La vela
- Le vele
sono gonfie di un Libeccio tanto selvaggio
che l’onda scura si alza sopra di noi
per
ricadere con squassi paurosi.
Non c’è
niente dintorno. Solamente banchi
che ci
avvolgono nel ventre col crocidare
disperso
nella nebbia.
Ci avranno
abbandonato i nostri dèi?
ci
indicheranno alla fine le rotte
per farci
proseguire in questo dubbioso cammino?
Quante
volte ho scambiato sulle onde
nembi
vagabondi con volti conosciuti,
e quante ho
riempito il mio animo
del senso
dei tramonti affogati nel mare.
è proprio allora che ho visto
stagliarsi
sul cerchio
che collega l’orizzonte col cielo
gli sguardi
perduti nel viaggio.
E tu
continui a sperare? ti dimentichi
di quello
che passammo,
dei
pericoli e del tempo consumati
nell’assurda
riflessione su possibili rotte?
E intanto
piovre inaspettate con lunghi tentacoli
ci
sottrassero daccanto cari amici;
e noi
potevamo reagire?
potevamo
noi opporci in qualche modo
all’ostile
destino? Ormai il tragitto
ha superato
più della metà di questo imprevedibile Oceano.
E non è la
prima volta che cozziamo
contro
temporali infidi. Questa volta
è un vento
prepotente a tentare
di
riportare l’esile barca verso scogli ed acque
navigate e
a noi note -.
- Tu non
temere! Disporremo le vele,
esperti
come siamo, in modo tale
che volgano
l’eolico nemico verso poppa.
Che ci
portino alla fine di un mare
il cui
orizzonte sperammo in un lontano Occidente.
è la scoperta che sorregge il
credo
del nostro
andare. Non solo l’aria d’Oriente;
sì! da là
sortiamo e ne portiamo
sapori di
mirti, d’agavi e di dune.
Ma il mio
dio mi disse di viaggiare e di mirare
l’intorno
che rigurgita di forza. Se stasera
la tempesta
è irruente, è dentro noi
il solo
modo di trovare un germe
assai forte
per vincerla. è una sfida
che dura
per la vita e non è detto
non sia uno
sfronto tra noi e l’universo
quando il
bello circonda questa barca
sotto sopra
attorno. è un altro dubbio magari
a sorgere
pungente: il godimento
di tanta
plenitudine sarà durevole
o lascerà
il tormento di un’immagine?
Solo il
mistero di questa imbarcazione nel cosmo,
del tenace
suo andare tra i flutti
di un
percorso tanto enorme se violento
e
altrettanto se disteso, vale a vivere
quel senso
di trabocco sopra di noi.
Per il
resto il terrore dei fondali
servirà a
farci godere ancora di più
degli
sguardi verso cieli smisurati
quando le
onde si placheranno. Guarda attorno!
Già il
colmo si frantuma e fa notare
spazi
celesti: a breve un’altra fine
riporterà
spettacoli cromatici
scoppiando
tra nembi e tra pelaghi
ritornati
sereni -.
- è tanto simile questo viaggio
e noi coi nostri dubbi
paure incertezze presunzioni
di vincerne il senso ad un
barbaglio di luce sopra l’onda
o ad uno
sbrendolo di nube in mezzo al cielo.
Si
dileguano
e resta un
vuoto, anche se blu,
un grande
vuoto in cui si perde l’anima -.
Meraviglia
RispondiEliminaMeraviglia
RispondiEliminacondivido: parole che regalano immagini.(Emanuele Aloisi)
EliminaIntenso, bellissimo, il dialogo che Nazario propone in versi. Colloquio tra sé e sé e tra sé e l'altro, dove l'altro è l'uomo di ieri, di oggi e di domani. Così, possiamo pensare ad Ulisse, ai migranti o a nostri discendenti di un non lontano futuro.
EliminaCiò che li accomuna è il viaggio; sono i dubbi, le paure, le incertezze, le presunzioni "di vincerne il senso".
"Ci avranno abbandonato i nostri dèi?
ci indicheranno alla fine le rotte
per farci proseguire in questo dubbioso cammino?
Quante volte ho scambiato sulle onde
nembi vagabondi con volti conosciuti,
e quante ho riempito il mio animo
del senso dei tramonti affogati nel mare.";
e ancora:
"E non è la prima volta che cozziamo
contro temporali infidi.".
Sgomenti cui si contrappongono rassicurazioni:
"È la scoperta che sorregge il credo
del nostro andare. Non solo l’aria d’Oriente;
sì! da là sortiamo e ne portiamo
sapori di mirti, d’agavi e di dune.
Ma il mio dio mi disse di viaggiare e di mirare
l’intorno che rigurgita di forza.".
Quindi il punto-chiave:
"la tempesta è irruente, è dentro noi
il solo modo di trovare un germe
assai forte per vincerla.".
Eccolo Ulisse; ecco l'immortalità dell'unico mito che trae dal "terrore dei fondali" quella spinta ascensionale che,"ancora di più", ci farà godere della quiete, "degli sguardi verso cieli smisurati quando le onde si placheranno".
