Wanda Lombardi
IL SENSO DELLA VITA
Guido Miano Editore, 2019
Recensione di Francesca
Luzzio
Il senso della vita è insieme una nuova silloge ed un’antologia che
racchiude in sé liriche tratte dalle precedenti opere dell’autrice. Al di là
dell’eterogeneità strutturale, tuttavia è presente un’unità tematica che
sicuramente si può racchiudere nel sintagma “Il senso della vita” che, non a
caso, è anche il titolo della raccolta. Non solum, sed etiam in questo titolo
l’autrice non racchiude solo il senso della sua vita, ma della vita in genere, estendendo
le sue riflessioni poetiche alla società, al mondo, all’ontologico, infatti
l’invocazione a Dio per il suo intervento nelle miserie umane è costantemente
presente. Così al bimbo che muore in guerra può dire che “…\ Altri colori
troverai \ oltre la vita,\ quelli dell’amore, della gioia \ che eterni
illumineranno \ il tuo volto, il sorriso” (Altri colori,
pag.19), o ancora a Dio chiedere “… \ La tua invisibile mano \ mi sorregga, mi
conforti,\ con amore mi accompagni \ alla Tua fulgida dimora” (Soffio divino, pag 46) e, infine, nel
suggerire all’uomo il perché dell’esistenza afferma che “…\ Vivere nella
felicità di ben operare \ è vivere con Dio” (Saper
vivere, pag.59).
La
fede nel Signore è ciò che le permette anche di sopportare la solitudine nel
silenzio della propria casa, ammirando la natura, immergendosi nei ricordi, talvolta
amari, come quelli destati da ninnoli, oggetti regalati da persone una volta
amiche, ma che ormai non si fanno più sentire, né vedere e ciò la induce a
considerare l’indifferenza che oggi pervade la società: ormai i valori di una
volta non esistono più, ormai s’inneggia al futile e i giovani, privi di
valori, trovano nella droga lo sfogo, il raggiungimento di effimere illusioni.
Nel
flusso memoriale che come in Marcel Proust, la solitudine le sollecita non
mancano anche i ricordi belli, come quelli dei giochi infantili, quando andava
a giocare sulla strada antica, in quella via
Capozzi, ormai messa nell’oblio “da un’umanità cambiata” (Strada antica, pag.27). Come si può
costatare da quanto suddetto, non solo ricordi, ma anche pensieri e riflessioni
riempiono la vitalità mentale della poetessa e tra questi, rilevanti sono sicuramente
le considerazioni sulla donna, che, incarnazione della bellezza, viene elogiata
nelle sue poliedriche attività, commiserata quando è vittima di violenze, ma
anche detestata nella viltà che l’avvilisce quando uccide un indifeso suo
figlio neonato.
Dunque
Wanda
Lombardi legge in sé e legge nel mondo e non può non considerare in
questo processo espansivo del suo sentire, il pianeta terra, ormai inquinato in
ogni sua parte “in nome di un progresso \ duro d’accettare” (Terra malata, pag.47). E in questa
molteplicità di spesso tristi considerazioni, sia in ambito esistenziale che
sociale, la poesia è ancora di salvezza e compagni del suo futuro saranno “…\
un libro, un foglio, una consunta matita” (Perduti affetti,
pag.43). A buon diritto la poesia di Wanda è inseribile nella collana “Poesia
elegiaca”, infatti, come anche l’etimologia del termine suggerisce, i versi di
Wanda sono uno sfogo intimo, autobiografico che, tuttavia non parla solo
dell’io, ma anche del modo in cui la realtà esterna si ripercuote in lei. Così
esistenziale e sociale coesistono e la poesia di Wanda diventa spesso denuncia;
la duplicità tematica caratterizza anche gli Haiku che non a caso, sono
suddivisi in due parti: “L’amore”, e “Il sociale”. Essi concludono l’antologia,
le cui poesie, a prescindere dalla silloge da cui sono tratte, rivelano tutte la
stessa omogeneità e maturità stilistica che è presente in quelle iniziali,
pubblicate per la prima volta, infatti esse pur non rispondendo a forme metriche
particolati, nella loro libertà espressiva non mancano di musicalità, attribuibile
non solo al ritmo dei versi, ma anche alle frequenti assonanze: “…pesanti…\...\...\...\...disperati”
(I mali del mondo, pag.16), consonanze: “…neri
\ … invocare” (idem) o rime: “… pensare \ ... andare”, (idem), talvolta anche
tra versi lontani fra loro. Per concludere, non può non rilevarsi che la
presenza di alcune figure retoriche, quali le frequenti anafore, metonimie,
etc… rendono ulteriormente pregnante e profondo la valenza semantica dei testi.
