Recensione di Guglielmo Peralta
Che cos'è l'idea, si chiede Giovanni Dino ponendosi la domanda che sta
al centro e all'origine della storia del pensiero filosofico occidentale (e non
solo dell'occidente!). Diciamo subito che l'idea è ciò che fa grande l'uomo,
che gli dà potenza ed esistenza stessa. Che sarebbe, infatti, l'uomo senza un
pensiero creativo, senza la capacità di "vedere", di essere
visionario o sognatore? Perché in greco idea deriva da idéin che significa proprio vedere ed è sulla visione
che si edifica il mondo della realtà, la natura seconda, il mondo delle opere
di pensiero, le produzioni dell'arte....E
l'idea è id-ea (est): ciò che essa è e che rimane tale nelle sue infinite e diverse ri-produzioni,
perché è l'unità del molteplice, l'essere e il divenire di tutte le cose che mantengono l' "imprinting"
inconfondibile della sostanza che le costituisce, la quale è, appunto, l'idea,
ovvero il sogno, l'immagine che "s'incarna" e assume la forma e
il corpo delle cose pur rimanendo
identica a sé stessa.
L'incipit di questo "poemetto" - così lo definisce l'Autore
- ci dà subito una rappresentazione
dell'idea indicandoci la sua "presenza" là dove essa si annida, dove
costruisce la sua seconda casa, ossia negli oggetti che essa genera. "Le idee sono presenti agli oggetti / come
gli oggetti alle idee / oggetti e idee sono figli della stessa energia".
Come leggiamo nella nota introduttiva, "questo lavoro era nato come
monologo da affidare per la recita". Le intenzioni dell'Autore non erano
errate se qui c'è una rappresentazione che
subito si annuncia, sia pure in un teatro tutto ideale, in una scena che si
apre dove l'idea ha il suo humus, il
suo ambiente naturale e cioè nello spazio della creatività, nell' interiorità
del suo sognatore. Per Platone il mondo delle idee è fuori, esterno all'uomo e
collocato nell'iperuranio, al di là
del cielo e del tempo. Per Giovanni Dino, anche se la distanza aspaziale e atemporale delle idee è sottintesa e data per scontata nel suo
interrogarsi sulla loro origine e provenienza, tuttavia essa è abolita dato che
la natura ultraceleste delle idee assume caratteristiche camaleontiche che le
sottraggono spiritualità, sì che le idee de-cadono e s-cadono a infimi livelli
di povertà terrena fino alla commistione, alla contaminazione e alla connivenza
con i profitti personali, con gli interessi materiali, vili e spregevoli di
un'umanità che è sempre più difficile definire tale. ("Le idee sono delle volte camaleonti / che si
adattano a circostanze / secondo pericoli convenienze connivenza / come i vili
che cambiano parere di nascosto / o i politici abili a girare frittate e a fare
occulte alleanze"). Se Platone colloca nel "livello più
basso" della scala di valori le idee delle cose, per Dino, invece, sono
del tutto prive di valore, e dunque contestabili e deplorabili, quelle idee che, perseguendo finalità e scopi
utilitaristici legati al tornaconto economico e politico, si defilano dalle
norme e dai principi morali e dai buoni sentimenti. E ancora di più quelle che
servono la violenza, la guerra, la morte assecondando gli egoismi, gli istinti
negativi, il delirio di potenza degli uomini. Queste idee sono in
contraddizione con quelle che generano le grandi opere del pensiero e
dell'arte; sono lontanissime dalla loro natura spirituale. E questa
contraddizione, che impedisce di dare una definizione dell'idea, di
contemplarla nella sua intima essenza e verità, crea tensione e conflitto nel
nostro poeta, affligge la sua anima, che ama la bellezza e il bene, e
mette in crisi la ragione che non sa trovare una spiegazione alla deriva dei
valori e dei sentimenti, non sa dare un senso all'agire dissennato dell'uomo. "Eppure le idee / nascono per migliorare una
propria condizione / per difendere valori / (...) Le idee nascono tutte / a fin di bene / per creare bene / così almeno
ci pare / Ma cos'è il bene?". Platone pone al gradino più alto l'idea
suprema del BENE, la quale, simile al sole che consente di vedere le cose
sensibili, è luce che svela all'intelletto la conoscenza delle cose
intelligibili o idee, ed è la condizione dell'essere stesso delle cose, che
delle idee sono copia. Ma se il mondo sensibile è copia del mondo
intelligibile, se esso è fatto a immagine e somiglianza dell'Idea del Bene che
presiede, contiene e governa tutte le idee e le manifesta all'intelletto; se le
idee hanno come fine il bene, se
"il bene è bene solo se produce bene" perché - sembra chiedersi
Dino - quell'Idea suprema non governa e orienta verso di sé l'agire umano?,
perché - egli sembra dire con Dante - l'uomo devia e "vaneggia" fino
a dissipare quel Bene anziché "impinguarlo"? Come mai "le idee che hanno fatto uomo / l'homo"
allontanandolo dalla caverna, mettendolo in cammino verso la conoscenza e la
civiltà, sono anche causa dei suoi assilli, dei suoi mali, della sua decadenza?
