LYRICAL BALLADS 1798
di
William Wordsworth[1
“No pellegrino riposa! Questo tasso dimora
in solitudine
lontano da ogni umano albergo;…
Anche se il vento alita leggero, le onde
che si
infrangono sulla riva nel loro accresparsi
culleranno la tua mente
salvate dall’inerzia per un tenero
eccitamento”.
“Nay traveller! Rest. This lovely yew-tree
stands
far from all human dwelling;…
yet, if the wind breathe soft, the
curling waves,
that break against the shore, shell lull
ty my mind
By one soft impuls saved from vacancy”.[2]
La scuola romantica che caratterizza la
letteratura moderna della fine del ‘700
fino
alla metà dell’‘800, si manifesta sino a partire dalla crisi politica, sociale
del Rinascimento come opposizione alla ragione degli Illuministi e della fredda
bellezza della classicità. Il Romanticismo è un movimento complesso, non solo
letterario ma artistico, politico e filosofico. È un ritorno al medioevo. Si dà
valore all’interiorità intesa come coscienza di un arcano significato della
vita. È un viaggio nell’interiorità dell’uomo, delle sue aspirazioni; la natura
non è vista solo come paesaggio, ma come ricerca dell’anima che palpita al suo
interno.
Una
visione sentimentale, appassionata, ardente; esaltazione delle forze
istintive
e oscure dell’anima. Indefinito, inquietudine, mistero. Poesia composta,
sepolcrale, idilliaca. La vena dominante è una tristezza che affiora dai
ricordi di una felicità perduta. Prati verdi ricoprono sepolcri. L’amore
vissuto prevalentemente attraverso sensazioni. Il senso viene divinizzato e la
poesia assume tonalità spesso pittoriche.
Nella
pittura del periodo romantico, si esaltano i valori del colore e del
chiaroscuro
piuttosto che quelle della linea e del disegno. Importanti il tono e
l’atmosfera. È presente anche un forte senso di libertà come può notarsi in
Delacroix – Libertà che guida il popolo – (1831 – Parigi – Louvre). È in questo
ambito che cova l’ispirazione del poeta.
Nel
1798 con la pubblicazione delle Lyrical Ballads di W. Wordsworth e S.T.
Coleridge,
costituisce l’atto di nascita del Romanticismo arricchito dalla fondamentale
Preface di Wordsworth nel 1800. (Fusione di fantasia poetica e concretezza
nella descrizione). Forte l’influsso di Coleridge in Wordsworth. Possiamo
affermare che l’impatto visionario che si snoda nelle Lyrical Ballads può
ricollegarsi a Blake che portò Coleridge alla riscoperta del soprannaturale
della visione.
“S’immerge
il sole: le stelle erompono:/ D’un passo solo sopravviene il buio;/
come
un sibilo udito da lontano,/ saettò via il vascello spettrale/ al sorgere della
luna/ Ascoltammo e guardammo in su di sbieco/ !/ Al mio cuore la paura, come a
una coppa,/ sembrava sorseggiarmi tutto il sangue!/ Le stelle morte, densa era
la notte;…/ La rugiada gocciolava dalle vele”[3].
Possiamo
notare la forza del verso che esplode con fragore; il fascino misterico del
buio, il sibilare del vascello che nell’ampio mare, si delinea spettrale e la
paura che invade il cuore nella densità della notte in un’atmosfera arcana,
onirica, atemporale.
“Evidente
l’influsso di Blake la cui voce spazia tra follia e visionarietà nella
ricerca
del possesso di una verità assoluta in un anelito di libertà che parte dai
segni, nutre le passioni e ci proietta verso i nostri simili. Il male è in ogni
costrizione morale, sociale, religiosa; il bene è nell’immaginario dell’uomo
che cerca un contatto con l’infinito. Fantasmi, avventura, ariosità romantica,
irrazionalismo nella poesia. Si delinea una illusione visiva e pittorica”[4].
Coleridge e Wordsworth hanno una concezione romantica dell’uomo e della natura
mentre per Blake la natura è esterna e ostile: “Dove non c’è l’uomo la natura è
sterile”[5].
Nel
testo si snoda la vita del poeta, il suo pensare, la forza e la seduzione
malinconica
del ricordo. Non sono testi che seguono un ordine temporale, ma, uniti da
impressioni collegate a luoghi e momenti della sua vita. Forte il legame tra
natura e uomo: spesso si tratta di ragazzi che posti in un ambiente agreste,
coinvolgono emotivamente il poeta (quasi sua controfigura). La lirica e armonica
fluidità delle descrizioni spesso si conclude con la visione della morte,
ancora più struggente perché legata a figure giovani, quasi infantili.
