domenica 27 marzo 2022

CLAUDIO FIORENTINI:"POESIA E ALTRE ARTI COME EVOLVONO"

 

Claudio Fiorentini,
collaboratore di Lèucade


Poesia e altre arti, come evolvono

 

La forma veicola un contenuto che non può manifestarsi in altro modo, se non attraverso quella forma.

Non importa quanto sia comprensibile o razionale (la musica non lo è, eppure è un codice di comunicazione che trasmette un contenuto travolgente), importa che sgorghi dal profondo.

Partendo da questo principio, parlando della forma in poesia, dovremmo dire che non è altro che un susseguirsi di suoni e di silenzi ritmati dal respiro. Già, il respiro. Non dimentichiamolo.

Il respiro è una funzione biologica, senza respirare non si vive; inoltre ha una sua misura, un suo ritmo. Ricordiamo anche che gli esercizi di meditazione, lo Yoga, la ricerca mistica, tutta questa roba di recente degradata a “new age”, parte dal respiro. Cambiando il ritmo naturale del respiro cambia qualcosa in noi, qualcosa di cui, nel normale esercizio del vivere, non abbiamo consapevolezza a meno che… a meno che non si prema l’interruttore e si illumini la stanza segreta.

Il respiro è lo strumento iniziatico per eccellenza e non va tradito.

Da lì, tornando alla poesia, potremmo dire che il massimo rispetto per i versi è la lettura ad alta voce, non una, ma due, tre, dieci volte, fino a trovare la lettura giusta, il ritmo, le pause, i silenzi, il respiro giusto, come se si trattasse di un Mantra. Solo allora la poesia decolla in noi e diventa parte della meditazione iniziatica che ci rende migliori.

Bene, e allora, facendo un passo indietro, verrebbe da dire: perché la rima, perché l’endecasillabo o il novenario? Semplice: perché nella tradizione orale tutto si trasmetteva attraverso la parola detta e quale strumento, meglio di un endecasillabo (o simili) facilita la memorizzazione del messaggio? Un esempio tra tutti: il Corano è scritto in versi, questo ne facilitava la memorizzazione.

Ora, però, cosa è successo? Come per l’arte visiva l’invenzione di Daguerre e tutto ciò che ne è derivato ha reso inutile la pittura figurativa, aprendo la porta a nuove forme di espressione (ad esempio l’astrattismo), così per la poesia l’alfabetizzazione, che ci ha dato la possibilità di leggere, relegando la memoria alla carta stampata e non più alla parola recitata, permettendo a chi scrive di disubbidire alle forme, inventando nuovi versi, nuovi metri, scoprendo nuove potenzialità espressive che, in poesia, si traducono sempre in respiro.

La poesia è un’arte biologica, fisica, umana: è fatta di respiro.

Le nuove forme poetiche stravolgono il ritmo e chi legge – o interpreta – una poesia, è costretto a respirare con i ritmi imposti dalla struttura del componimento. Il respiro si può spezzare, si può ridurre ai minimi termini ed espandere a seconda del componimento. Il respiro, oggi, la fa da padrone e più si rompe il ritmo, più si scoprono nuove potenzialità.

Un esempio di queste novità, tutte esplorate nel secolo scorso, tornando nel campo della musica, lo troviamo nel Jazz.

Un nome tra tutti, Art Tatum, da molti considerato un genio, da molti altri considerato l’assassino del Jazz, ma se ascoltate le sue composizioni storiche, se tentate di seguire il suo funambolesco vagare sui tasti, senza dubbio vi sentirete invasi da una sensazione nuova: lo stupore! E lo stupore è indotto dall’imprevedibilità del gesto creativo, e lui la musica la spezza, la modella, la nebulizza e la rimaterializza sorprendendoci ad ogni suo guizzo di genialità (potremmo anche, quando ascoltiamo qualsiasi brano musicale, tentare di prevedere la nota successiva: se la previsione corrisponde al componimento, allora non c’è nulla di nuovo; se invece la nota che ascoltiamo è diversa da quella che avevamo previsto, ecco che saremo colti da stupore, e saremo vergini all’evento che ci viene proposto, e forse l’arte è anche la ricerca di quella verginità).

Ma tentiamo di ridurre questo vagabondo pensiero a pochi termini: respiro, ritmo, stupore. Poi c’è il significato, ma ancora, il significato nella musica, possiamo percepirlo? E nella poesia, non sarebbe sano cercare, oltre al significato delle parole, il significato musicale, che è del tutto irrazionale, ma che non si esprime se non attraverso un fluire inedito di respiri, suoni e silenzi? Perché lo dico? Semplice: perché quando si legge una poesia, se si rimane schiavi delle parole, non si legge la poesia ma le parole.

Insomma: il significato nascosto, quello che si espande quando entra in noi, quello che si traduce in una sensazione di abisso, di mancanza di respiro, quello è il senso della poesia che oggi, schiavi delle parole, abbiamo perso.

Ora, immaginate che correte e che d’improvviso vi fermate perché davanti a voi non c’è più la terra ma il precipizio, immaginate quella sensazione, sentitela in voi, vivetela… e ora ditemi: quale poesia vi ha dato quella sensazione? Di certo non la paccottiglia che oggi si produce, ma non cadete nell’inganno, la si produceva anche ieri… solo che i poeti di ieri hanno passato (o sono stati trattenuti da) il filtro della storia. Ecco, il passato è storicizzato, il presente ancora no… e tra quelli che oggi popolano il presente esiste chi merita di essere storicizzato. Sapremo chi lo è solo se vivremo abbastanza.

Quindi poesia non come messaggio fatto di parole, ma come insieme suono-silenzio-ritmo-respiro che dice qualcosa oltre le parole, perché la poesia deve trascenderle.

Il grande maestro Leopardi, nell’Infinito, cosa vi dà? Non certo una descrizione di luoghi e di stati d’animo, semmai vi dà la sensazione dell’infinito che è dentro di voi, la percezione dell’abisso, la corsa forsennata che si ferma d’improvviso davanti al baratro… e dopo la lettura di una poesia così grande siamo inediti al mondo, siamo diversi, ci siamo trasfigurati in qualcosa di più grande di noi.

Ecco, questo è il dovere della poesia. Ieri, oggi e domani.

E non c’è futuro se il poeta, invece di cercare dentro di sé, si mette a pontificare e si fa bello perché ritiene di essere un poeta. Insomma: il Narciso che è in noi è il Minotauro da stanare e neutralizzare. Il futuro viene dopo.

 

Claudio Fiorentini

 

 

1 commento:

  1. Claudio dice: "La forma veicola un contenuto che non può manifestarsi in altro modo, se non attraverso quella forma". Sono d'accordo con lui: la forma non è un vestito da indossare e di cui ci si possa svestire a piacimento, restando nella sostanza quello che siamo. Forma e contenuto, non solo sono inscindibili, ma sono addirittura sinonimi, se la scrittura è creativa. Laddove è possibile distinguere una forma dal suo contenuto, vuol dire che i due sono "appiccicati", e questo è il segno di un linguaggio artificiale, pomposo, autoreferenziale, lezioso. Claudio dice che il filtro della storia fa giustizia di queste aberrazioni. Forse, ma secondo me esiste un metro più semplice e diretto, personale, di valutazione. La parola viva nasce dal Silenzio e porta con sé la legge misteriosa della Vita. Questa è la cifra della creatività. Una poesia è tale se risveglia in noi il segreto valore della Vita.
    Franco Campegiani

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