Francesca Luzzio
Wanda Lombardi, Il senso della vita. Pref. di Nazario
Pardini. Guido Miano Editore, Milano 2019, pp. 80, € 16,00.
“NOVEMBRE” nella magìa solitaria di Nazario Pardini
RispondiEliminaStaticità e dinamismo nello scenario del Poeta si coinvolgono e reciprocamente manifestano moduli di sensibilità esistenziale pluridimensionali.
Cielo e Terra soccorrono l’animo di Pardini e il suo doloroso solitario osservatorio novembrino.
Solo il padre nel campo opera o sembra essere vivente nel regno di “ombre” che tutto avvolgono dalle nuvole al vento (lontano), dall'erba falciata agli uccelli (neri) che “volano alti”.
Anche la luce è isolata e si accompagna ai marmi di immagini sepolte nel freddo brinoso e nei lamenti dei figli e delle madri.
L'atmosfera novembrina del Poeta si declina sul ricordo che è vivissimo, quasi corporeo, degli assenti incardinati in perimetri regimentati da ritualità e tentacoli oggettuali/coscienziali (panni, frullane… che lisciano i marmi…) che dalla Terra si avvicinano al cielo ripulito dal vento.
Ecco come la forza vincente della Natura si ricompensa affiancandosi al percorso più logico di tutti i tempi tra vita e morte; ecco come il Poeta intrecci ogni componente in un sudario di memorie, simbologie (marmi), oggettistiche che vivono l'esistenza di un micro/tempo concesso a ciascuna individualità di essere ora per allora.
È la creatività ricorrente di un pensiero ciclico in Nazario relativo alla fluidità del “breve” per completarsi nel “lungo” periodo della vicenda umana.
La testimonianza più evidente si può ricercare nella realtà/verità poetica che si manifesta con la percezione totale del dinamismo ontologico applicato a tutti i messaggi di questo pardiniano “Novembre”.
Ogni parola ha un proprio ambito di corrispondenze.
Il cielo sembra immobile, ma nel suo essere tutt'altro che fermo: le sue presenze principali, tra nubi e vento, si polarizzano personalizzandosi oltre ogni limite che solo un cimitero può indicare ai mortali nei viventi.
E’ l'”essere” di ogni cimitero; è il sospiro filamentoso di figli e madri: ma nulla in questo scenario sembra attualizzabile nel vivente; tutto è ontologicamente ascendente solo nel cuore e nelle profondità spirituali insondabili del Poeta.
Così come si affianca nell'elenco di cose, esseri mortali, eventi, stati d'animo che appaiono estensivamente ad occupare le ombre sceniche delle verità di Pardini.
Le verità delle parole interpretabili come necessaria premessa al tema principale di un cimitero e di una sequenza di tombe solitarie.
Così sembra interpretare il Poeta nel suo interiore desiderio prospettico di articolare una indefinita spazialità in frammenti di corrispondenze vive come le frullane che specchiano i raggi o i sagginali viventi per il calore che sfida la brina o i panni che salvano il freddo.
Ecco come si auto decodifica Pardini che esce da ogni vincolo di scuola per approdare alla libertà dell'intuizione artistica più assoluta che si dilada mirabilmente sino all’incredibile di caratterizzare il gelo e identificarne le “guance”.
La duttilità dei significati si connette quindi nella metamorfosi di ogni contrario (l’indefinito ampliato nel definito).
Magìa di un vero artista.
Marco dei Ferrari