Claudio Vicario |
Nonna
Maria
(Viandante senza tempo)
Tacciono
i rumori del giorno
mentre ripercorro,
con il ricordo,
il tuo infinito amore
per me bambino,
nonna Maria.
mentre ripercorro,
con il ricordo,
il tuo infinito amore
per me bambino,
nonna Maria.
Carezzo
con la mano
questa vecchia foto,
la gioia passata,
i sogni coltivati,
quasi la riscoperta
della tua assenza,
nonna Maria.
questa vecchia foto,
la gioia passata,
i sogni coltivati,
quasi la riscoperta
della tua assenza,
nonna Maria.
Dove
sei,
ora che avrei bisogno
di rivivere quel tempo,
le tue fiabe gentili,
i tuoi sorrisi pieni di luce
scomparsi nei sentieri dell’oblio,
nonna Maria.
ora che avrei bisogno
di rivivere quel tempo,
le tue fiabe gentili,
i tuoi sorrisi pieni di luce
scomparsi nei sentieri dell’oblio,
nonna Maria.
La
vita è solo un sogno,
il continuo desiderio del futuro
impudico e impietoso
che uccide le persone care,
le emozioni fatte di polvere,
di lunghi silenzi,
nonna Maria.
il continuo desiderio del futuro
impudico e impietoso
che uccide le persone care,
le emozioni fatte di polvere,
di lunghi silenzi,
nonna Maria.
Ora,
viandante senza tempo,
guardo la tua immagine
che dona ancora piccoli aliti
di parole dolci, d’amore,
di pace infinita
al mio cuore in frantumi,
nonna Maria.
guardo la tua immagine
che dona ancora piccoli aliti
di parole dolci, d’amore,
di pace infinita
al mio cuore in frantumi,
nonna Maria.
Guardo
la mia pendola antica
Guardo
la mia pendola antica,
ha le lancette ferme sull’ora,
ferme sulla memoria che ondeggia,
ferme sui silenzi dell’esistenza,
ferme sul vento freddo della sera
che si apre ad un canto antico
che nasce dal vuoto della mente,
dall’onda che torna alla scogliera,
dall’ignoto che trascina lontano
come un torrente che, nomade,
carezza l’anima col suo sospiro.
ha le lancette ferme sull’ora,
ferme sulla memoria che ondeggia,
ferme sui silenzi dell’esistenza,
ferme sul vento freddo della sera
che si apre ad un canto antico
che nasce dal vuoto della mente,
dall’onda che torna alla scogliera,
dall’ignoto che trascina lontano
come un torrente che, nomade,
carezza l’anima col suo sospiro.
Guardo
la mia pendola antica
nell’abbandono di un sogno quieto,
cerco con gli occhi il mistero
e riaccendo il mio fuoco libero
per ridestare l’ardente fiamma
dal fondo degli abissi dell’anima
ospite di ferite lavate alla fonte
che vagabondano senza tempo
tra i chiusi segreti dell’eternità;
e in questo mio dolce sognare,
vivo spazzi di cielo senza confini.
nell’abbandono di un sogno quieto,
cerco con gli occhi il mistero
e riaccendo il mio fuoco libero
per ridestare l’ardente fiamma
dal fondo degli abissi dell’anima
ospite di ferite lavate alla fonte
che vagabondano senza tempo
tra i chiusi segreti dell’eternità;
e in questo mio dolce sognare,
vivo spazzi di cielo senza confini.
Versi
nel deserto
Mi
fermo,
guardo
il deserto,
ascolto
il silenzio
che
scolpisce
un
canto lontano,
il
suono del vento,
che
carezza la sabbia.
La
volta stellata
mi
osserva,
calpesto
il
tempo assassino,
mi
sento immortale,
imbastisco
pensieri
su
riflessi di ombre,
sfioro
l’orizzonte
come
un libro
che
non riesco ad aprire
sui
cui fogli
danzano
note di violino.
Come
l’oceano è il deserto,
sguardo
sull’immensità
che
abbraccia l’orizzonte,
l’ultimo
miraggio
che
si fa chimera:
scrivo
ed ascolto
e vedo i miei versi
volare
lontano.
Ricordi di una gioventù che non torna, Claudio è consapevole di questo.
RispondiEliminaAttinge al passato, perché le lancette della sua pendola adesso sono ferme "sul vento freddo della sera" "ferme sui silenzi dell'esistenza"
Bellissimi versi che nella loro malinconia celano il desiderio di speranza che il poeta riesce a trovare dentro se stesso riaccendendo il sogno e nella bellezza della natura.
Serenella Menichetti