In
memoria delle Foibe
Sono
laggiù sul Carso
quei
buchi fondi e bui,
nel
loro ventre scheletri e passioni,
e
sopra, figli a piangere, a incrociare
braccia
di legno, corone di fiori;
a
rievocare,
a
cospargere di petali i pensieri
rimasti
là, inespressi, addormentati, morti.
Rimasti
a riposare
in
braccio ad altri scheletri,
con in mente il giorno,
la
luce, il sole dei larghi pianori,
di
quando scaricavano in quei buchi
ceppe
di terra o foglie
per
mirarle sparire lentamente,
allegramente
dentro i buchi neri.
Nazario Pardini
10 febbraio 2017
10 febbraio 2017
Nazario ha una capacità non comune: quella di riuscire - nel suo poetare - a trattare temi che nascondono l'insidia della retorica con un'eloquenza ed uno stile schietti e semplici, immediati ed indirizzati all'animo, alla sua immedesimazione con il dolore e la pena.
RispondiElimina"Sono laggiù sul Carso
quei buchi fondi e bui"
subito l'incipit ci trasporta su quelle montagne e, inevitabilmente, si svelano immagini di morte e pianto. Ci raggiungono quei pensieri "inespressi, addormentati, morti" ma ci vengono incontro anche quelle buche colme di foglie che spariscono lentamente, "allegramente" (sottolineo: allegramente!) inghiottite dal desiderio di rigenerazione della Terra e dalla voglia di vivere in pace dell'uomo.
Complimenti, caro Nazario,
Sandro Angelucci
Caro Sandro,
Eliminacome al solito possiedi e riveli quella particolare capacità intuitiva con cui sai rendere preziose le più semplici parole. Solo un grande poeta può essere un acuto ermeneuta; non credo nella obiettività della critica e tu lo dimostri appieno.
Grazie per il tuo profondo commento
Nazario
Caro Nazario, hai fatto molto bene a trattare, con questa tua poesia assai bella e profonda, un dramma che è stato spesso sottaciuto. Ti invio alcuni versi di una poesia che ha per soggetto il magazzino che a Trieste testimonia ancora questa immane tragedia:
RispondiElimina"...Trieste, magazzino del dolore
- ancora intatto - numero diciotto
si popola di ombre, il ritrovarsi
ha urla di silenzio, ha vaghe luci
che ondeggiano su orli di memorie,
valve d'affetti schiudono e sprofondano
su stagioni scheggiate dall'oblio..."
Grazie per la tua indiscutibile sensibilità di vero poeta.
Carla Baroni
Belli e profondi, emozionanti e potenti i tuoi versi: dipingono con forti impatti di sinestetica inclusione una storia che fa disonore agli italiani e che racconta le sofferenze patite dai dalmati-friulani.
RispondiEliminaBrava
Nazario
"Sono laggiù sul Carso
RispondiEliminaquei buchi fondi e bui,"
Gentile Nazario, ho posto in epigrafe il tuo "incipit" che possiede già in sé l'orrore di quelle vicende purtroppo vere. In tuo omaggio i miei versi sullo stesso argomento:
NELLE FOIBE CARSICHE
10 febbraio: giornata del ricordo
.
Ricordo amaro, lama che trafigge
l’anima, la coscienza.
.
Un grosso cane a guardia
dei morti, anche dei vivi, nelle foibe,
gettati dalla cieca furia slava
per cancellare dalla loro terra
le detestate tracce dell’Italia.
.
Terra forata da grotte e doline
ma nostra da millenni,
patria dei nostri padri, di antenati,
del sangue di fratelli
intrisa nel furore delle guerre.
.
Terra scavata dall’acqua che scorre
sotto la pietra carsica
e torna a mormorare nella luce
verso la propria foce
nel mare nostrum tra le nostre terre.
.
Terra tomba di uomini,
donne e bambini senza colpa alcuna:
solo essere Italiani era condanna,
era un’atroce morte in quelle foibe
rocciose, buie come fondi pozzi.
.
Il grosso cane con loro moriva
lentamente; il lamento come un pianto
sulla sorte impietosa
dei morenti, dei morti che giacevano
inerti tra le rocce.
.
Quasi un novello Cerbero
posto a guardia degli Inferi, credevano
che impedisse il ritorno delle vittime
innocenti, italiane,
per tormentarli con rimorsi ed incubi.
.
Oggi, dieci febbraio:
giornata del ricordo
di violenza ed atrocia contro inermi.
Un’altra bieca colpa di Caino,
fratricida immortale.
*
Giorgina Busca Gernetti
Carissima Giorgina,
RispondiEliminami fa immenso piacere leggere a conferma del mio testo tanta immensa poesia di altrettanto immensa poetessa.
Nazario
Un immenso grazie a un grandissimo Poeta
EliminaGiorgina
Scheletri, simbolo di morte e passioni fluttuano.
RispondiEliminaIl pianto li sovrasta; irrisolto il dolore, sovrano il ricordo sul loro sonno. Sono là nel profondo allineati; è “la luce, il sole dei larghi pianori”.
La vita che fu non può dissolversi; si rinnova e “ceppe di terra o foglie” affossate “allegramente dentro i buchi neri”, testimoniano tempi lontani
presenti oltre la vita.
Un abbraccio,
Anna Vincitorio
Quasi cinquant'anni di silenzio hanno avvolto la storiografia di questa strage e il nostro Nazario nella sua lirica mette in risalto con pathos e lucidità la rabbia per questa ferita ancora aperta: "rimasti là, inespressi"... Ricorre al neo -realismo, ma quello Pirandelliano, che dietro la descrizione cela sempre ombre di strazio e d'ironia, dell'ironia che, per ossimoro, restituisce il volto giusto alla morte:"sparire lentamente/
RispondiEliminaallegramente dentro i buchi neri".
In quell'avverbio, 'allegramente' il gramma diviene coagulo di sangue.
Un tributo che trafigge. Grazie e un abbraccio.
Maria Rizzi