Giovanna de Luca
TRACCE DI UMANA SOLITUDINE
Guido Miano Editore, 2020
Recensione di Sandro Angelucci
La tematica che costituisce il
substrato sia poetico che narrativo di Tracce
di umana solitudine, di Giovanna De Luca, è quella dell’inaccessibilità di
un cammino - peraltro fortemente voluto e tentato - che appare come un sentiero
che si snoda tra indicibili bellezze e, perché no, altrettanto ineffabili
cespugli di rovi.
Un sentiero, tuttavia, che va restringendosi
sempre di più finché non si fa impercorribile e lascia solo immaginare ciò che si
troverebbe al di là dei confini necessariamente imposti.
Quanto esposto è già riscontrabile
dalla lettura della poesia d’esordio della silloge, in modo particolare dalla
prima delle due strofe di cui la stessa risulta composta. Da A mia madre:
Parlare
di te ancora non mi riesce, mamma.
Ora
è soltanto lo sguardo che improvviso
s’impiglia
nel cassetto,
sul
ninnolo a te caro.
E
di colpo richiudo, un groviglio alla gola
di
conflitti e d’amore.
Lo sguardo della Nostra “s’impiglia”
sul “ninnolo” custodito nel cassetto dei ricordi. Un ostacolo impedisce,
dunque, di parlare della madre come si vorrebbe; forse a nessuno di noi è
possibile esprimere verbalmente un sentimento tanto grande come quello
dell'amore filiale (segnatamente verso la madre): troppo smisurato per la
capacità di sentire anche di un poeta.
Cosa simboleggia questo oggetto, forse
di poca utilità ma di straordinario valore affettivo ed emotivo? Rappresenta,
per l’appunto, un’ostruzione, una stenosi che rende difficoltoso il passaggio e
prelude a quello sbarramento del quale poc’anzi ho parlato. Tant’è che chi
scrive è portata a chiudere “di colpo” con un groppo in gola.
Sono le avvisaglie di qualcosa che si
metterà di traverso; ci si dovrà fare i conti, bisognerà pungersi per arrivare
almeno un poco oltre, per riuscire a scorgere un altro piccolo, importantissimo
spazio dal quale, chissà, potrebbe aprirsi uno squarcio di cielo.
Certo, qualche goccia di sangue cadrà
sul terreno, macchierà quelle impronte che indicheranno il passaggio rendendole
inevitabilmente - come ricorda il titolo - tracce
di umana solitudine.
“È sempre solo il canto di un Poeta”:
recita l’incipit di una lirica che leggiamo poco più avanti. Quella dell’emarginazione
può essere considerata una condizione dello scrittore che predilige
l’espressione in versi, e l’isolamento non è necessariamente determinato
dall’effetto di una coercizione sociale. Molto spesso è lui stesso ad
avvertirne la necessità per prestare più ascolto alle voci dell’animo.
La ragione, che vorrebbe spiegare
tutto, si trova improvvisamente spiazzata, impreparata; non riesce a reggere il
confronto, e questo senso d’impotenza è contrariante con la conseguenza
dell’insorgere di una sorta d’angoscia in chi si ritrova a farne l’esperienza.
Ciononostante - ed è a questo punto che
subentra un quid indefinibile - la De
Luca non si lascia scoraggiare arrivando ad intuire che il segreto sta nel
resistere o, meglio, nel non superare il limite che ci viene intimato dalla
Bellezza, come inequivocabilmente si evince da questa lettura:
Sapeva
la Bellezza
che
a toccarla
ci
saremmo feriti.
Allora
si nascose
dietro
i rovi e disse:
“Sono
sogno,
se
troppo ti avvicini
sarà
sangue”.
“Reggere
non mi puoi
nel
tuo povero mondo”.
disse
la Bellezza.
“Guardami
allora,
guardami
soltanto.
L’opera si completa con una serie di
racconti per i quali mi rifarò a quanto sostiene Pardini in prefazione:
“Parrebbero due corpi a sé stanti, senza contaminarsi a vicenda, ma un filo
rosso, un leitmotiv li percorre determinandone un continuum […]”. È lasciarsi
abbracciare dal mistero l’unico modo per avvicinarglisi senza esserne
fagocitati, per riconoscerlo - e concludo - non un despota ma il più fidato
degli amici.
Sandro Angelucci
Giovanna
de Luca, Tracce di umana solitudine, Guido Miano Editore, Milano 2020, pp.
96, € 15,00; isbn 978-88-31497-11-4.
"Parlare di te ancora non mi riesce, mamma". Ogni lutto importante dà in eredità questi "grovigli alla gola", quel ninnolo che si guarda con tenerezza e poi si rinchiude, di colpo, in un cassetto, quasi a non voler fare i conti con il dolore. Sandro Angelucci nella sua veste di critico coglie con grande sensibilità il difficile percorso del dolore e il sentiero, universale, della condizione umana della solitudine. La ragione, dice bene Angelucci, in certi frangenti si trova spiazzata, è rigida, non dà risposte. Ma la poesia è il respiro dell'anima , ci consola e ci porta ad esprimere, purificate, le nostre più profonde emozioni, anche quelle più dolorose. Complimenti dunque all' autrice, al critico e un ringraziamento al prof. Nazario Pardini che permette, sulla sua Isola, incontri e scambi fecondi.
RispondiEliminaLoredana D'Alfonso
Vorrei inserire il mio commento precisando che non mi complimento con Sandro per le sue doti esegetiche in quanto mio amico - si può prendere atto che l'ho fatto con vari altri ospiti dell'Isola -, ma perché ammirata sinceramente dalla sua attitudine a rendere visibile il testo e l'autore o l'autrice che ci presenta. In questo caso, per esempio, emerge l'anima di Giovanna De Luca, tramite la scelta delle liriche e le parole del recensore. I versi dedicati alla madre, come sottolinea Sandro, si racchiudono nei primi due versi e nel 'ninnolo custodito nel cassetto'. L'Autrice, come accade spesso dopo una perdita, vede 'impigliarsi' le parole nella rete della 'grandezza dell'amore', che non è imprigionabile nella nudità dei dire. Sandro non ricorre a tecnicismi, indossa i versi e li porge con la fatica della semplicità. Sì, fatica, in quanto celarsi dietro a un linguaggio complesso, spesso inaccessibile, non è nelle sue corde e rende a noi lettori la comprensione delle sillogi e dei libri in genere, immediato. Lo ringrazio ancora una volta per avermi concesso il dono di avvicinarmi tanto a una poetessa, di carpire con lui i misteri e le verità che i versi raccontano. Non ha riscritto il testo, lo ha presentato con levità e con 'poesia'. Un forte abbraccio al mio amico, a Giovanna De Luca, che ho già apprezzato in altre occasioni, e al nostro Nazario che rende possibile questo luogo di incontri.
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