venerdì 5 novembre 2021

ORAZIO ANTONIO BOLOGNA LEGGE. "LA POESIA DI CLAUDIA PICCINNO"

 

ORAZIO ANTONIO BOLOGNA 

IL VALORE PAIDEUTICO 

NELLA POESIA DI

CLAUDIA PICCINNO

 

 

Orazio Antonio Bologna,
collaboratore di Lèucade


Avventurarsi nel magmatico mondo della poesia contemporanea non è impresa facile, per le svariate sfaccettature, che presenta e per le quali pone il lettore davanti a considerazioni cangianti, come i colori di un’afosa giornata d’autunno o i grigiori d’un inverno rigido e piovoso. Ogni giorno centinaia di autori, in modo più o meno cosciente, danno alla luce diverse migliaia di versi, nella maggior parte dei quali sovente si avverte un’asfittica ripetizione di motivi già noti, un uso della metrica, della rima e delle assonanze non di rado azzardate e discutibili. Tra la congerie di sedicenti poeti è facile trovare l’improvvisatore con un retroterra culturale pressoché nullo; l’inesperto giocatore di parole, delle quali non sempre coglie l’esatta estensione e dimensione semantica; chi è convinto che la metrica libera, oggi, dopo i felici esperimenti da parte delle voci più rappresentative del Novecento, sia completa, o anarchica, liberazione dalla metrica classica. La realtà, però, è ben diversa, perché il vero poeta nei versi veicola immancabilmente quanto ha appreso in anni di studio e di tirocinio in modo personale e originale. La Poesia, infine, non è più solo appannaggio dell’uomo, il quale sta battendo la ritirata davanti alla travolgente presenza delle donne, le quali trascorrono qualche tempo in più nella formazione culturale e nel necessario tirocinio.  

Oggi, infatti, a differenza di qualche decennio addietro, la presenza femminile nella produzione poetica diventa più costante, più vivace, più autonoma, più massiccia; ingrossa sempre più le fila di coloro che si dedicano con grande impegno al meraviglioso dono delle Muse, al culto sacro delle Camene.  Dimostra ciò anche la qualità dell’espressione poetica, nonché il modo, con il quale, a differenza dell’uomo, affrontano la complessa e variegata realtà della vita e della società.

Un posto di rilievo nel complesso panorama della poesia contemporanea è detenuto da Claudia Piccinno sia per lo stile, sempre asciutto e incisivo, quanto per la varietà dei temi affrontati con rara perizia e sensibilità. La poetessa, durante il necessario tirocinio, non si è lasciata invischiare dalle mode in voga, dalle fumose sperimentazioni, né da sollecitanti facilismi. Ha subito imboccato la via consona alla sua natura e affrontato con coscienza e consapevolezza quanto gli turbinava intorno, riversando in versi scarni e taglienti l’amara verità dell’esistenza. La poesia di Claudia, perciò, non trova rifugio nell’astratto e onirico mondo parnassiano d’una poesia da salotto, ma si immerge nei drammi, che costellano la vita d’ogni giorno; punta il dito sui soprusi di quanti travalicano i confini stabiliti dalla Natura; denuncia la violenza soprattutto a danno della donna, che alcuni cervelli sviati e nostalgici d’una presunta superiorità, considerano un oggetto, del quale servirsi e al momento opportuno disfarsi senza scrupolo alcuno; rileva la mancanza di comunicazione e la chiusura a stimoli di più ampio respiro.

Anche in questo caso la poetessa controlla le emozioni e, al contrario di quanto ci si aspetterebbe, non dà sfogo alla rabbia, normale in chi non riesce a controllare le giuste reazioni. Non si lascia neppure abbattere o travolgere dagli accadimenti o dalle necessità della vita quotidiana, che diventa sempre più aspra e difficile. Pur nel turbinio d’una vita movimentata, la Piccinno non trascura lo studio e l’approfondimento di testi, che sono molto vicini alla sua sensibilità.

Come stimata traduttrice dall’inglese è in continuo e fecondo contatto con voci poetiche di culture diverse, che altri difficilmente possono sentire, capire nella loro portata e gustarne gli aneliti e i messaggi.

