A cura di Maria Grazia Ferraris
collaboratrice di Lèucade
Il prestigioso premio Chiara varesino alla
carriera quest’anno-2014- verrà
consegnato allo scrittore cileno Luis Sepulveda.
Nato
in Cile nel 1949 vive, dopo il colpo di stato cileno e le torture subite durante la dittatura di
Pinochet, preferibilmente in Spagna, nelle Asturie, luogo che per il paesaggio e per la lingua parlata gli ricorda la terra natale, dopo aver
abitato in più luoghi: ad Amburgo e a Parigi…
Una
vita difficile, segnata dalla storia:
“Non
ho mai permesso che quell’esperienza (il carcere, la tortura) mi annichilisse
quando la vivevo, e non ho consentito che lo facesse dopo, trasformandosi in un
tema obbligato dei miei libri.
Non credo alla letteratura come psicoanalisi,
come psicoterapia, anche se, devo confessarlo, quando uscii dal carcere avevo
un sacco di problemi, ero attorniato da fantasmi, non riuscivo a dormire ... La
scrittura aiuta ad accettare e spiegare
a noi stessi le situazioni dolorose che abbiamo vissuto, quelle che ci costa
fatica rivivere. Quando penso a ciò che avevo provato in carcere, non mi veniva
in mente solo il dolore fisico, ma anche e soprattutto le umiliazioni subite,
il tentativo di farmi perdere la dignità di essere umano. Mi rivedo avvilito,
abbrutito, sporco dei miei escrementi perché non controllavo più il corpo… forse potrei scrivere un’enciclopedia del
dolore, dei suoi diversi stadi, fino a quando si raggiunge quel paradiso che è
la perdita dei sensi, l’unica cosa che davvero si desidera…. Mi sembrava che non
esistessero parole in grado di esprimere quelle sensazioni. Più che in qualche opera letteraria, ho ritrovato
qualcosa di simile a ciò che avevo provato in un quadro, nell’urlo di Munch.
Era tutto là, altro era impossibile aggiungere.
Poi quando mi sono costretto a parlarne, perché era un tema ineludibile, mi è venuto in mente che l’unica maniera di farlo era adottando uno stile fondato su una grande brevità, nettezza e concisione.”
Poi quando mi sono costretto a parlarne, perché era un tema ineludibile, mi è venuto in mente che l’unica maniera di farlo era adottando uno stile fondato su una grande brevità, nettezza e concisione.”
Sepulveda
ha viaggiato in tutto il mondo, anche a
seguito di Green Peace, meritandosi la facile nomea di ambientalista.
Autore di romanzi di impegno ecologista,
cantore appassionato della natura e dell'umanità del "mondo alla fine del
mondo", non ha smesso l'impegno attivo in prima persona e ha raggiunto la
notorietà internazionale con Il vecchio
che leggeva romanzi d'amore (1989). Sono
seguiti: Il mondo alla fine del mondo
(1992), Un nome da torero (1993), Patagonia express (1995), Storia di una gabbianella e del gatto che le
insegnò a volare, un libro per ragazzi, nel 1996, Diario di un killer sentimentale, Le rose di Atacama, 2000, Gli
amori che ho vissuto, 2004,……
L. Sepulveda
, il cui nome è legato soprattutto alla Patagonia, nei suoi libri ha raccontato
anche l'anima rarefatta e spaziosa dell'altro Cile,
altrettanto remoto, ma meno conosciuto: il Norte Grande degli altipiani, del deserto e dei minatori, dai ricordi cileni- rievocati in particolare in Patagonia express- Le rose di Atacama- Il mondo alla fine del mondo, al grande tema d’amore che lo caratterizza : Storia di una gabbianella – Il vecchio che leggeva romanzi d’amore- e Gli amori che ho vissuto.
altrettanto remoto, ma meno conosciuto: il Norte Grande degli altipiani, del deserto e dei minatori, dai ricordi cileni- rievocati in particolare in Patagonia express- Le rose di Atacama- Il mondo alla fine del mondo, al grande tema d’amore che lo caratterizza : Storia di una gabbianella – Il vecchio che leggeva romanzi d’amore- e Gli amori che ho vissuto.
Di sé
dice: “Mi si identifica per stereotipi… per esempio come una specie di avventuriero, ambientalista,
guerrigliero, scrittore sovversivo…”
e ricorda:
“ Io
non sono Indiana Jones, non ho una visione letteraria o romantica
dell’avventura.
