La
Natura, i suoi reconditi misteri, i suoi trionfi cromatici, le sue figure
simboliche, i tramonti, i mari, gli autunni, le albe, hanno sempre influenzato
la scrittura della Toffanin. E’ in essa che la scrittrice ha voluto sempre concretizzare tutto il suo pathos, tutta la ricchezza del suo essere, tutto il
magma del suo esistere; ed in questo racconto, dove un colloquio serrato tra un
adulto (la scrittrice) e un fanciullo vivacizza la fluidità ritmica e la ricchezza verbale del dire semplice, si snoda
tutta la filosofia panica, tutto l’amore per un naturismo che le permette di raggiungere punte di generoso lirismo ontologico
ed anche didattico sia in prosa che in poesia. «Hai ragione, ma sono certa che non dimenticherai mai questa
avventura». «Eh sì» conferma pensieroso «anche perché mi ha aiutato a
comprendere che il voler bene ad un animale, in realtà, è volere soprattutto il
suo bene. E poi so che è tanto grande il mio amore per la natura che
sicuramente farò altri incontri in questi giorni al mare».
Nazario Pardini
Maria Luisa Daniele Toffanin Matteo e Gigetto il rospo di mare Illustrazioni
di Milvia Bellinello Romano Valentina Editrice 2
Un
mattino di sole, in pieno luglio, al Bagno Perla di Rosapineta, il mare
brulicava di bambini impegnati in giochi, tuffi di grande refrigerio nella
calura del giorno. Molti sul bagnasciuga costruivano castelli di sabbia
accarezzati dalla brezza marina. Ma uno dei tanti, un biondino, usciva
dall’acqua con un’aria stupita e insieme trionfante, tenendo stretto tra le
mani qualcosa di misterioso. «Sai» mi
apostrofa d’improvviso «che cosa ho in mano?». «Un granchio» gli rispondo di
getto fissando i suoi occhi color cielo ancora perlati di mare, curiosi e
intelligenti. «No, ho un rospo. Vedi? Guardalo! Un rospo di mare!». «Ti dico la
verità: non ho mai sentito parlare di rospi di mare ma di coda di rospo: l’ho
proprio mangiata l’altra sera ed è molto buona». «In effetti» lui risponde con
una prontezza diabolica «il rospo non vive nel mare perché è un animale d’acqua
dolce. Anzi, io l’ho salvato perché lì poteva morire proprio a causa dell’acqua
salata». «Scusa, non per intromettermi negli affari tuoi, ma non è che tu lo
faccia morire adesso, sotto questo sole, soffocato dalle tue mani?». «Non sai»
mi risponde lui un po’ maestro «che è un anfibio e che può vivere quindi sia in
acqua che fuori? Beh, adesso ti saluto perché devo metterlo in un secchiello
d’acqua dolce». «Un attimo, dimmi il tuo nome e quanti anni hai, dato che sai
tutte queste cose». «Giusto! Mi chiamo Matteo e ho quasi 8 anni. Amo molto le
scienze, guardo sempre Focus. Se vuoi, poi ti parlerò del buco nero». «Beh,
grazie Matteo. Io sono una nonna e mi piacciono molto i bambini come te. Dopo
ci rivedremo e intanto vai pure a ridare la vita a questo rospo». «Sì, sì
perché deve purificarsi dall’acqua salata, mandarla fuori tutta per poter stare
bene». «Vai, vai che continueremo dopo il nostro discorso». Veramente
impensabili questi incontri marini con bambini prodigiosi, attenti, innamorati
della natura. E si ritorna ai ritmi quotidiani della crema da sole e della ricerca
dell’ombra, magari con un giornale o un foglio per scrivere, mentre Matteo
compie le sue operazioni pensando già a quale nutrimento dare al suo rospo,
aiutato anche da mamma e papà, nuovi vicini di ombrellone. «Certo che la mia preoccupazione» dice una
voce bambina dietro alle mie spalle, toccandomi la schiena con una mano in
segno di amicizia e complicità «è il cibo da dargli oggi: delle formiche o
altri insetti?». «è una bella idea nutrirlo! Ma, lasciando perdere il famoso
buco nero, non ti chiedi in che modo il rospo sia finito nel mare? Va bene che
è un anno particolare: all’inizio della villeggiatura ho visto tante di quelle
meduse morte sulla battigia, come non mai». «Probabilmente» risponde Matteo,
preso da questa domanda «abitava con la sua famiglia lungo la foce dell’Adige,
qui vicino a noi, e la corrente lo ha strappato dal suo piccolo nido». «Chissà
quante volte la sua mamma rospa gli avrà detto di stare attento perché se si
alza il vento, il mare si gonfia, entra nel fiume e trascina via tutto». «Mah,
potrà essere anche così, che non abbia ascoltato i consigli... ma la realtà è