Trascurando le innumerevoli raccolte di versi, di solito accompagnate da traduzione in inglese, in questa breve nota si ferma l’attenzione sulla raccolta La sfinge di pietra, ornato con la publica laus nel Certamen Apollinare poeticum presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma il 27 novembre dello scorso anno.

La silloge, meditata, curata e limata secondo i canoni della poesia alessandrina per il messaggio che veicola nel magmatico panorama della poesia contemporanea accampa un posto di tutto rilievo. Anche la critica più esigente dovrebbe rivolgere adeguata attenzione a quest’opera, che si impone per semplicità, per sensibilità, per chiarezza, per umanità. Gli stilemi, che caratterizzano e conferiscono vigore all’espressione poetica, non sono i triti e asfittici lai, dei quali è colma gran parte della poesia contemporanea, ma attingono vigore e forza crescenti dall’humus dell’animo umano e lo scandagliano nelle pieghe più riposte. Per cui è opportuno, a questo punto, fermare l’attenzione sulla densa lirica Le parole che non dico, per scoprire il complesso mondo interiore della poetessa, la quale pone al centro della riflessione l’amore, che l’Uomo, essere dotato di ragione e volontà, può, e deve, vivere in tutta la complessa e variegata sfumatura semantica. Con lieve e delicato susurro la poetessa cerca di penetrare nell’animo umano e inoculare proprio nei nostri giorni, nei quali si assiste alla recrudescenza della violenza più efferata, parole penetranti come artigli, taglienti come spada, pesanti come macigni:

          Sono colme d’amore

          le parole che non dico,

          sul precipizio della fiducia

          io le trattengo,

          perché tu non ne abbia noia.

L’Uomo, secondo i dettami delle Sacre Scritture e di altri testi antichi, è stato creato per effondere intorno a sé l’amore in tutti i suoi rivolti. Nei suoi occhi, nei suoi gesti, nell’habitus quotidiano, che riversa nel modus vivendi e agendi dovrebbe per propria natura sprizzare amore; ogni suo gesto dovrebbe essere informato dall’amore; ogni suo rapporto col suo simile dovrebbe essere improntato sull’amore. La poetessa scrive queste parole, perché sperimenta giorno dopo giorno una realtà diversa, in netto contrasto con quanto la Natura ha messo come sigillo imperituro nel suo intimo.

L’Uomo, quando commette un gesto violento nei confronti del suo simile e si pone sullo stesso livello della brutalità ferina, rinnega se stesso e uccide quel quid unico ed essenziale, che lo distingue dagli altri esseri animati presenti sulla terra. Mentre, in forza dell’intelligenza e della volontà domina sugli esseri inferiori, quando dimentica chi è e quale sorte gli è stata data, l’Uomo diventa peggiore dei bruti, i quali, privi di quel dono meraviglioso, si abbandonano all’istinto e alla violenza più efferata. Per cui la poetessa, quando vede nell’essere umano la corrispondenza d’amorosi sensi, nella medesima lirica non esita a scrivere con un sospiro di sollievo e intima soddisfazione:

          quando io colgo

          un barlume di tenerezza

          nel tuo dire distratto

          e vorrei tu vedessi

          il sorriso che mi accende il volto

          prima che volutamente

          io finga di parlare d’altro.

È, questo, quanto si auspica la poetessa nei rapporti interpersonali con epigrammatica freschezza e incisività. Si tuffa perciò in un percorso costellato di emozioni, che, pur sottaciute e sottese, vibrano dall’uno all’altro animo e cercano nella sintonia quel quid inesprimibile inerente nell’animo dell’Uomo. La parola, volutamente ricercata e inserita in un flusso lirico e metrico scandito da accenti e da pause eloquenti, penetra nell’intimo, scuote la psiche intorpidita e la illumina come un penetrante raggio di luce.

Quando il messaggio nella sua essenza metapsichica coinvolge gli animi verso il medesimo intento, la poetessa soddisfatta può dire con orgoglio per aver raggiunto il suo obiettivo:

          mi annebbia la visuale

          il tepore dei tuoi baci,

          ne conservo l’alone

          perché io sono vetro.

