Paolo Bassani collaboratore di Lèucade |
Paolo
Bassani: LE FOGLIE DEI CASTAGNI
Edizioni Helicrum. 2015
Questa
plaquettte dal tittolo Le foglie dei
castagni di Paolo Bassani si sviluppa su un ordito intimistico di forte
impatto emotivo. Qui il memoriale si fa interprete principale di una narrazione
che riporta a memoria momenti, fatti e personaggi di uno dei periodi più tristi della nostra
storia: quello della Seconda Guerra Mondiale. È così che inizia il racconto di
Bassani: “Castagni Grossi: questo il nome di una località sperduta tra i monti
di Caprigliola; una zona immersa nei boschi sul versante sinistro della Valle
dei Mulini, di fronte al monte Grosso”. Ed è qui che la famiglia dello
scrittore, assieme ad altre due di parenti sfollati dalla Spezia, trovò
ospitalità presso la cascina dello zio Ermanno. Le città si spopolavano, e gli
abitanti cercavano rifugio nelle campagne, da amici, parenti o conoscenti per
allontanarsi il più possibile dai bombardamenti e per trovare luoghi dove poter
mangiare. Ci fa da antiporta una famosa
poesia di M. Gandi, Prendi, che, con
il suo forte contenuto di fratellanza e amore (Scopri l’amore/ e fallo
conoscere al mondo) fa da ossimorico contrasto con i tragici contenuti di
questa appassionata autobiografia. Avvenimenti, personaggi, incontri,
generosità, condivisione fraterna fra famiglie disposte a dividere un tocco di
pane. E là i tedeschi, con i loro mitra spianati, con la loro furia omicida,
con i loro espropri di beni che i paesani mettevano assieme con anni di lavoro.
Menzionare i titoli di questo piccolo testo (26 pag.), riportando fatti in cui
diversi sono scampati alla morte o tragedie di interi paesi sterminati, è già
indicativo per far conoscere ai giovani il valore della libertà: Umanità,
Viaggio di fuoco, Un sacco di solidarietà, Mietitura a Caprigliola, Per farina,
L’olocausto di Vinca, 26 aprile 1945, Sul monte Grosso a fare il carbone. Madri in cerca di farina che non tornano a casa
per un’intera nottata; Olocausti (Perché
questo sangue innocente non sia stato versato invano, ognuno ha il dovere di
impegnarsi per costruire una società nuova, pulita, umana e giusta); fughe
dalle proprie case (Ho ancora davanti le
immagini di quella notte d’inferno. Anch’io ero stato svegliato dal fragore
degli scoppi che facevano tremare la casa. Mia madre mi vestì in fretta, mentre
mio padre cercava di prendere le cose più importanti da portare via nella fuga…);
tradizioni campagnole (Di solito la mietitura
è sempre un momento allegro. Ma in questo caso lo era doppiamente, perché
coniugava il risultato del lavoro con la solidarietà: uno dei valori più alti
dell’antica civiltà contadina [che oggi forse rimpiangiamo]); e poi,
finalmente, il suono festoso delle campane di Caprigliola, interminabili,
impazzite di gioia. Era il 25 Aprile,
data di liberazione e di grande festa nazionale. Si intermezzano significative
poesie di Bassani-poeta a completare e rendere emblematica l’opera. E credo sia
cosa ottima, a livello documentaristico e poetico, proporvi parte di quella composizione
che chiude il racconto con un titolo sacro: Patria; un profumo di parole che sanno
di buono, di umano, di fratellanza, di amore; dove il poeta ha abbarbicato le
radici, perché, là, libertà e legge non hanno bisogno di custodi in quanto
fanno parte dell’uomo della terra.
ALLA
MIA PATRIA
La
mia patria è qui
in
questa terra
aperta
sulla valle
nel
verde di pini
d’olivi
e di castagni;
qui
dove a giugno
immense
macchie di ginestre
s’accendono
di sole
e
lontani profumi
il
vento leggero
del
meriggio
esala;
(…)
qui
dove le case
non
hanno cancelli
reti
o muri intorno
ma
l’uscio sempre aperto;
dove
il nascere
il vivere
il morire d’ognuno
è
per tutti
un grande evento.
(Paolo Bassani)
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