Pressante nel poeta la morte prematura del padre, la sua separazione dalla
sorella Doroty, il ricordo struggente degli ameni luoghi della sua
fanciullezza. I versi evidenziano la natura appartata del poeta, la sua
avvolgente malinconia. I personaggi descritti presentano una natura spesso
tenera e avvolgente. Nelle Lyrical Ballads si alternano brevi componimenti come
There was a boy, Poor Susan, I wondered lonely as a cloud
ed altri molto lunghi come Tintern Abbey. In tutti scorrono vita, ricordi,
amore. Spesso un dialogare dell’io ragazzo con la natura. Presenze che, nella
vita del poeta, hanno lasciato un forte irriducibile impatto. “There was a boy
ye knew him, ye cliffs…/ Rising or setting, would be stands alone/ Beneeth the
tree, or by the glimmering lake,/ …blew mimic hootings to the silent owls…”
C’era un ragazzo, l’avete conosciuto bene, voi rupi, isole di Winander…al
sorgere o al tramontare del sole, lui vorrebbe star solo/ sotto gli alberi o
vicino al lago balucinante,/ …soffiava mimando i gufi silenziosi…”.
La
prima parte della poesia è scherzosa di un forte impatto visivo. D’intorno il
silenzio
profondo e, ad un tratto, nel cuore del giovane la voce lontana dei torrenti di
montagna; immagini vaghe al suo cuore nel raccolto silenzio del lago. Poi la
triste realtà: un camposanto sul far della sera e il poeta lì accanto senza
poter parlare al ragazzo perché lui è morto a dieci anni.
O
Poor Susan: “Green pastures she views in the midst of the dole/ Down
which
she so
often has tripp’d with her pail/ and single small cottage… She looks and her
heart is in Heaven; but they fade,/ the mist and the rier, the hill and the
shade;/ … And thou once again, in thy plain russet gown,/ may’st hear the trush
sing from a tree of hid own.” “Verdi pascoli vede nel centro della valle/ e nel
percorrerla spesso saltella col secchio/ E un piccolo casolare come nido di
colomba… Lei guarda e il suo cuore è in cielo ma sfumano le brume, il fiume, la
collina/ e lo spazio d’ombre/ il corso d’acqua non fluirà e i colori si sono
vanificati ai suoi occhi… / e tu ancora una volta nella tua ordinaria rossiccia
lunga veste/ potrai ascoltare il tordo proprio dal suo albero.” Come si può
notare, anche in questa poesia, la fanciulla è umile; reietta anche se il suo
cuore volge al cielo; la triste realtà vanifica il fascino del luogo. In
Tintern Abbey c’è un lungo scorrere del tempo che però non impedisce al poeta
di ricordare: “Once again!/ Do I behold these and lof thy clifts,( which on a
wild secluded scene impress/ thoughts of more deep seclousin and connect/ the
landscape with the quiet of the sky/…” “Ancora una volta/ contempla queste rigide,
scoscese rupi/ che su uno scenario selvaggio suggellano pensieri/ di un più
profondo isolamento/ fondendo il paesaggio all’immobilità del cielo…”
In
questo testo si evidenzia il rapporto spazio-tempo. I cinque anni trascorsi e
il vivo rimuoversi dell’emozione provata dallo scorrere dell’acqua dai monti e
quella natura solitaria e selvaggia; ancora pensieri legati alla solitudine;
una stretta fusione tra paesaggio e cielo. Ho trovato interessante il contenuto
dei versi scritti presso Richmond sul Tamigi al far della sera. La suggestiva
descrizione del fiume con di fronte un occidente cremisi, la barca silente
nella sua corsa, la scia nella corrente del remo e, il poeta, (il bardo) che è
affascinato dalla visione. Immerso in una atmosfera onirica che non lo
abbandonerà. A lui importa l’istante; mail domani sicuramente sarà foriero di
pena. C’è una simbiosi tra le acque del Tamigi e il sembiante del cuore di un
poeta, puro, solenne, fulgido e benedetto. Le parole del poeta risuonano come
melodia ma non spengono il dolore. Cosa è importante? Il ricordo, nella
speranza che il remo fermi il suo affondo e il poeta “figlio del canto” mai più
conosca i suoi gelidi affanni. “The image of a poet’s heart/ How bright how
solemn, how seren!/ such heart did once the poet bless,/ who pouring here a
later ditty/ could find no refuge from distress,/ but in the milder grief of
pity”.