Con questa manciatina di versi, collocati non a caso come suggello del percorso poetico tracciato nella silloge, Claudia conclude il ciclo narrativo interiore con una lirica, che si potrebbe considerare un vero e proprio epigramma. Le due immagini, che si susseguono con conseguenziale sviluppo psico-fisico, riassumono e proiettano nell’immensa e infinita comprensione dell’io narrante verso l’io ricevente sensazioni destinate a lasciarvi una traccia indelebile imperitura. Come note scritte sul pentagramma ed eseguite con mano sensibile da un esperto interprete le parole della poetessa penetrano nella psiche e la coinvolgono a cercare, conservare, e diffondere amore, concretizzato nel bacio. Questa espressione fisica, propria dell’Uomo, nasce per amore, infonde amore e lascia sulle labbra della persona baciata un alone destinato a durare nel tempo.

Stempera e, nello stesso tempo, allevia con la pacata leggerezza dei singoli lessemi l’impatto iniziale, che si riscontra nella lirica incipitaria della silloge, Sfinge di pietra. Il breve carme con la studiata anafora di se pone il lettore davanti alla necessità del dialogo aperto e costruttivo, anche se non c’è interazione tra mittente e ricevente. Dal titolo del carme la poetessa ricava quello col quale sigilla il florilegio, e offre a lettori attenti e sensibili gli stimoli a scendere all’interno della propria psiche e arricchirla con riflessioni sincere, serene e costruttive. Il dialogo diventa più serrato a mano a mano che l’indagine nell’ego prosegue e sgombra il campo da miti falsi e aberranti.

Perché il lettore possa avere un’idea sul messaggio veicolato da versi levigati, legati da una metrica calcolata sulle battute tanto dei singoli lessemi, quanto, e soprattutto, su tutto il sintagma, che si snoda in maniera armonica e coordinata con quanto segue, si riporta la lirica per intero:

          E se anche in questo momento di connessione

          Tu decidessi di defilarti

          io capirei.

          E se continuassi a scrivere

          con penna molesta,

          se a te nuocesse, io mi fermerei.

          Se un microbo ti trascinasse via

          su altri lidi

          dove non sono ammessi interlocutori,

          sfinge di pietra, mi murerei.

          Piovono parole nuove

          senza alcun senso,

          a dare misura di questo vuoto

          che parla sospeso

          in attesa di un verso.

Anche a una lettura poco attenta e frettolosa si evince immediatamente l’intimo e palpitante messaggio tanto della lirica, quanto della silloge, mirabilmente condensata in pochi versi, senza alcuna divisione strofica, perché il ricevente possa immediatamente captare il messaggio preannunciato con la puntuale e studiata anafora del se.

Davanti a un ricevente restio ad entrare nella propria psiche, per ritrovare il suo ego, col dovuto rispetto dovuto all’Uomo la poetessa è pronta a diventare sfinge di pietra, muta per sempre

La sfinge, come si apprende dalla mitologia classica, è una figura tratta soprattutto dal mito di Edipo, il quale divenne re di Tebe per aver subito risolto l’enigma propostogli. È per lo più raffigurata con il corpo di leone, testa umana e, in alcune immagini, dotata di ali. Quest’essere complesso e misterioso era detentore di una sapienza arcana, per conoscere la quale l’uomo doveva porsi in umile stato di ascolto e dedicarsi alla ricerca continua, soprattutto di sé. Il suo volto inalterato, anche se inquietante, nascondeva ciò che l’Uomo doveva trovare, scoprire con la propria intelligenza, mettere in comune con i propri simili per il progresso, fondato unicamente sulla conoscenza.

Davanti all’insensibilità o al rifiuto della persona, cui rivolge il suo messaggio, la poetessa non può che chiudersi in se stessa ed assumere l’atteggiamento della sfinge, a noi veicolata dagli antichi mediante sculture di pietra.

