Alfredo Alessio Conti
LA VERITÀ NASCOSTA
Guido Miano Editore, 2020
Recensione di Ada Prisco
Si può
vivere senza lasciare traccia, ma dentro l’essere umano è continuamente scavata
una traccia dal suono, dalla vista, dai sentimenti, dai ricordi. La cura nel
ricercarla e nel cantarla in questo libro di poesie di Alfredo Alessio Conti,
intitolato La verità nascosta,
pubblicato da Miano Editore nel 2020, è sempre presente lo sfondo della natura,
nel senso più ampio del termine, fa emettere una voce delicata e discreta alla
sfera affettiva, nel ventaglio variegato delle sue sfumature. Suoni, tempi,
colori, tutto contribuisce a tratteggiare lo scenario intimo di questi versi
liberi. La poesia cerca la vita, ma, in un certo senso, la supera, per cantare
anche la sua assenza, la sua attesa, le tante domande che da sempre suscita
nell’animo umano.
La luce scandisce gli attimi vissuti, ma, come muta
con il mutare delle stagioni, così le sue sfumature sono cangianti
nell’accompagnare stati d’animo diversi, emozioni diverse, libere o indotte
dalle situazioni.
L’amore
è presente in tante forme, ma non manca nemmeno l’abbandono con il suo
retrogusto amaro, con il suo carico di dolore sganciato da radici, che priva
del futuro all’improvviso. Attesa e sorpresa costituiscono un binomio
abbastanza ricorrente, da cui sgorga il gusto del poeta per la poesia, così
profonda, ma anche tanto gaia e ridente nel suo giocare quasi a nascondino!
La
duttilità dell’arte poetica è fra le poche risorse capaci di ridimensionare
persino le grandi questioni di senso, la ricerca in tutto di una ragione, il
meccanismo di difesa della razionalità. L’amore in queste pagine sa anche di
ricerca del Divino e di creazione, all’incontro con l’arte. L’arte, però, non è
solo veicolo di impulsi protesi al domani, sa trasformarsi in lente
retrospettiva, quando è spinta da nostalgia, rimpianto, senz’ombra di rivalsa:
tutto scorre in un denso clima di pace.
Emerge
la poesia nel suo luogo di concepimento:
la sensazione di solitudine che acuisce la capacità di osservare elementi,
rinvenendo o forgiando fra loro un’armonia superiore al reale. L’amore si
applica anche alla conoscenza, stimolata dagli occhi profondi che pretendono di
guardare oltre. Nella sottile aura dei versi si libra un rapporto di amore
e insieme di meraviglia con la memoria, con l’attesa, il desiderio prepotente
affretta tempi nuovi. La poesia celebra regolarmente il passaggio da
un’emozione all’altra, da un momento all’altro.
Trova
un compagno fedele in questo libro anche chi soffra pene d’amore; si tratta
sempre, però, di un amore che vola alto fino a scorgere un panorama più vasto di un semplice rapporto a due. La
morale di fondo sembra indicare che, sebbene si possa andare incontro alla
perdita o all’incomprensione, vale comunque la pena di amare. E sempre si
attende amore, ancora. È
interessante che dell’amore in queste pagine si esalti, fra l’altro, la
distanza, come dato di fatto, come mancanza, ma anche come pura parvenza, che
la memoria, specie il ricordo delle relazioni, ricongiunge. Il silenzio regna
spesso sovrano nell’animo che non cessa di confrontarsi con i suoi moti intimi.
I
luoghi sembrano custodire traccia dei passaggi, sono anch’essi parlanti. Lungi
dal rimanere freddi spettatori, finiscono con il travolgere nel loro
insospettabile flusso di vissuti. Il
raccoglimento compare come dimensione efficace nel concentrarsi su pensieri e
parole in modo semplice e scorrevole, tanto che chiunque può far propri questi
versi, può indossare gli abiti tagliati da questi componimenti.
Un’atmosfera
religiosa, riferimenti disseminati qua e là narrano confidenza con la fede e
con le sue parole chiave. Il senso complessivo rimanda all’infinito. Ogni
elemento esprime una sua utilità, nessuno prevarica l’altro, tutto riflette un
disegno più ampio, per quanto sembri passare inavvertitamente.