Mi
piace concludere facendo soffermare l’attenzione di chi leggerà queste
righe,
sulla poesia We are seven. Storia di una bimbetta che descrive la sua
vita, i suoi giochi con i fratelli composta tra il marzo e il maggio del 1798
in cui si evidenzia una contiguità di affetti che li lega indissolubilmente.
Gli affetti tra i fratelli sono strettamente legati alla natura. Poesia di una
tristezza solare che dolcemente coinvolge col suo ingenuo credere e avvince il
poeta.
We are
seven fu tradotto da Giovanni Pascoli nel 1923; non può stupire
la scelta di Pascoli e nemmeno la sua versione imitazione in quanto rispecchia
il contenuto di una parte importante della sua poetica; faccio riferimento a
Myricae, “che contengono impressioni rapide e intense di lutti, ricordi e
affetti familiari, temi campestri, scene di bambini e madri; gente umile. Il
tutto trattato con nitidezza squisita e insieme uno stupore di mistero e di
sogno entro un alone di malinconia”[6].
Riporto
alcune strofe di G. Pascoli:
… “Ma
tu ti muovi, tu corri: è vero?/ tu canti, ruzzi, hai fame, hai sete:/ se que’
due sono nel cimitero,/ cara bambina, cinque voi siete./ Verde, riprese, verde
è il loro posto/ lo si può vedere là, se le preme/ da casa un dieci passi
discosto/ stanno vicini dormono insieme,/ là vado a fare la calza e spesso/
vado a far l’orlo delle pezzuole/ mi siedo in terra, sotto il cipresso,/ con
loro e loro conto le fole…/”
Anna Vincitorio
I miei
ringraziamenti all’anglista Clara Tomaselli per il suo contributo.
Versi scritti poche miglia
avanti Tintern Abbey nel ritornare sulle rive del Wye per una passeggiata.
13 luglio 1798
Cinque anni trascorsi,
cinque estati nello scorrere di cinque
lunghi inverni! Io ascolto ancora
queste acque che rotolano dalle sorgenti
montane
con un dolce mormorio all’interno.
Ancora una volta contemplo queste rigide,
scoscese rupi
che su uno scenario selvaggio suggellano
pensieri
di un più profondo isolamento
fondendo il paesaggio all’immobilità del
cielo.
È giunto il giorno; nel riposo ancora mi
adagio
qui sotto questo sicomoro ammantato
d’ombra e osservo
questi resti di appezzamenti di terreno,
che in questa stagione coi loro ciuffi
degli alberi da frutto
si perdono tra i boschi e la macchia
col loro colore verde e schietto non
turbano
il verdeggiante selvaggio paesaggio
Di nuovo vedo sofferte siepi di bosco
ameno dal percorso selvaggio; queste case
coloniche
verdi fin sulla soglia; ghirlande di fumo
nel silenzio si levano fra gli alberi,
con qualche segno incerto come potrebbe
sembrare
di errabondi abitanti in boschi
abbandonati
o di una grotta di qualche eremita dove
accanto al suo fuoco, lui siede solingo…
C’era un volta un ragazzo
C’era un ragazzo, l’avete conosciuto bene,
(voi) rupi,
isole di Winander! molte volte a sera
quando le stelle al loro spuntare si
muovono
lungo la sagoma della collina.
Lui vorrebbe star solo sotto
gli alberi o vicino al lago baluginante
e lì, a dita intrecciate, le due mani
fortemente
serrate palmo a palmo sollevate
verso la sua bocca
lui, come attraverso uno strumento
musicale,
soffiava minando i gufi silenziosi
che potevano rispondergli. E loro
avrebbero voluto
gridare da un capo all’altro della valle
d’acqua
e di nuovo (ancora) gridare rispondendo
al suo richiamo con scrosci frementi
prolungati urli e echi che si levano alti
e giocoso frastuono. E quando tutto questo
è capitato con intervalli di profondo
silenzio
burlandosi della sua destrezza;
Poi, talvolta, in quel silenzio, mentre
era sospeso
ad ascoltare, un lieve battito di
piacevole sorpresa
ha portato lontano dentro il suo cuore
la voce dei torrenti di montagna
e la scena che poteva vedersi, entrare
involontariamente
nella sua mente con tutte le sue immagini
straordinarie:
rupi, boscaglie e un cielo incerto,
accolto nel seno
dell’immobile lago.
I boschi attraggono: vago il luogo,
la valle dove il ragazzo era nato; il
camposanto
è sospeso sopra il declivio sulla scuola
del villaggio
e quando son passato di là lungo la riva
verso l’ora del sole calante,
io credo che, vicino alla sua tomba,
sul far della sera io mi sono fermato
dopo una mezz’ora insieme in silenzio
perché lui è morto quando aveva dieci
anni.