Di notevole interesse, almeno sotto l’aspetto comunicativo e psicologico-semantico, il fonema incipitario del lessema nel secondo e nel terzo verso, dove al Tu con iniziale maiuscola succede l’io con iniziale minuscola. L’interlocutore, il Tu, cui la poetessa rivolge il pensiero, assume davanti ai suoi occhi un ruolo importante e fondamentale per intessere il dialogo, che continuo e senza tentennamenti si svolge nelle liriche successive.

In continua tensione psicologica e costantemente cosciente della funzione paideutica, che la poesia di volta in volta si assume, divenendo non di rado importuna e molesta, la poetessa, pur con rammarico, rinuncia a riversare sulla carta quanto gli urge nell’anima, e tace, come la sfinge. Ciò, anche se la mortifica e le tarpa le ali della comunicazione, diviene elemento fondamentale per l’Uomo per realizzare in pieno la costituzione della società, nella quale trova la dimensione del suo essere e il senso del verso da percorrere.

La poetessa, consapevole della funzione, che di volta in volta assume la parola, è disposta a tacere, per non urtare la suscettibilità e la sensibilità dell’interlocutore, il quale spinto e guidato dal libero arbitrio, può effettuare scelte sovente non conformi al comune senso del dettato psicologico. In tutta la silloge questo dettato, accuratamente cercato, meditato, rielaborato, viene proposto con versi levigati, scorrevoli, legati da un afflato lirico di rara sensibilità. Claudia, memore degli studi giovanili, talvolta si abbandona, quasi inconsciamente, alla rima, come nella lirica Sull’adulazione, dalla quale si estrapola la strofa iniziale per concludere con l’asciutta consapevolezza della poetessa:

          resta sempre il sospetto

          che vogliate mortificare

          il mio intelletto.

 

Orazio Antonio Bologna

              

 

    

         

 

 

         

  

      

30 commenti:

  1. Le poesie dell'Autrice sono veramente belle e suggestive. Peccato che si rifacciano al testo di qualche canzonetta. I tempi sono cambiati: una volta erano i parolieri che si rifacevano ai poeti non viceversa. Complimenti per il coraggio!

    Carla Baroni

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  2. La signora Carla Baroni di poesie ne ha lette tante e del presente e del passato. E' per questo che vede dove altri malauguratamente non vedono. La signora Carla Baroni ha però il coraggio di firmarsi e non di celarsi dietro uno pseudonimo. La critica si fa sempre a viso aperto.
    Carla Baroni

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  3. Concordo pienamente con Orazio Bologna. La poesia di Claudia Piccinno è asciutta, scarna, priva di orpelli e di ridondanze. E forse è proprio per queste su caratteristiche che essa arriva, scalfisce, penetra, a volte lacera, inducendo indifferibili riflessioni. Ciò avviene sia che si tratti di argomenti sociali sia strettamente personali, come l’amore. Non intravvedo assolutamente nella suddetta poesia le caratteristiche delle “canzonette”. Non trovo rime abusate ad esse proprie: cuore, fiore, amore, dolore. Farei anche una distinzione tra testi di canzonette e testi di canzoni, penso ai testi di Mogol, che fanno impallidire centinaia di poesie. Infine: ci vuole coraggio a commentare con tanta acidità!
    Ester Cecere

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  4. Cara signora Ester, vorrei farle una domanda: per quanto riguarda la correttezza secondo lei c'è differenza a "rifarsi" a un paroliere importante o a uno meno noto? Mi ricordo di una anziana poetessa, originaria di Ferrara, che fece la parafrasi della QUERCIA CADUTA del Pascoli non trascurando nemmeno il pianto della capinera ma facendo estrema attenzione a non riportare cinque parole di seguito del poeta in quanto avrebbero costituito plagio. Nessuno si accorse del misfatto solo la sottoscritta la cui recensione non fu pubblicata per la grande ACIDITA'. Io direi che UN BEL TACER NON FU MAI SCRITTO perché gli approfondimenti portano solo a rimestare ulteriormente il coltello nella piaga cosa che non era nelle mie intenzioni. Vorrei aggiungere che il dovere della critica è anche quello di rilevare quello che non va.