Del
resto, non era scritto da nessuna parte che il finale dei casini nei quali mi
sono infilato sarebbe stato un happy end. Quando ho fatto determinate scelte,
non credevo che mi aspettasse la gloria, la ricchezza o il Sacro Graal... Spesso
si viaggia per confermare una propria ipotesi sul mondo, ma in realtà quello
che si cerca davvero è confermare la propria appartenenza alla specie umana,
perché l’incontro con la differenza ti fa scoprire meglio il tuo Io. Lo vedi
specchiato nell’Altro che vive in una maniera diversa dalla tua, spesso opposta
alla tua, e allora scopri le infinite possibilità del tuo stesso essere, le
mille forme che può assumere.
Del
resto il viaggio ha parecchi punti in contatti con la letteratura: è, come
diceva Michel Leiris, una maniera di negare il tempo attraverso lo spazio, un
modo simbolico di cessare di invecchiare. La letteratura è un viaggio, o
meglio, un transito, in cui lo scrittore e il lettore si liberano del
proprio tempo e della propria identità e si lasciano trasportare da ciò che
appare intorno a loro.”
Una sua affermazione mi ha colpita e fatto riflettere: è un implicito ritratto morale dell’Autore:
Una sua affermazione mi ha colpita e fatto riflettere: è un implicito ritratto morale dell’Autore:
“Più
che Napoleone, mi interessa il soldato che si prendeva cura del suo cavallo, il
calzolaio che riparava gli stivali di Bolivar". L' ha detto o scritto da qualche parte della
sua vasta produzione già molto tempo fa. Nessuna meraviglia, dunque, se un suo
libro, Le rose di Atacama raccoglie
scampoli di vite che altrimenti sarebbero destinate all'anonimato.
Un ignoto "ospite" del campo di
concentramento di Bergen Belsen incise con un chiodo su una pietra, a pochi
passi dai forni crematori: "Io sono stato qui e nessuno racconterà la mia
storia", lo scrittore cileno, consapevole di questo limite, riscatta storie e nomi di eroi misconosciuti e
quotidiani perché "narrare è resistere", e bisogna "aggrapparsi
alla parola come unico scongiuro contro l' oblio”…. Si tratti di racconti brevi,
di ricordi autobiografici elaborati a partire da personaggi e situazioni che ha
conosciuto o vissuto, o di paesaggi e incontri avvenuti durante i suoi viaggi
ai quattro angoli della terra: letteratura e verità, testimonianza e
riflessione che confondono i loro confini.
“ Ho
ripetuto più volte che la letteratura è la più dolce delle menzogne”, riflette.
“In un
mio libro, ho parlato del famoso concorso di bugie che si svolge in Patagonia:
uno dei personaggi del racconto dice chiaramente che in Patagonia non
confondono la menzogna con l’inganno. La menzogna letteraria è una specie di
vendetta contro la menzogna ufficiale: quella sì che è un inganno. Diciamo che
la letteratura propone una bugia innocente per rispondere alla grande truffa
dell’interpretazione della verità che ci offre il potere”
La
letteratura si basa sulla finzione, sulla menzogna.
È un mondo che non esiste, fatto di personaggi
inventati perfino quando si riferiscono a persone reali. Eppure è una menzogna
che arricchisce, che apre grandi varchi di verità…un grande spazio li libertà e
immaginazione, in cui si è sciolti da ogni vincolo pseudo-morale e da ogni
convenzione, liberi di galoppare in praterie che non esistono….
Dai
tempi dei tempi la letteratura è sempre stata sovversiva. Perfino le saghe
islandesi di cui parlava Borges erano sovversive, perché raccontavano di popoli
isolati che intuiscono l’esistenza di
altri dei, di altri uomini, di altri mari. Un atto sovversivo rispetto alle
limitazioni e alle convenzioni di un popolo e di un’epoca.
“ …La
letteratura è sempre sovversiva, perché mette in discussione la realtà così
com’è. I rapporti umani, la realtà sociale, politica, il potere”.
Sepulveda
lotta contro la retorica o la
propaganda, camminando sul crinale di una scrittura appassionata ma insieme
controllatissima, che restituisca globalmente tragedie, paradossi e ironie
delle vite messe sulla pagina.
Vite
di perdenti, riscattate da un' umana, umanissima dignità. Ricorda anche con stupore ed ammirazione le
meraviglie del mondo, le rose del deserto, le rose di Atacama, che fioriscono
una volta l' anno e dopo poche ore vengono calcinate dal sole, o il cane Fernando, che viveva nella città
argentina di Resistencia, assistendo ai matrimoni, ai funerali e soprattutto ai
concerti, dove esercitava, abbaiando e latrando contro le stonature, il
mestiere di critico musicale.
Oppure
sono vite esemplari ed emblematiche , come quelle della sua compagna, la
poetessa Carmen Yanez, e della giornalista Marcia Scantlebury, che non si
conobbero "né in un parco né a un ballo, ma nelle segrete di una sinistra
costruzione detta Villa Grimaldi", nelle stanze di tortura dei militari
cileni, e si ritrovarono come per miracolo venticinque anni dopo a Venezia.