Sandro Angelucci
Un canto che nasce con una elegia di presentita morte, che apre sulla visibilità oscura dubbiosa del disperante nulla, dei sentimenti confusi di solitudine selvaggia e di abbandono: un canto vagabondo e variopinto; con incipit ed incisi, incitamenti, provvisorie comprensioni e rifiutate conclusioni di una esperienza che attinge al presente, ai ricordi, alla storia personale e continua nelle immagini perdute: il vedere con tutte le sue ambiguità: “Quante volte ho scambiato sulle onde/ nembi vagabondi con volti conosciuti,….
RispondiElimina… gli sguardi perduti nel viaggio.”
Ricerca lucida e appassionata che si muove sulla metafora, realistica e misteriosa nel contempo, della vela e del viaggio, tra terrori dei fondali oscuri e sbrendoli di nuvole , in “un vuoto, anche se blu”, un grande vuoto in cui si perde l’anima che mira all’assoluto, pur nei richiami al presente, ai ricordi, a lotte e fantasie trascorse….“…Che ci portino alla fine di un mare / il cui orizzonte sperammo in un lontano Occidente./ È la scoperta che sorregge il credo del nostro andare.
“La scoperta”: “Non solo l’aria d’Oriente;/sì! da là sortiamo e ne portiamo/ sapori di mirti, d’agavi e di dune. … Ma il mio dio mi disse di viaggiare e di mirare/ l’intorno che rigurgita di forza.”
Poesia. Misteriosa e potente. Come diceva Sterne “essa aggiunge un filo alla tela brevissima della nostra vita”.
Il naufrago ha "il terrore dei fondali". E' solo, con il suo vuoto (anche se blu), "un grande vuoto in cui si perde l'anima". E si chiede (chiede a se stesso): "E tu continui a sperare? ti dimentichi / di quello che passammo"; "e noi potevamo reagire / potevamo noi opporci in qualche modo / all'ostile destino?...". C'è sempre un motivo, un irrazionale e incontrastabile motivo, che spinge ad andare avanti, ad affrontare il mare tempestoso: "E' la scoperta che sorregge il credo / del nostro andare... /... il mio dio mi disse di viaggiare e di mirare / l'intorno che rigurgita di forza. Se / stasera / la tempesta è irruente, è dentro noi / il solo modo di trovare un germe / assai forte per vincerla". Non dunque per dominare il mondo, ma per mettere alla prova se stesso, che Ulisse affronta il mare tempestoso. E' un labirinto inestricabile la vita. Teseo sarebbe miseramente destinato a perdersi senza il filo d'Arianna che ha dentro di sé. Deve avere fede in se stesso, in quel suo dio interiore che lo spinge a viaggiare: sa solo lui il perché. Il dedalo non si può evitare e affrontarlo è l'unica possibilità che abbiamo per uscire fuori all'aperto. Illesi.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Una poesia intensa, zeppa di immagini coinvolgenti ed emotivamente trascinanti in un armonioso ascolto del viaggio dell’anima. Alla base c’è il dialogo con le proprie sensibilità, come ha già scritto nel suo commento Sandro Angelucci. Dialoghi che aprono domande profonde, che scavano nelle coscienze per trovare risposte nell’io del Nostro. Nel cammino e nella navigazione come metafora della vita “il terrore dei fondali” sia da monito per cercare di vivere mantenendo saldo la relazione con il prossimo e trovarsi pronti “quando le onde si placheranno”. Un finale che sfocia nei dubbi e nel “vuoto in cui si sperde l’anima”. Una conclusione che sorprende e ci lascia con profonde riflessioni, ed il pensiero ritorna sul verso “Guarda attorno!”
RispondiEliminaCiò che conta è partire se spinti dalla necessità interiore del viaggio, nonostante il mare in tempesta, nonostante il “libeccio tanto selvaggio”, nonostante “l’onda scura (che) si alza sopra noi per ricadere con squassi paurosi”. Partire anche se “non c’è niente dintorno”. ꓰ proprio quando sembra che gli dei ci abbandonino, noi uomini di vento, dobbiamo proseguire nel cammino alla ricerca di noi stessi avvertendo ancora più forte la rotta giusta per quel preciso viaggio.
RispondiEliminaProprio allora occorre sedersi di fronte a noi stessi lasciando libero il passaggio alla paura, guardare la vita con coraggio. Serve guardare oltre, ignorando “vent(i) prepotenti” perché è “la scoperta che sorregge il credo/del nostro andare […] è dentro noi/il solo modo di trovare un germe/assai forte per vincerla”.
Il senso sta nel mistero del tenace “andare tra i flutti”. Il premio è lo “sguard(o) verso cieli smisurati” dopo il “terrore dei fondali”.
A noi serve conoscere una storia, la nostra, per fare vere altre storie.
Annalisa Rodeghiero
Ringrazio di cuore gli amici (Maurizio, Emanuele, Sandro, Maria Grazia, Franco, Francesco, Annalisa) per i loro generosi interventi. Tutti assieme su questa barca non è detto che non si possa attraversare l'Oceano. Forza!!! Più che coraggio occorre la voglia della scoperta; la coscienza del pericolo, l'ardore e la curiosità di sentirsi nuovi; solo così le burrasche si tramuteranno nell'attesa dei cieli azzurri. TANTISSIMI AUGURI per un anno zeppo di amore e di felicità
RispondiEliminaNazario