Antonia
Izzi Rufo. Voler bene. Carta e penna.
2020
Iniziare
da una pericope tratta dalla quarta di copertina forse è il migliore dei modi per entrare nella poetica
di Antonia Izzi Rufo che si affaccia alla scena letteraria con una plaquette dal titolo significativo e indicativo sul suo modo di far poesia. Una
plaquette ben editata, fine, preziosa per caratteri, impostazione grafica,
quarta e copertina che riporta, come Ella afferma, il ritratto dei suoi
gioielli: “Novella Cornelia/ quando le amiche/ venivano da me/ e mi chiedevano/ di mostrare loro/ le mie
preziosità/ / tornando da esse/ per mano i bimbi,/miei belli, stupendi,/dicevo:
“Ecco, qui,/i miei due gioielli” (I miei gioielli). Ed eccoci, quindi, a questo
lacerto da cui partire per delineare il
tragitto della Nostra nella reificazione degli
input emotivi in versi di cui Ella si dimostra poetessa di lungo corso:
“C’è nei versi della Izzi Rufo, la semplicità e la schiettezza della poesia di
Saffo, l’intimismo e il panismo del Pascoli, l’ermetismo, addolcito, di
Ungaretti, la dolcezza e la musicalità del Petrarca, il senso dell’infinito del
Leopardi,… la filosofia di Dante…”. E partirei proprio da quelli che sono i
valori aggiunti del suo canto: la semplicità, l’armonia:
“… Mi abbraccia, mi bacia,
mi prende per mano, mi fa
giocare con lui, per terra,
fra mucchi di giocattoli.
I nipoti sono per me
figli, ancor più che figli
(Nipoti),
la
fusione ritmica tra parola e verso: parola giusta nel verso giusto:
“E’ l’amico l’altro te stesso.
Gli puoi aprire l’anima:
non ti tradisce, puoi
fidarti…”.
Tante sono le poesie di questa plaquette che
giocano il loro ruolo su questi binari: Voler bene:
“Voler ben, donare amore,
senza discriminazione,
disinteressatamente,
è sentirsi paghi dentro
è non avvertire, per nessuno,
sentimenti negativi;…” (Voler
bene),
Mio
nonno:
“A chi non lo tollerava
duro,severo sembrava,
non mite affabile,
uomo invidiabile.
“Burbero benefico”…”
I
miei genitori:
“… Essi mi ascoltano
e per caso, per magia,
il mio male si allevia
io sorrido, serena.” (I miei
genitori),
Festa
degli alberi:
M’ero arrampicata il giorno
rima
Su per i fitti cespugli della
china.
Camminavamo tra erbe, buche,
sassi,
rischiavamo scivoloni nei
fossi…” (Festa degli alberi),
Miracolo
di natura:
“E
il giorno appresso:
“cosa
sarà successo?”
dicevan
i curiosi,
tranquilli,
non furiosi.
Miracol
di natura!
Io
divenni mamma!... (Miracolo di natura),
Già
sveglio:
“Quel bimbo, assai carino,
già vivace, dal lettino,
con fare repentino,
lanciò all’improvviso
uno spruzzo di pipì
al dottor che lì per lì,
piuttosto divertito,
pulendosi il viso,
disse: “Birbantello,
cominci da monello!
Così mi sei grato
Per averti liberato?”.
Battimani scroscianti
Di tutti gli astanti”. (Già
sveglio),
Nipoti:
“E’ proprio vero il detto
“Figlie nipoti più ne fai
Più è sprecato, perduto”?
Io dico: “Non è vero”,
Amo i miei nipoti,
di più il pronipotino;…”
(Nipoti),
Il
vecchietto:
“Conosco un vecchietto
che vive solo soletto
in una casa modesta.
Non ha parenti vicino.
(…)
M’ispira gran tenerezza,
lo stimo, gli voglio bene” (Il
vecchietto),
Desiderio:
“Se guardo le finestre
dalle mura domestiche,
desidero evadere,
volare, competere
con uccelli, farfalle,
instti giù a valle
che vanno alla deriva
su ogni fiore e spina…”
(Desiderio),
In
natura:
“Libertà, effluvi, musica,
sinestesia melodiosa
aspiro, respiro, incido
nel mio mondo interiore,
nel cuore, nell’anima.
Mio mondo meraviglioso!
Sei mio, tutto mio!” (In
natura),
Il
ruscello:
“Che incanto quel ruscello!
Trasparente, terso, bello.
Gira tra sassi,
saltella…” (Il ruscello),
La
margherita:
“Per un viottolo di campagna,
Sola soletta, una ragazza se
ne va:
Dove andrà?non si sa.
(…)
Tale vista mi distrae,
mi riporta ai tempi belli
quando anch’io
gioavo a ‘m’ama non m’ama’
e, alla risposa della
margherita,
gridavo flice: “Egli m’ama!””.
(La margherita),
Monte
Meta:
“Tra boschi di faggi, sassi e
salite,
radure, a volte, del tutto
informi,
giungemmo in cima,
stanchi, sudati, ma
entusiasti…” (Monte Meta (m. 2241), …
Una
serie di emozioni scatenate da una natura vicina e coinvolgente per i suoi
colori, i suoi paesaggi, che tanto ci dicono degli stati d’animo della scrittrice;
della sua purezza spirituale, della sua eleganza formale, sempre nuova e
accattivante, sempre fresca e coinvolgente: una vera cascata di suoni ed
armonie. Definirla poesia dell’home non
è di certo azzardato, definirla poesia della casa, del giorno, della notte,
della bellezza che ruota attorno a noi non è di sicuro improprio, dacché la
Nostra sviscera tutti gli impulsi emotivi che danno luce e potenza al suo
poema. Ma sono soprattutto le poesie dedicate alle stagioni che ci offrono il
cuore della sua melodia, della varietà metrica, che l’autrice riesce a
sfoderare per concretizzare le sue emozioni: da Gennaio a Febbraio, da Marzo a
Aprile, da Maggio a Giugno, da Luglio a Agosto, da Settembre a Ottobre, da
Novembre a Dicembre, una pioggia di luci e di abbandoni, di sensazioni e
scoperte che solo un animo vocato alla poesia può realizzare:
“Amo la primavera fiorita
Che mi riporta la luce e il
calore
Del sole più alto
nell’azzurro,
per le rondini, i vestiti
leggeri,
le passeggiate all’aperto;
(…)
Amo la natura tutta,
in tutte le sue manifestazioni,
in tutte le sue manifestazioni,
perché mi rilassa, m’ispira,
mi fa creare poesia (Amo le
quattro stagioni).
Il libro si chiude con una poesia dal titolo fortemente
emblematico che racchiude in sé tutta l’energia focale della Rufo: Voglio bene. Versi di grande energia
lirica e di esplosione emozionale che con il loro afflato segnano il cuore di
questa plaquette:
Voglio bene ai cuccioli dei
cani,
Ai gattini, ai caprettini,
agli agnellini, ai vitellini,
a tutti i piccoli degli
animali,
domestici in particolare.
Vorrei prenderli in braccio,
accarezzarli, con tenerezza,ù
ricambiare le loro effusioni.
Un
amore totale, plurale, universale che si fa fil rouge e sottofondo musicale di
un’opera che tanto si accosta alla
musica e al sentimento di una Bohème pucciniana.
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