Che cos'è, dunque, il bene? Che cosa sono le idee? Come può esserci una
relazione tra di loro "se il bene
non è immune dal male" e i sentimenti negativi impediscono all'uomo di
trovarsi in sintonia con la presunta bontà delle idee? "Certo che quando arriva un'idea / (...) d'un
tratto tutto appare più luminoso / le persone paiono più belle serene (...)
gli occhi non sanno nasconderla / come
quando ci s'innamora / nasce un figlio / o muore la moglie". Dino
riconosce nell'idea, nel suo improvviso e luminoso manifestarsi la presenza
della bellezza, che inonda e innamora della sua luce chi la contempla. Ma a questa conoscenza, alla quale si
accompagna il sentimento del buono e del bello, si legano a doppio filo, da un
lato, l'incomprensione, lo sdegno, l'amarezza verso l'irrazionalità e la follia
umana, causa di tanto degrado morale, di disfacimento dei valori, e, dall'altro
lato, il dolore incontenibile, il disarmante senso d'impotenza contro il corso
naturale e inarrestabile degli eventi luttuosi, di fronte ai quali sbiadiscono
la gioia e i sentimenti positivi che pure la vita ci riserva. Il mistero
dell'idea, fonte di luce, di bellezza, d'amore, di creazione, di vita, pende
inesorabile sul cammino dell'uomo, il quale è incapace di dare risposta ai
"perché", alle tante domande che "restano nel cuore / come pesanti montagne". Domandarsi "che cos'è l'idea"
è interrogarsi sull'origine della vita e del mondo, sull'esistenza di tutte le
cose, che dalle idee si generano in virtù della nostra immaginazione creatrice,
la quale è essa stessa un mistero. Nulla sappiamo delle idee perché non
conosciamo la loro fonte. Esse, "vengono
fuori inaspettatamente / come isole che appaiono all'improvviso" come
se fossero un riverbero di quell'intelletto planetario, o mente, in cui tutti i
pensieri individuali sono immersi e che Teilhard de Chardin definisce col
temine di noosfera. Se questa,
allora, è la fonte dei pensieri e delle umane creazioni, l'uomo stesso, ogni
individuo non può essere un'isola, in quanto è partecipe dell'universo ideale
che giustifica l'affinità che lega
fra loro gli uomini nel bene e nel male. Scrive Giovanni Dino: "Alcune volte mi chiedo / se le idee sono
favorite / più da rabbiosi o amorevoli sentimenti / se è il male o il bene la
loro calamita / visto che vanno in cuori amici / e in cuori nemici".
C'è, dunque, un legame tra le idee e i sentimenti, se le prime si lasciano
attrarre dal bene o dal male e si compenetrano con questi opposti sentimenti.
La domanda: che "cos'è l'idea", nasce allora da questa convivenza di
idee di alto valore spirituale che presiedono e governano pensieri, sentimenti
e azioni ispirati dal Bene supremo e di idee di infimo valore che inquinano la
spiritualità dell'uomo e la sua intelligenza fino a farlo ripiombare
nell'"antica caverna", verso un'involuzione che mostra già tutti i
segni della degradazione e dell'autodistruzione. E così la domanda iniziale
diventa il dilemma del nostro Giovanni Dino, il quale non riesce a spiegarsi né
a farsi una ragione di questa grande contraddizione, del fatto che "le idee possono uccidere l'uomo / ma anche
salvarlo". Com'è possibile che le idee che impariamo a conoscere fin
dall'asilo e che riceviamo come un battesimo "dalle labbra della maestra" non mantengano il crisma
dell'innocenza? Non c'è civiltà senza le idee, cui si devono lo sviluppo
dell'intelligenza, della cultura, il progresso tecnologico e scientifico; ma a
tanta ricchezza di pensiero non corrisponde la crescita spirituale. Eppure le
idee hanno, come sembra, un'origine eterea, e la loro sede è nel "cranio / il luogo più vicino al cielo / il
tempio del loro spirito". Le idee sono il cambiamento. Con la loro
forza tutto può mutare, tutto si potrebbe migliorare, ma esse non estirpano la
cattiveria che le infesta dimostrando la debolezza della volontà umana, la
quale, incapace di opporsi all'urto negativo delle idee ne sostiene e ne approva
tutto il marcio lasciando inascoltate le ragioni del cuore.
