Maria Grazia Ferraris, collaboratrice di Lèucade |
La poetessa Maria Elena Danelli presenta la sua
ultima opera creativa, La corte dei miracoli, una plaquette edita da Rplibri che si articola in ventidue
poesie, e che ha come sottotitolo “ Ventidue fiammelle di cui due
transiti”; un modo certo originale per
definire la sua poesia, ponendo l’attenzione sullo strumento
linguistico-espressivo prescelto, sulla parola, la parola, densa e
pregnante,“nuda”.
“Fiammelle e transiti”- termini di
ascendenza vagamente dantesca-, non
ci riconducono, ed è una volontaria scelta,
immediatamente al canto poetico, bensì al tema della luce e del viaggio e all’attenzione alle cose più piccole e
“inguardate” (notare: non dimenticate, trascurate, offese, rimosse: inguardate)-
sottolineano l’indifferenza e la superficialità
con cui ci mettiamo in rapporto con cose e persone, atteggiamento
mentale che non ci permette di penetrare nella
complessità misteriosa e miracolosa delle “cose” che stanno silenziosamente
intorno a noi e che pure hanno voce autonoma e spesso misteriosa.
La poesia che fa da incipit è a
questo proposito esemplare:
Una rosa in bottiglia guarda
Appassendo la finestra.
Da quel vetro,
maestosi uccelli.
Con foglie rinsecchite abbozza il
volo
nell’acqua intorbidita
voce minerale
acqua ferma che non va da nessuna
parte.
Ho colto poi quei petali
In panni stesi ad asciugare.
E già questa poesia ci offre le
coordinate in cui leggere la dimensione poetica della nostra sensibile Autrice.
Una poesia in particolare ci immette
nel suo mondo:
La vita
si sgretola in altro.
Lo vedo,
lo vedo.
Ma continuo a far libri
tra le foglie
di un redivivo cortile.
Hanno detto che è morto il sole
è morto il silenzio
lacerato da vocali di vento
sulla pelle del mare
abiti nudi e scarpe vuote
sono monti di niente
tra spettri di case e alberi d’osso.
Dio ha taciuto
ogni volta che un agnello ha vagito.
Appaiono parole chiave della sua
poetica, scelte, preferenze consapevoli
e rivissute: libri (tra le foglie), cortile (redivivo), finestre (opache) che
non aprono, sgretolamento,…e soprattutto
oggetti (la rosa, foglie, fornelli accesi, abiti nudi, scarpe vuote, alberi
d’osso, sassi oscuri, panni ad
asciugare..) di cui ci parla con
sinestesie potenti che rasentano il paradosso, e che nell’accostamento
del nome con l’aggettivo fanno deflagrare la contraddizione.
Le
conclusioni aforistiche di massima concentrazione sono un’ulteriore
chiave di lettura.
L’aforisma è molto amato dalla
poetessa, ed è usato a conclusione di
quasi tutte le poesie proposte.( L’enigma del vento/ tocca foglie che non vedo-
Ogni farfalla reca /il peso della Speranza- Dio, mi assomigli tu?)
Sono
immagini spiazzanti, talvolta di forza espressionistica, talaltra impalpabili come il silenzio o la misteriosa
voce del vento, nate da un’intima sensibilità che coinvolge nondimeno tutti i
sensi: con le sue vibranti allucinazioni
( voci che parlano da finestre d’occhi- tracce trans-umane) la poetessa ci
porta in un cortile, storico,(Milano dei
Navigli ) poi vivente nella sua attualità,la sua casa - il redivivo
cortile- che diventa cosmico ( sussurri e folate di vento, odori, suoni,
colori…). Sono nondimeno realtà tangibili, frammenti , spazi di concentrazione,
che si dileguano secondo un loro personalissimo ritmo e rinascono nondimeno,
alla ricerca di senso, come è naturale che sia nel ciclo della vita, come in un viaggio. -
Fiammelle e transiti- appunto.( sangue nelle nubi/ scontorna sagome di
transito.)
Le parole: sono per lei come un occhio che brilla
improvvisamente tra passato e futuro.
“ Le parole nel petto chiuse in un
sasso di dolore.
Il tuo nome, due sillabe nel vento “( PER Giulio
REGENI)
Le domande
esistenziali non sempre sanno dare risposta:
Ho lasciato Cristo alla sua croce
nascosta in misere cose
nella polvere
alla luce di finestre opache
dimenticando un fornello acceso
nei transiti fumosi di bivacco
in dita ingiallite e barbe pungenti.
Dio, mi assomigli tu?”
Rimane tuttavia, pur consapevoli di essere noi solo
“radici che si spostano nel vento”, la Speranza. “Sul mio davanzale metterò
sempre/ anche nell’ultima luce dell’ultimo giorno,/ briciole”
Maria
Elena Danelli. Nata ad Arco di Trento, è
milanese d’adozione, avendo vissuto la sua infanzia tra la Barona e i
Navigli: scenografa teatrale, laureata a Brera, ha lavorato per quasi
trent’anni presso la “Scenografie Ercole Sormani” di Milano, collaborando con
Teatri di tutto il mondo e set cinematografici. Artista a tutto tondo presta la
voce per reading poetici ( è stata allieva di Dario Fo e Franca Rame) ed
ha avviato un progetto editoriale ed
artistico con Gaetano Blaiotta, la “GaEle Edizioni”. È stata pubblicata in Antologie poetiche, tra
cui “Novecento non più – Verso il Realismo Terminale” con Guido Oldani,
dell’Editore “La vita felice” di Milano e “Rise – Antology” dell’Editore
Vagabond, Los Angeles, nel 2017. Dipinge, fotografa, scrive poesie,
sceneggiature e testi critici.
M. Grazia Ferraris
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