Questa poesia si compone di strofe mobili, mostra versi
sciolti, adopera un linguaggio chiaro, accogliente verso chiunque si avvicini,
l’esperienza comune e quotidiana emerge spesso e volentieri nei suoi scenari e
attraverso i suoi suoni, ma il modo in cui si propone rivela la creatività del
poeta, abile nell’ampliarla, restituendo al lettore una comprensione
approfondita della realtà.
Il cambiamento si lascia descrivere dal tema del ritorno,
illusione linguistica, perché, nei fatti nulla torna come prima. Sono
constatazioni dal carattere filosofico, ma in queste righe non c’è nulla di
troppo arzigogolato, anche gli approfondimenti più riflessivi rimangono agili e
sono ancorati all’osservazione della natura. A sfidare il tempo resta proprio
la poesia, perché sopravvive anche a chi l’ha composta, destinato a passare. La
fugacità del tempo è sottolineata spesso, ma senza drammi, gode di se stessa, è
inserita in un circuito che le consegna questa possibilità. Tutto è placido,
sereno, gode della calma di chi osserva il mondo dal cuore, ma anche dall’alto.
La poesia è generosa, però, non è aristocratica, né intoccabile: offre se
stessa e chiunque può prenderne e farne proprie alcune parti, nel modo più
consono alla sua vita.
Le parole, dunque, rivestono un ruolo preciso di aiuto, di
supporto, ma anche di terapia rispetto alla vita. I percorsi sono individuali e
non possono sovrapporsi, le lezioni ripetute a campanella rischiano di rimanere
estranee ai momenti che lasciano indifesi. Dai discorsi, altrui, però, possono
giungere delle parole familiari, altre che sanno illuminare, altre ancora
offrono qualche ragione e così la speranza si nutre e lo sguardo sulla realtà
cambia. La poesia è linfa messa in circolo. Leggiamo a p. 47:
Ho conservato
tutte le vostre parole
riscrivendole
con la mia vita.
Ho conservato
tutte le mie parole
riscrivendole
con la vostra vita.
La parola comune non ha alcun potere da invidiare a quella
ricercata, inserita nel corpo di una composizione. E così pure tutta la poesia
rimanda immagini di sempre, smaschera tante forme di povertà, in cui ci si
imbatte con maggiore o minore consapevolezza, ma senza dimenticare di venire
dalla strada, di trarre ispirazione dalla terra, dalla polvere dell’esistenza,
da quella della storia.
Quando, però, si concentra nell’interiorità, il respiro è
ampio, la ricerca è senza frontiere, ma non sempre addiviene velocemente
all’esito agognato, talvolta sosta in quella sospensione, tipica della
contemplazione, che resiste in quanto tale fino a perdere le forze. Pure nella
delusione, nella tristezza, nella sofferenza, non si acquieta la sete di vita,
che cerca amore, cerca infinito e anela all’abbandono proprio della fiducia del
bambino. Ed ecco che Conti scrive: Non si vive mai/abbastanza (p. 55).
Ed è sempre questo desiderio profondo, che si esprime con
impeto in questi versi (p. 61):
Il mio male
è vivere nell’ossessione
della sconfitta
della solitudine
dell’abbandono.
… e in questo mal di vivere …/ Vivo! (p. 62).
Leggendo si avverte il sapore di quest’epoca frammentata, che
ci porta a disperderci facilmente e ci costringe da un lato a saper guardare e
a leggere ogni tessera frastagliata, dall’altro a ricominciare spesso da capo
il processo di ricerca di senso su questa terra.
Al di là dei perché e delle risposte, tutto è pervaso dalla stessa prepotente vita, mentre non smette mai di palpitare e di cercare amore, quando si fa trovare, e anche quando su tutto calano calma e silenzio.
Ada Prisco
Alfredo Alessio Conti, La verità nascosta, Prefazione di Nazario Pardini. Guido Miano
Editore, Milano 2020, pp.74; isbn 978-88-31497-19-0.
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