Maria Rizzi collaboratrice di Lèucade |
Splendido post del rapporto ambivalente tra Dante e Guido
Cavalcanti. Questo sonetto fa parte della raccolta Rime. E’ una poesia
giovanile ed è indirizzata a Guido Cavalcanti che rispose con il sonetto
"S’io fossi quello che l’amor fu degno". Il sonetto è incentrato sul
tema dell’evasione senza meta, tipico della letteratura romanzesca della
Francia del Nord. E’ il desiderio di trovarsi con gli amici più cari, Guido
Cavalcanti e Lapo Gianni, insieme alle rispettive donne, a bordo di un vascello
che naviga senza meta. E’ il sogno di una vita staccata dalla vita reale, della
vita “cortese”.
Nel concetto dell’amicizia, intesa come concordanza di idee e di
aspirazioni, si individua l’elemento stilnovistico anche se nel complesso il
componimento appartiene al genere e al gusto provenzale del plazer che consiste
in un elenco di fatti piacevoli. Credo sia sempre cosa saggia e giusta
ricordare le origini della nostra letteratura. Un grazie di cuore al Professor
Nazario...
Maria Rizzi
DANTE A GUIDO CAVALCANTI
Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;
sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.
E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:
e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.
In risposta
al richiamo voluttuoso, ispirato al plazer provenzale, il Cavalcanti
contrappone la propria tristezza di amante deluso, tutt'altro che incline a
intraprendere lo smemorato vagabondaggio al quale l'invita l'amico. Non un vago
sogno sollecita il poeta, bensì la rimembranza del passato, la memoria di una
ferita inferta al suo cuore da un "prest'arcier" che par si
compiaccia crudamente nel tormentarlo. Questa replica va disposta, piuttosto
che su un piano ideologico diverso da quello dantesco, entro il ben noto clima
sentimentale di Guido, misto di angoscia e sbigottimento, forse occasionalmente
incupito dalla proposta dell'amico.
Maria Rizzi
S’io fosse quelli che d’amor fu degno,
del qual non trovo sol che rimembranza,
e la donna tenesse altra sembianza,
assai mi piaceria sì fatto legno.
E tu, che se’ de l’amoroso regno
là onde di merzé nasce speranza,
riguarda se ’l mio spirito ha pesanza,
ch’un prest’arcier di lui ha fatto segno,
e tragge l’arco che li tese Amore,
sì lietamente, che la sua persona
par che di gioco porti signoria.
Or odi maraviglia ch’el disia:
lo spirito fedito li perdona,
vedendo che li strugge il suo valore.
Mi sembra giusto inserire la risposta del Cavalcanti.
RispondiElimina"S’io fosse quelli che d’amor fu degno,
del qual non trovo sol che rimembranza,
e la donna tenesse altra sembianza,
assai mi piaceria siffatto legno.
5E tu, che se’ de l’amoroso regno
là onde di merzé nasce speranza,
riguarda se ’l mi’ spirito ha pesanza:
ch’un prest’ arcier di lui ha fatto segno
e tragge l’arco, che li tese Amore,
10sì lietamente, che la sua persona
par che di gioco porti signoria.
Or odi maraviglia ch’el disia:
lo spirito fedito li perdona,
vedendo che li strugge il suo valore". In risposta al richiamo voluttuoso, ispirato al plazer provenzale, il Cavalcanti contrappone la propria tristezza di amante deluso, tutt'altro che incline a intraprendere lo smemorato vagabondaggio al quale l'invita l'amico. Non un vago sogno sollecita il poeta, bensì la rimembranza del passato, la memoria di una ferita inferta al suo cuore da un " prest'arcier " che par si compiaccia crudamente nel tormentarlo.Questa replica va disposta, piuttosto che su un piano ideologico diverso da quello dantesco,entro il ben noto clima sentimentale di Guido, misto di angoscia e sbigottimento, forse occasionalmente incupito dalla proposta dell'amico. Un caro saluto a tutti
Maria Rizzi
La lirica presenta dei refusi...
RispondiEliminaS’io fosse quelli che d’amor fu degno,
del qual non trovo sol che rimembranza,
e la donna tenesse altra sembianza,
assai mi piaceria sì fatto legno.
E tu, che se’ de l’amoroso regno
là onde di merzé nasce speranza,
riguarda se ’l mio spirito ha pesanza,
ch’un prest’arcier di lui ha fatto segno,
e tragge l’arco che li tese Amore,
sì lietamente, che la sua persona
par che di gioco porti signoria.
Or odi maraviglia ch’el disia:
lo spirito fedito li perdona,
vedendo che li strugge il suo valore. Perdonatemi!
Maria Rizzi