    Carla Baroni

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  5. Vorrei inoltre chiedere a tutti coloro che sono intervenuti nella querelle come mai non si sono accorti che una delle poesie riportate ha l'identica struttura di SE TELEFONANDO cantata da Mina e scritta da Maurizio Costanzo per far da sigla a un suo programma? La canzone è davvero bellissima ed io volevo rimanere nel vago per non sembrare offensiva ma adesso ho voluto togliere le fette di prosciutto dagli occhi dei lettori smemorati. Se mi sono sbagliata ditemelo apertamente: reciterò il mea culpa.

    Carla Baroni

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  6. Gentile signora Baroni, Sicuramente la critica ha anche il dovere di cui lei parla, ma: 1) il parere critico è soggettivo; per cui quello che non va per lei, può andare bene per altri; 2) si può esprimere un parere negativo anche con educazione e senza spocchia.
    Cordiali saluti
    Ester cecere
    Ester Cecere

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    1. Gentilissima signora Ester, l'ha voluto lei. Nella sua strenua , apodittica difesa dell'amica lei mi dato dell'acida, spocchiosa, villana. E allora aggiungo che se si è preso come esempio della scrittura dell'amica una poesia che richiama tanto una canzone arcinota sia per l'interprete, sia per l'autore , probabilmente le altre non erano così eclatanti. Se nella sua discutibile etica la mancanza di originalità è un punto a favore di scrive aspettiamoci una pletora di novelli Danti. Ricambio i saluti.

      Carla Baroni

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  7. Gentile signora Carla
    Se è interessata a farsi un'idea della mia poetica,dia il permesso al prof Pardini di farmi avere il suo indirizzo, la omaggerò di parte dei miei libri, non disconosco eventuali contaminazioni o innesti,sia pure inconsapevoli. Chi scrive è sicuramente frutto del suo tempo. Ho però una grande propensione al confronto e alla gentilezza. La ringrazio per la sua attenzione perché è sempre meglio parlarne anziché non parlarne affatto. Ringrazio anche Ester che per come la conosco,non si esprime per amicizia, ma perché ha letto la mia intera produzione e a tutti capita di scrivere qualcosa di meno originale,o come dice lei di coraggioso. Ciascuno vede ciò che porta nel cuore.

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  8. Carla Baroni,
    le rispondo solo per dirle che non discuterò più con lei, che vuole avere ragioni a tutti i costi e non è all'altezza del discorso dialettico
    Cecere

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  9. Concordo in pieno con la recensione del Prof. Bologna quando dice che la Piccinno scrive in continuo dialogo tra se stessa e il suo tempo, lasciando al verso la necessaria forza per poter essere letto, assimilato e sentito. Le parole, spesso, suonano ricordando o facendo esplicito riferimento ad altri scritti, musiche, vite perché una volta letti, cantate e vissute possiamo ritrovarci in esse ed esprimerle omaggiando qualcuno o qualcosa che ci ha donato un momento speciale. Tutti gli scrittori, i cantanti, gli artisti nella loro originalità presentano spunti di altri autori e artisti a cui si sono ispirati o dai quali semplicemente hanno avuto lo stimolo a intraprendere un proprio percorso artistico. Non credo ci sia nulla da condannare, anzi! I libri, la musica, l'arte devono lasciare qualcosa ai propri fruitori, altrimenti non avrebbe senso, non trasmetterebbe nulla e sarebbe inutile alla crescita personale e artistica.
    Un saluto,
    Elisabetta Bagli

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  10. Concordo in pieno con la recensione del Prof. Bologna quando dice che la Piccinno scrive in continuo dialogo tra se stessa e il suo tempo, lasciando al verso la necessaria forza per poter essere letto, assimilato e sentito. Le parole, spesso, suonano ricordando o facendo esplicito riferimento ad altri scritti, musiche, vite perché una volta letti, cantate e vissute possiamo ritrovarci in esse ed esprimerle omaggiando qualcuno o qualcosa che ci ha donato un momento speciale. Tutti gli scrittori, i cantanti, gli artisti nella loro originalità presentano spunti di altri autori e artisti a cui si sono ispirati o dai quali semplicemente hanno avuto lo stimolo a intraprendere un proprio percorso artistico. Non credo ci sia nulla da condannare, anzi! I libri, la musica, l'arte devono lasciare qualcosa ai propri fruitori, altrimenti non avrebbe senso, non trasmetterebbe nulla e sarebbe inutile alla crescita personale e artistica.
    Un saluto,
    Elisabetta Bagli

