giovedì 2 febbraio 2017

N. PARDINI: LETTURA DI "DA ASCLEPIADE A GOFFETTE" DI MICHELE BATTAGLINO




Michele Battaglino: Da Asclepiade a Goffette (Canti a due voci). Genesi Editrice. Torino. 2016. Pg. 152. € 15,00


Un libro accattivante, ben fatto, piacevole per impaginatura carta, composizione, alette con in copertina Writing on thge sand (1859) di Dante Gabriel Rossetti, dato alle stampe per i caratteri di Genesi Editrice di Torino. E editare libri è un’arte,  rispettarne la storia è un dovere, in memoria della grande tradizione umanistico-linguistica nostrana, fattrice di incunaboli preziosi e rari. In questo volume Michele Battaglino affronta uno dei problemi più annosi della critica letteraria. Quello del rapporto tra l’originale e  il tradotto; tra “il romanzo di successo e la sua messa in scena”. Ma credo sia opportuno, anzitutto, porre l’attenzione sulla capacità analitico-strutturale  dello Scrittore, lui uomo di Cultura, già preside di Liceo Classico, Poeta, saggista, storico che, questa volta, si misura con un’impresa per niente facile, anzi oserei dire atta a pochi nel tradurre dal greco, dal latino, dal francese, dall’inglese, dallo spagnolo… con una agilità stupefacente; con un ardore semantico, con un apporto di vis creativa personalissimo. Ma torniamo alla questione a cui abbiamo accennato agli inizi: stare strettamente attinenti all’originale con una realizzazione oggettiva, acritica, impersonale, eliotianamente distante?; o, al contrario, dare qualcosa di sé, della propria personalità, della propria capacità interpretativa, con vivacità, animosità, modo di sentire e di considerare l’arte, la filologia, la semantica, l’estetica, la prosodia, pur rispettando figure retoriche, e combinazioni metriche? Io penso che questa seconda versione sia la più vicina al vero, dacché la soluzione sta già nella scelta dei testi; quelli che lo scrittore prende in considerazione sono i più vicini alla sua personalità di uomo e di studioso, visto che più rispecchiano una poetica, una visione filosofica, una vicenda, un’idea di vita; una traduzione non è altro che una nuova opera d’arte, come d’altronde la pensa Battaglino. Questi si accinge a far suo un contenuto, a trasferirlo nel suo mondo, a tingerlo delle sue ontologiche competenze, per ridarlo al foglio fresco e nuovo; nutrito di un sentire che magari gli è rimasto da tempo nell’animo da farsi memoria; che contiene sprazzi di gioventù, anche, di antiche primavere in cui le pagine avevano un sapore tutto loro e che ora sentono il bisogno e vedono la possibilità di rinascita; di farsi vive in ardori di vocaboli, di lessico e affinità verbali che tanto sanno di vita. Poeta additus poetae, quindi. Mi piace a proposito riportare la conclusione della Nota con cui l’Autore introduce il testo: “… L’abilità tecnica, che pure è un requisito indispensabile, non è sufficiente per realizzare una buona traduzione. E’ necessario che il traduttore sia dotato di sensibilità poetica, perché, nonostante lo sforzo di attenersi all’originale, in fondo l’atto del tradurre poesia è una creazione di poesia, è una Nachdichtung, un adattamento, una libera versione.” E io aggiungerei una ri-creazione.  

Da Asclepiade a Goffette, il titolo della silloge, che si dipana su un percorso antologico diviso in due parti: una dedicata ai poeti greci e latini, e l’altra a quelli europei del Novecento (“compresi l’argentino Jorge Luis Borges ed Emily Diekinson, una statunitense della seconda metà dell’Ottocento, la cui fama però è stata riconosciuta solo a partire dagli anni Trenta del sec. XX” dalla nota dell’Autore, p. 9). Un iter ampio, letterariamente ambizioso e nutrito di tale ars poetica da lasciare gli amanti del verso imbambolati. Dal poeta considerato da Teocrito il maestro (Sicelida nelle sue Talisie), al contemporaneo Guy Goffette del “… Il cielo non esiste/ è la cifra degli occhi caduti nella cenere”.
Si inizia con uno dei componimenti più celebri del poeta di Samo, Mi trascina un dio, la cui personale, incisiva, e apodittica traduzione mette bene in risalto l’attualità contenutistico-formale del brano:
Neve e grandine butta, abbuia, fulmini accendi,
tutte le fosche nubi scrolla sulla terra.
Se mi ucciderai, smetterò; ma, se vivere mi lasci,
pur sopportando mali peggiori, me la godrò,
ché  mi trascina un dio per cui tu, Zeus, divenuto
oro penetrasti entro un talamo di bronzo.

Per giungere, attraverso poeti del calibro di Callimaco, Pallada, Lucilio, Leonida di Taranto, Catullo, Orazio, Properzio, Dickinson, Borges, Alberti, Saramago, Kunert, …, Prévert, Follain, René Char, Jabès, Paragallo, Bonnefoy, Réda, Chaumorcel,
a Goffette:

Il lui arrive de plus en plus souvent la muit
de descendre  dans la cuisine
où fument en silence  sous la lune
les statues que le jour  relègue parmi les meubles
les habits , sous l’amas de choses
rapportées  du dehors  et vouées à l’oubli.
(…) (Jalousie).

Gli capita sempre più sovente la notte
di scendere nella cucina
dove fumano in silenzio sotto a luna
le statue che il giorno relega tra i mobili
e gli abiti, sotto la massa di oggetti
portati da fuori e destinati a l’oblio.
(…) (Gelosia),

 dove il verismo della quotidianità, il realismo votato al mistero della vita; alla dimenticanza  delle cose umili o preziose, sanno tanto di gioco sabiano.
Una nutrita schiera di cantori, dunque, che mettono in evidenza la perspicace creatività di questo lucano-pisano, prof. Battaglino, che io ho l’onore di conoscere e di cui essere orgogliosamente amico.


Nazario Pardini

1 commento:

  1. Una cavalcata attraverso la poesia, dunque. E, a giudicare dai due assaggi di traduzione proposti, Battaglino interpreta e rivive in profondità i brani poetici, ne coglie le sfumature, li arricchisce e li connota di fine sensibilità.
    Pasquale Balestriere

    RispondiElimina