Questa contraddizione tra idee positive e negative è il motivo dominante
del poemetto, sul quale ritorna più volte a ragionare Giovanni Dino, il quale,
nel distinguere tra "idee belle e
brutte", non manca di associare ad esse i sentimenti che le
genererebbero, indicando nell'instabilità dell'animo umano la causa del
procedere tra vizi e virtù; tra gesti, atteggiamenti, desideri, pensieri
assolutamente e inspiegabilmente opposti. Esempi eclatanti di questa
contraddizione sono, da un lato, "le
idee contro l'onore l'amore la giustizia": quelle che concepirono la
supremazia della razza ariana sul popolo degli ebrei e, di conseguenza, il loro
Olocausto e lo sterminio nazista verso tutte le categorie ritenute
"indesiderabili"; quelle che architettarono il modo con cui
assassinare i giudici Falcone e Borsellino; dall'altro lato, le idee di grande
generosità, quale quella espressa dal gesto di Salvo D'Acquisto che salvò
"molte vite".
Le idee, che sembrano venire da lontano, uscire dal nulla, sono ovunque
presenti; possiamo "toccarle"
nella natura, nelle cose, in tutto ciò che ci circonda ed è generato dall'uomo,
nella cui mente esse hanno dimora, e forse anche gli animali non ne sono privi.
"Anche le mie gatte hanno il cranio
/ avranno forse anche loro delle idee /o solo per ciò che lega le loro budella
alla ciotola vuota / (...) ma / nate dall'istinto e per l'istinto / dal bisogno
di non soffrire/morire". Giovanni Dino assegna locazioni diverse alle
idee e s'interroga sulla loro vera sede. Continua a ragionare "sul mondo delle idee" e sulle cause che inquinano "il cuore dell'uomo" e ne offuscano
il ragionamento fino a fare delle idee delle "forze oscure del male", le quali ci allontanano da "Quel Dio", di cui siamo fatti
"a immagine e somiglianza"
e che "è sempre presente dentro di
noi". E qui la lontananza tra le idee buone, che coabitano con i sani sentimenti, e le idee cattive, che ci fanno deviare dal
cammino segnato nel solco della divinità, sembra diventare tanto più
incolmabile quanto più forte è il silenzio di Dio, quel silenzio "da dove Egli venne" e nel quale
sembra nascondersi. E l' uomo, che perde la propria dimensione religiosa
obliando Dio in sé, finisce per dimenticare sé stesso, per annientarsi
sprofondando nelle tenebre in cui, con le origini, smarrisce il senso stesso
dell'essere nel mondo. Quest'uomo che "oggi
è capace di tutto / perfino di odiare
/ ciò che più ama", che "Ha perso la bussola dell'amore / l'impulso primordiale dell'amore / l'ubbidienza all'amore / l'illuminazione dell'amore" deve
riscoprire e praticare questo sentimento come valore universale, come "l'energia cosmica madre di ogni cosa"
nella quale si riflette l'Idea del Bene, cui tutte le idee vanno ricondotte e
ripensate, ribattezzate nella luce sacra della sorgente dell'Amore.
Grazie per questa lettura ampia e approfondita di un poemetto che restituisce la partecipazione e l'onestà della scrittura di Giovanni Dino.
RispondiEliminaSuperlativo il lavoro di Giovanni Dino che rende palpabile quello che oggi primariamente si ignora, l'idea, fonte di ogni azione e, dove ammalata di trascuratezza, di ogni crimine. Ottima questa recensione che il suo lavoro ben traduce e premia.
RispondiEliminaSplendida recensione per una scrittura vera, tesa a riscoprire "l'illuminazione dell'amore". Grazie e rallegramenti vivissimi per la coinvolgente e significativa "nascita di una idea"!
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