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  11. Leggo da tempo le poesie di Claudia Piccinno. Le trovo molto belle e pulite.Ammiro e amo il suo modo scarno e privo di "ammennicoli ruffiani" nel descrivere emozioni.
    Non conoscendo le canzonette, ma solo la musica classica, purtroppo mi sono persa le similitudini con questo genere musicale.

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  12. Vorrei precisare che il coomento qua sopra è il mio. Sono Florisa Sciannamea e non so perché e come il mio nome non compare e c'è la firma Unknown

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  13. Ricevo e pubblico

    Il commento antecedente è di Florisa Sciannamea, la mia firma.

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  14. Non so se il mio ultimo commento è giunto perché il computer ha cominciato a fare i capricci e non sono comparse le scritte consuetudinarie. Dirò che mi sono divertita molto a sentire tutte le accuse prive di logica che mi sono state rivolte e non avrei mai pensato di scatenare un tale finimondo per un apprezzamento non del tutto positivo. Terminerò con un sorriso ripetendo quanto avevo scritto e non apparso. Ringrazio la signora Piccinno per la sua gentile offerta ma non permetterò a Nazario che le dia il mio indirizzo. Dato il livore dimostratomi non vorrei che un giorno apparisse sul Resto del Carlino questo articolo: "Anziana poetessa trovata assassinata nella sua abitazione. Si indaga..."
    Carla Baroni

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  15. Trovo la recensione/riflessione del Prof. Bologna oltremodo illuminata e coerente allo spirito poetico espresso dalla poetessa Piccinno nella sua "Sfinge di Pietra". Leggo poesia da un po' di anni e posso affermare che l'opera in questione risulta non solo gradevolissima sotto il profilo espressivo ma anche che essa contiene una forza ritmica ed una sostanza metrica nettamente al di fuori della paccottiglia propinata sovente sul mercato. Leggere Claudia Piccinno (e per qualche poco avvezzo consiglierei anche il termine "rileggere") significa immergersi nel mondo della banale quotidianità trasformata in poesia, ma anche nel mondo di un sentire i sentimenti con la potenza e prepotenza che solo una poetessa può sopportare. No, la Piccinno non è affatto banale, anzi direi per nulla scontata, infatti sa tirare fuori la bellezza di un verso da un comunissimo gesto, messaggio, ricordo o elemento che la circonda e chi ha saputo leggere le poesie del passato farebbe meglio a portare un grande rispetto verso la genialità che contraddistingue questi pochissimi poeti. Ci sono versi che mi ricordano Szymborska, altri Saffo, altri ancora una canzone e qualcuno che mi ricorda la vita stessa... e allora? La poesia necessita sempre di ritmo (oltre che di metrica e struttura) e se questo ritmo viene dalle canzoni della nostra vita che importanza ha? (certo associare "Se telefonando" ad una canzonetta lo trovo alquanto azzardato...). Ritengo che la poesia, così come la musica e l'arte più in generale, abbia il compito di portare la bellezza nella nostra vita e Claudia Piccinno fa esattamente questo mentre scuote i suoi fogli con una penna fatta di sentimenti, cultura, quotidianità ed immensa bellezza. La critica ha l'obbligo, nel bene e nel male, di accrescere autori e lettori, il giudizio invece, soprattutto se superficiale ed inconsistente, resta una mera opinione personale!
    Domenico Sessa

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    1. In veneto si dice "pez al tacon dal bus" "peggio il rattoppo del buco". La poesia criticata è proprio bella perché ricalca pedissequamente la canzone di Mina. Comunque il suo messaggio signor Sessa è "Copiate, copiate, copiate." Di canzoni belle, bellissime ce ne sono in quantità e riprodurne i testi con qualche variante non fa male a nessuno. Anzi risentirle modernizzate è piacevole, ritorna all'orecchio qualcosa di familiare dato che, nell'ignoranza generale, sono totalmente sconosciuti i grandi poeti. Un consiglio: un campo da cui si può attingere senza che nessuno se ne accorga è quello dell'opera lirica. Buon lavoro poeti dell'ultima ora! Vi si aprono mondi inesplorati!
      Carla Baroni