Povera Susan
Nell’angolo di Wood street al primo
sorgere del giorno
c’è lì un tordo che gorgheggia, canta da
tre anni:
Povera Susan, passava di lì, ha ascoltato
nel silenzio del mattino la canzone
dell’uccellino.
È questa una nota che suscita incanto,
cosa
le procura dolore?
Una montagna nel suo elevarsi, una visione
arborea,
luminose tracce di vapore scorrono
attraverso
Lothbury,
e un fiume continua la sua corsa
attraverso la valle
di
Cheapside.
Verdi pascoli vede nel mezzo della valle
e nel percorrerla spesso saltella col
secchio
E un piccolo casolare come nido di colomba
per lei solo rifugio sulla terra che ama.
Lei osserva e il suo cuore si leva alto
nel cielo,
si affioca la bruma e il fiume, la collina
e l’ombra;
il corso d’acqua non fluirà, la collina
non potrà
levarsi e tutti i colori svaniranno ai
suoi occhi.
Sola, non considerata, ritorna ancora una
volta!
Per accoglierti, la casa paterna
spalancherà la porta
e tu, ancora una volta, nella tua
ordinaria
rossiccia
veste,
potrai ascoltare il tordo proprio dal suo
albero[7].
Versi scritti
vicino Richmond sul Tamigi verso Sera
Che forza l’onda, davanti, porta impressi
i colori sfumati della sera estiva nel suo
spegnersi,
mentre avendo di fronte l’occidente
cremisi,
la sua barca continua la corsa silente!
E guarda quanto nera la corrente che ci
lasciamo dietro!
Solo un attimo fa, così sorrideva
E ancora, forse un fallace luccichio
ingannava qualche altro vagabondo.
Siffatte visioni affascinano il giovane
bardo
ma, noncurante dell’oscurità che
sopraggiunge,
lui ritiene che quei colori non si
spegneranno
fino a seguirlo nella pace della tomba.
E lascialo covare il suo accorato inganno,
che sarà mai se morirà di pena?
Chi non vorrebbe tenere in gran conto
sogni così dolci
anche se è possibile che il domani porti
angoscia e pena?
Scorri dolcemente, così sempre scorri,
O Tamigi, si che altri bardi vedano
sulle tue rive amabili visioni
come adesso, chiaro fiume arrivano a me!
O corri per sempre limpida acqua,
la tua anima quieta a tutti dispensa
fino a che tutte queste menti fluiranno
eterne
come adesso queste acque profonde vanno in
corsa.
Pensiero, vano come sei
perché nelle tue acque possa affiorare
il sembiante del cuore di un poeta
così fulgido, solenne, puro!
Un simile cuore una volta è stato
benedetto dal poeta
che diffondeva in questo luogo una melodia
lontana nel tempo
senza trovare rifugio al dolore
ma nella pena più lieve della compassione.
Ricordo! mentre noi scorriamo avanti
ferma per lui l’affondo del remo
e prega che, mai più il figlio del canto
conosca
i suoi gelidi affanni.
Calma! che calma immota! il solo suono
del gocciolare del remo al suo levarsi!
Si addensa intorno il buio del crepuscolo
seguito dai più santi poteri della virtù.
[1] Nato nel 1770 a Cockermouth nel Cumberland
– Nel 1843 viene nominato poeta laureato e Bardo Nazionale. Muore nel 1850 a
Rydal Mount.
[2] Questo testo, del quale riporto un
frammento, è stato lasciato presso la riva del lago Esthwaite in un posto
desolato che però domina una bella veduta.
[3] Traduzione di Beppe Fenoglio – Giulio
Einaudi Editore – 2020, pag. 31. S.T. Coleridge – Ottery Saint Mary –
Devonshire 1772 – Londra 1834.
[4] William Blake – Vernice – anno XXII n° 53
pag. 140 – Anna Vincitorio
[5] ibidem
[6] In Antologia poetia di F. Bernini e C.
Bianchi – Nicola Zanichelli Editore – Bologna, 1955 – pag. 213.
[7] La ragazza si trova a Londra e ricorda con
rimpianto la campagna dove viveva.
Mi complimento con Anna Vincitorio per questa sua bella lettura con commento di "Lyrical Ballads 1798" di William Wordsworth .
RispondiEliminaLa pagina è arricchita da interessanti e opportuni intarsi sulla Letteratura Romantica, che ancora una volta testimoniano la profonda conoscenza degli argomenti trattati dalla Poetessa e saggista , che molto apprezziamo per la sua serietà e poliedrica cultura.
Un sincero ringraziamento anche per la traduzione dei testi riportati in calce al saggio.
Con stima, Edda Conte.