Lino D'Amico |
Il
mistero delle coincidenze è problema che sfugge all'intelletto umano ma quando
queste si verificano ci si chiede sempre il perché siano avvenute. Proprio
alcune sere fa ho rivisto alla televisione un film dimenticato con Al Pacino
dallo stesso titolo della poesia in esame, film che non mi è piaciuto e che mi
ha fatto trascorrere una notte agitata con lunghi periodi di veglia.
L'insonnia
però del nostro Lino D'Amico dipende dal suo passato “dalle inquiete
memorie/che l'inconscio rifiuta”. L'Autore è solito mettere sulla carta i suoi
momenti di disagio: quello che si srotola davanti agli occhi del lettore è
sempre un diario intimista la cui scrittura ha il catartico effetto di
esorcizzare il male oscuro, i momenti bui della personalità del poeta. Lino,
per sua fortuna, non usa le dolenti note sui migranti, i bimbi morti, i
femminicidi che occupano una così grande parte delle cronache dei media:
Giuliano Manacorda asseriva che la poesia deve essere atemporale, rifuggire
dagli avvenimenti contingenti. Lino, invece, scava in se stesso sempre assalito
dalle nostalgie e dai rimpianti che la sua non verde età gli procurano. Infatti
la “senectus” è un male incurabile che non dà speranza, non ci sono possibili
cure e quell'Altrove “ignoto”– che è uno degli stilemi preferiti dal Nostro – è
lì sempre più incombente, sempre più spada di Damocle cui non ci si può
sottrarre. Qualcuno viene sorretto dalla Fede, dal credere che verrà accolto in
un mondo migliore, giusto, di beatitudine e di gioia: ma questa convinzione non
sembra appartenere all'Autore, perlomeno non ne fa mai cenno in un pragmatismo
razionale che rifiuta il Trascendente. Eppure ogni tanto appare qualche piccola
scheggia di luce, una fiammella tenue, leggera a rischiarare questo cammino in
salita: quei “calici colmi di illusioni” sono a riscattare il pessimismo
cosmico dello scrittore. Forse è proprio la “poesia” questo lumino
intermittente come il lucore di una stella lontana a dargli quella forza che
noi gli auguriamo lo assista per tanti anni a venire.
Carla
Baroni
Insonnia. Tormento, riflessioni,
tempo senza età. Attimi in cui la notte appare la miglior complice del
nostro io nascosto, in cui la lucida coscienza scivola nell'oblio, sfumando la
linea invisibile tra sogno e realtà. Una poesia introspettiva in cui è facile
però identificarsi. In fondo, come scrisse la Merini, i poeti non lavorano di
notte per comporre le poesie più belle?
Franca Donà
Insonnia
Attimi senza età,
alla ricerca di qualcosa
che si sfalda, inerte,
nel vuoto disperso di un nulla,
a declinare inquiete memorie.
che l’inconscio rifiuta.
Labirinto di pensieri
nella notte che dispensa
malinconia,
offrendo calici colmi d’illusioni
al caleidoscopio del tempo
che svapora, tra le ciglia del
passato,
e la soglia di un altrove
ignoto.
Lino D’Amico
I commenti illustri di Carla Baroni e Franca Donà rendono grande onore a questo poeta vestito di umiltà, che cresce di lirica in lirica, applicando sapientemente il meccanismo di sottrazione, che rende incisivi e di fortissimo impatto espressivo i suoi versi. Questa poesia è ricca di espressioni di alto impatto espressivo e di lirismo allo stato puro. Mi complimento vivamente con Lino e con la sua umiltà di raso.
RispondiEliminaMaria Rizzi