Sepulveda
ama i paesaggi: come l’isola di Lussinpiccolo, di
fronte alla ex Yugoslavia, che ha smesso di essere un paradiso "quando la
bestialità del nazionalismo serbo e la bestialità del nazionalismo croato si è
vestita da ustascia"; oppure si immerge in panorami per noi esotici, la
gelida terra dei Lapponi, o la selva amazzonica di Manu, che l' autore descrive
affascinato dalle tartarughe che, "immobili sopra i tronchi semisommersi,
invitano all' oziosa contemplazione delle ventimila specie di farfalle",
delle arpie e delle nutrie giganti, delle scimmie brontolone, delle duecento
specie di alberi e della Venere notturna, "un' orchidea di un intenso
colore viola, piccola come un bottone di camicia, che apre i petali alle prime
luci dell' alba e muore dopo pochi minuti perché la minuscola eternità della
sua bellezza non resiste alla luce di Manu, che muta incessante secondo gli
umori del cielo, dell' acqua e del vento"..
Il tributo che Sepulveda dedica a Papà
Hemingway dice molto sulla natura del suo lavoro creativo e del suo stile,
diretto e insieme delicato, capace di emozionare perfino quando racconta la
malattia e la morte di Zorba,
un gatto in carne e ossa che Sepulveda aveva trasformato nel protagonista de La gabbianella, in una lezione di vita: "Amare significa non soltanto fare la felicità dell' essere amato, ma anche evitargli le sofferenze e salvaguardare la sua dignità". Anche se la nostra storia resterà una storia marginale, anche se il nostro nome è destinato a rimanere per sempre nell' ombra.
un gatto in carne e ossa che Sepulveda aveva trasformato nel protagonista de La gabbianella, in una lezione di vita: "Amare significa non soltanto fare la felicità dell' essere amato, ma anche evitargli le sofferenze e salvaguardare la sua dignità". Anche se la nostra storia resterà una storia marginale, anche se il nostro nome è destinato a rimanere per sempre nell' ombra.
E poi notevole la riflessione sulla scrittura,
naturalmente un po’ ironica:
“Ho un
rapporto personale con le Moleskine e quando una lettrice o un lettore
complice- per questo scrivo, per complicità- me ne dà uno, vergine e ancora
avvolto nel cellophane, gliene sono grato. Ma prima o poi arrivo sempre alla
fine dei fogli, divenuti oramai pagine, e quando le rileggo in una breve
cerimonia d’addio prima di inaugurarne una nuova, guardo quanto ho scritto e,
di solito, scopro che non ho perso la capacità di stupirmi.
Rileggerle è riavvolgere la vita e vederla
scorrere fugace, fotogramma per fotogramma…come scrive Van Gogh al fratello
Theo, “I mulini non ci sono più, ma il vento è sempre lo stesso.”
Maria Grazia Ferraris
Stupenda presentazione. Mi ha avvicinato ad un grande poeta le cui poesie, che ho cercato con cura, mi hanno preso e commosso. Le ho sentite mie per profondità d'impegno sociale e per valore poetico. Acquisterò presto i suoi libri.
RispondiEliminaGrazie
Francesca
grazie Francesca: è la poesia di un grande narratore e della sua terra.
EliminaSe stai per incominciane la lettura...inizia con la storia della gabbianella e del gatto che le insegnò a volare...ne coglierai animo e poesia.
M. Grazia Ferraris
Carissima M. Grazia Ferraris,
RispondiEliminale sono riconoscente per avere dato lustro e spazio ad un poeta di grande spessore civile e sociale. Senza togliere niente alla sua bravura prettamente poetica, a quel suo verso fuori misura che si lancia verso aperture di modernissima fattura, da non confondere con quegli sperimentalismi che nascondono nel nuovo una assurda vacuità.
Grazie a lei e a questo meraviglioso blog.
Antonio da Messina
Non occorre cercare la poesia civile o sociale per far risplendere la luce di
RispondiEliminaSepulveda; basta leggere questa parte finale della sua più bella storia d'amore (solo l'ultime due strofe perché è grande e tutta intera non sono riuscita a inserirla). Buona lettura e grazie alla Proff.ssa Ferraris per la sua pagina. Graziella F. Arezzo
Con tutto questo già appreso
tornai a disfare l'eco del tuo addio
e al suo posto palpitante a scrivere
La Più Bella Storia d'Amore
ma, come dice l'adagio
non si finisce mai
di imparare e di dubitare.
E così, ancora una volta
tanto facilmente come nasce una rosa
o si morde la coda una stella fugace,
seppi che la mia opera era stata scritta
perché La Più Bella Storia d'Amore
è possibile solo
nella serena e inquietante
calligrafia dei tuoi occhi.