ANGELA AMBROSINI
Riflessioni sulla foto di FABIO SERCIA, OLTRE
IL CORRIDOIO (omaggio a Gaudì)
È uno
dei corridoi della celebre Casa Battlò di Barcellona (un “semplice”
condominio, gioiello del liberty catalano di Antoni Gaudì), la cui policroma
facciata esterna, trionfo della linea curva, è tra le più fotografate al mondo.
Non è stato difficile lasciarmi trascinare dalla suadente cifra simbolica così
frequentemente insita nelle inquadrature di questo chirurgo veneziano, Fabio
Sercia che, anche nell’hobby dell’arte fotografica, dimostra di saper “sezionare”
attentamente la realtà con il valore aggiunto di uno spiccato senso estetico e
di un’innata capacità di protendersi metaforicamente (in questa come in molte
altre sue foto) nella dimensione implicita, sottaciuta del dato fenomenico. Grande
e immediato è stato, nell’ideazione del mio testo poetico, l’impatto evocativo
sollecitato dalla suggestiva visione. Lo scorcio sontuoso di un interno di
questo celebre edificio evolve improvvisamente nella scarna, inquietante
angolazione di un’immagine mentale, più che visiva, scevra da inutili
decorativismi, assumendo l’imperiosa, minacciosa sostanza dell’impalpabilità,
non a caso da me tradotta in apertura e chiusura della poesia dal pronome indefinito
“nulla”. La sapiente inquadratura dello scatto, verticalmente proteso verso la
parte superiore dell’obiettivo, nonché la felice soluzione di un velato bianco
e nero, contribuiscono in modo incisivo alla creazione di un’atmosfera di
rarefatta sospensione che si traduce nella metafora del passaggio, del varco
verso una dimensione quasi metafisica dell’esistenza. Il corridoio (così come
altri simboli quali la porta, la finestra, l’arco o, tradizionalmente, il
ponte) rappresenta il varco, il passaggio, il diaframma dell’altrove, il senso
della soglia. Superfluo ricordare come il termine “pontefice” significhi “colui
che fa i ponti”, stando a indicare la carica sacerdotale di chi instaura un
dialogo privilegiato con l’altrove, con l’aldilà. Mors est ianua vitae, recita l’espressione biblica. E la soglia,
nelle antiche mitologie, aveva un guardiano a custodia del passaggio tra i due
livelli del profano e del sacro, della superficie e del profondo, del noto e
dell’ignoto. Nel mito latino, Giano Bifronte, Ianitor, è il custode
della soglia per eccellenza, dando persino nome al primo mese, confine temporale
tra un anno e l’altro. Anche il genere poetico si fa protagonista attivo di
questa perforante capacità di visione, incarnando nella figura del poeta un
guardiano della soglia, un veggente capace di decifrare il mistero dell’ovvio. Il varco è qui? Si chiedeva Montale in una delle sue più
conosciute liriche, additando un varco verso l’altrove che si realizza tramite la poesia come squarcio nella
quotidianità, comunicazione con l’io profondo, scarto dalla norma, “asse inclinato” (stupenda definizione
che nell’Amleto Shakespeare dà
della poesia), cioè momento di riflessione straniata e straniante sulla
realtà che improvvisamente appare diversa, dilatata, carica di suggestioni e
significazioni altrimenti occulte. Questa lirica è la mia risposta poetica al
senso della soglia, del varco verso una dimensione “altra” che sembra
“nientificare” i dati sensibili, di qui, come dicevamo, la scelta di un
impianto circolare impresso dall’indefinito “nulla” (e, si badi bene, al
riguardo, quale abisso filosofico separi in italiano i pronomi “nulla” e
“niente”, falsi sinonimi). Non estranea alla scansione nominale dell’ultimo
verso (esplicita allusione alle concrezioni policrome della facciata di Casa
Battlò) è stata l’eco del grande poeta spagnolo Gongora che, a chiusura del
suo celeberrimo sonetto sul carpe diem, schiaccia l’intera struttura
formale e tematica della lirica su quell’ultimo terribile termine, nada,
salvandone unicamente il valore denotativo di nulla, nell’ottica tutta
barocca del disincanto e dell’apparenza ingannevole delle cose.
Oltre il corridoio
Interno di Casa Battlò. Omaggio a Gaudì
Nulla ostacola il cammino in
questo tunnel
di seta e ombre, pergolato di
pensieri oltre
la curva tesa dell’arco, oltre
lo spigolo lustro
del muro. Forse aprile è
dietro i vetri
o luglio o dicembre, forse è
turbine d’ali
o volo di pioggia, ma, vedi,
sempre un cielo
sarà a colmare il granello di
luce
che t’alita dentro, pellegrino
ignaro
di mete, viandante privo di
strade.
Sosta è per te questo spazio
fugace,
invisibile trama d’un arazzo
incompiuto.
Ricamo di geometrie ai tuoi
passi offrono
marmi e lucenti penombre a
indicare
qui una porta, là una soglia,
forse
un’uscita non lontana in
agguato
all’inverno o all’estate che
sia.
Poco vale la stagione che
fuori ti aspetta,
indolente in quest’aria ramata,
pare, di sole.
Il sole è promessa di lucernai
inviolati
che s’annodano più in là,
oltre l’attesa,
in mosaici, scaglie, sterpi,
nulla.
Lirica
e foto tratti da: Angela Ambrosini, Ora che è tempo di sosta, CTL
Editore, Livorno, 2017.
Angela cara, non finirò mai di tributarti onori per lo straordinario modo di scrivere affrescando, ovvero permettendo a noi lettori di vedere i luoghi e le situazioni. Sono stata a Barcellona, travolta dal mondo di Gaudì, e ho visitato la casa Batlò, espressione altissima della sua immaginazione, della volontà dell'Artista di agire come pittore libero.Indimenticabile la facciata esuberante e marittima, creata aggiungendo sculture involontarie, materiali riciclati e oggetti decontestualizzati che trasformò in arte. Ti soffermi sulla foto "Oltre il corridoio" di Fabio Sercia e precisi in modo superbo che quello spazio, come molti altri della casa, "rappresenta il varco, il passaggio, il diaframma dell’altrove, il senso della soglia. Superfluo ricordare come il termine “pontefice” significhi “colui che fa i ponti”, stando a indicare la carica sacerdotale di chi instaura un dialogo privilegiato con l’altrove, con l’aldilà". Non potevi trovare definizione più idonea. Nella bellissima foto risalta l’effetto di una superficie ondulata dove pietra, vetro e ceramica sono protagonisti. Reciti: "Anche il genere poetico si fa protagonista attivo di questa perforante capacità di visione, incarnando nella figura del poeta un guardiano della soglia, un veggente capace di decifrare il mistero dell’ovvio" e siamo nella originalissima casa, elemento vivo del paesaggio urbano, ricca di simbolismi e di elementi misteriosi, significati segreti e idee uniche di Gaudì. Tu sai togliere il velo di Maya, Angela, e componi versi sublimi, che carezzano l'anima: "Nulla ostacola il cammino in questo tunnel/di seta e ombre, pergolato di pensieri e oltre / la curva tesa dell’arco, oltre lo spigolo lustro /del muro. Forse aprile è dietro i vetri /o luglio o dicembre, forse è turbine d’ali..." Fabio Sercia sarà felice, noi siamo pieni di te, della tua luce. Vi ringrazio entrambi e ti abbraccio ammirata nel segno del Maestro.
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