che le onde l’hanno spinto fino a me». «Oppure potrebbe essere arrivato qua attraverso
le dune, alle nostre spalle, dal verde di un prato e accaldato abbia voluto
fare un bagno. Chissà!». «Dai, non scherzare. Quello che conta per me» dice
Matteo «è questo: ha capito che ho voluto salvarlo e ora si fida di me. Infatti,
quando lo prendo in mano, non si agita più, come se avvertisse che gli voglio
bene. Ma intanto lo porto a casa perché stia più all’ombra. Ormai è ora di
pranzo e i miei stanno muovendosi». «Sì, ma pensaci... lui starebbe meglio
vicino ad un fossato. Liberalo!». La spiaggia effettivamente si va svuotando,
perché le famiglie con i bambini piccoli si avviano verso i loro appartamenti
per il pranzo e per un riposino. E ora probabilmente Matteo, con questa nuova
responsabilità, avrà il suo daffare. Al pomeriggio il mio nuovo compagno di
avventure si precipita sotto l’ombrellone: «Oltre alle formiche, gli ho dato anche
un nome. Si chiama Gigetto e mi si affeziona sempre più. Sa che sono suo amico
perché l’ho accarezzato, gli ho cambiato l’acqua e sistemato in una vasca più
grande: si sente come a casa sua! Solo mia sorella Anna non lo può vedere. Dice
che le fa schifo, non vuole toccarlo, tantomeno baciarlo! Pensati che le ho
proposto di baciarlo per vedere se si trasformava in un principe». E con gli
occhi che mandavano scintille esprimeva una varietà infinita di sentimenti. «Ma
allora hai ripensato alla favola del principe ranocchio? Perché è un po’ da
favola questa situazione». «Sì, ma solo per poco. Solo perché Anna lo baciasse,
ma si è rifiutata in tutti i modi. In realtà le favole non mi piacciono. Amo,
invece, come ti ho già detto, le scienze, il contatto con gli animali». «Ma
anche la tua maestra ti guida in questo desiderio di conoscere?». «Sì, ma io
soprattutto faccio da solo, con libri, giornali e quel famoso Focus in tv. Sai
piuttosto cosa ti dico? Che questo rospo in casa ha ricordato al papà che,
quando era piccolo, andava a caccia di uova dirane per tenerle in un vaso e
vedere i girini che nascevano». «Io, invece, abitavo vicino ad un fossato e da
piccola raccoglievo in un barattolo proprio i girini e me li portavo anche in
camera, sempre con la speranza di incontrare uno di quei famosi principi,
insomma che la favola si realizzasse». E lui commosso: «Ad ogni modo l’ho fotografato
e ho anche fatto un disegno perché è un’avventura che non dimenticherò mai».
«Beh, giustamente hai un ricordo, una testimonianza di questo vissuto. Ma
scusami, Matteo, sento che rifletti su ogni cosa, e quindi come pensi di risolvere
questa vicenda col tuo Gigetto?». «Io lo terrei sempre con me, ma mio papà mi
fa ragionare che starebbe meglio in un prato, magari a cercare la sua famiglia...
mah, vedremo! Questa sera ci penserò. Ti dirò domani la mia decisione. Intanto
è importante che stia bene e che si sia liberato dell’acqua salata». «Guarda
che c’è anche una bella pineta qui attorno, con delle fontane vicine. Cerca il
luogo più adatto per lui». «Sì, ho capito: ha subito uno stress e deve tornare
al suo ambiente. Ma tu ti rendi conto che ora gli voglio bene? Che lui si fida
di me perché gli ho salvato la vita?» quasi grida, emozionato. Il giorno dopo
Matteo mi racconta l’epilogo di questa storia fluviale-marina. «Sai, dopo aver
a lungo discusso con il papà e la mamma, ho anch’io capito che se volevo bene a
Gigetto dovevo liberarlo. Così, in fila indiana, ieri sera siamo andati nel
campo vicino alla casa. Io, dopo averlo baciato, l’ho adagiato sotto un
arbusto, in mezzo all’erba tenera». «Ma perché l’hai baciato?». «Come un ultimo
saluto, un segno d’affetto, non perché si potesse trasformare in un principe:
credo solo in parte nelle favole e oltretutto sono un maschio». «Hai ragione,
ma sono certa che non dimenticherai mai questa avventura». «Eh sì» conferma
pensieroso «anche perché mi ha aiutato a comprendere che il voler bene ad un
animale, in realtà, è volere soprattutto il suo bene. E poi so che è tanto
grande il mio amore per la natura che sicuramente farò altri incontri in questi
giorni al mare». «Bravo Matteo. Questa è una bella storia da raccontare ai tuoi
compagni: ne saranno entusiasti».
Maria Luisa Daniele Toffanin
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