sostituzioni, si
esprimono con allusioni e cenni minimi, e la narrazione buca la pagina, in
vivissima tridimensionalità.
Un’opera che si continua a leggere anche
dopo aver chiuso il libro. Da ascriversi fra le massime del genere.
Marina Pratici
Ringrazio nuovamente la bravissima poetessa Marina Pratici per aver donato al mio libro una prefazione tanto bella, di cui rimango stupito ogni volta che la rileggo!
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