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    2. ...e niente, comprendere il senso di ciò che si scrive non è proprio il suo forte, tipico di chi legge per sport e non per capire. Le consiglierei di leggerli meglio e magari provare a tradurli i grandi poeti, che magari le insegnerebbero ad essere un po' più umile e le si aprirebbe molto più di un mondo inesplorato!
      Buon lavoro a lei ed ai suoi "giudizi"

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  16. Caro Unknown, io ho tradotto insieme a mia madre le Bucoliche di Virgilio in endecasillabi. Capisco che questo poeta è niente di fronte alla insuperabile grandezza della Piccinno. Ognuno la pensa come vuole e non sarò certo io a tappare la bocca a chi diverge dalla mia opinione. Comunque ho esplorato un po' in internet e non mi pare proprio che la sublime poetessa scriva in metrica. Forse sono capitata male io. Ne saprò di più quando apparirà il testo che la magnifica su questo blog. Però sono molto contenta perché, desiderosa di passare allo storia, lo sarò anche se in senso negativo, come colei che ha osato criticare al suo esordio LA POETESSA DEL SECOLO CLAUDIA PICCINNO e la sua paideutica scrittura. Tanto le dovevo

    Carla Baroni

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  17. RICEVO E PBBLICO

    Dalla lettura mi sembra e ne sono certo che la poesia di Claudia Piccinno sia una poesia moderna, asciutta, apodittica, breve e concisa. Insomma una vera poesia che insegna a tutti come fare a scrivere. Non è di certo da seguire il discorso diffamatorio e superficiale di una donna frustrata e irrealizzata di una certa Baromi che crede che la poesia sia tutta nella metrica. E' la più grande fesseria. Deve mettere questa tale Baroni di aggredire senza motivo le brave poetesse e traduttrici che tanto ci possono insegnare.. Avanti Claudia, io conosco la tua immensa bravura...
    Claudio Franchi

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  18. Ancora!!! Ma non sapete che UN BEL GIOCO DURA POCO? Se sono così poco valida intellettualmente perché un mio giudizio negativo brucia così all'esimia poetessa da spingerla a scomodare tutti i Carneadi dell'Universo per esprimere un elogio nei suoi confronti? Cara Claudia, lei ha certamente una dote: la perseveranza e questo la porterà lontano perché, nel conformismo generale che induce a ripetere pappagallescamente tutto ciò che dicono gli altri, tante voci positive la faranno parere quella che non è. Ma non è offendendo l'avversario che si conclude uno scontro dialettico ma portando a sostegno valide ragioni. Qui se si potesse si tirerebbe fuori il coltello. Comunque finché non leggerò di lei qualcosa di veramente valido e non copiato il mio parere rimarrà invariato. Ma il dubbio da ora in poi mi rimarrà sempre.
    Carla Baroni

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    1. RICEVO E PUBBLICO

      Caro Nazario
      Mi addolora molto quanto è successo e tu sai bene che non conosco né la signora Baroni, né alcuni degli intervenuti.
      Ho tenuto sempre un profilo elegante e umile al tempo stesso, non ho offeso nessuno.
      Ti prego di inoltrare alla signora questa mia email per trasparenza massima. Prendo atto che non apprezza quanto è emerso sulla mia poetica, ma non mi offendo. Ogni parere è motivo di crescita e quindi la ringrazio, ma ribadisco la mia estraneità ai commenti altrui.
      Mi auguro che la sensibilità di chi come noi vive in Poesia sappia avere la meglio su tutto il resto. Non ho alcuna pretesa di scalare il Parnaso e tu lo sai bene. Non ho mai voluto primeggiare, ho solo un grande amore per la parola. E qui mi fermo
      Cordiali saluti a entrambi
      Claudia Piccinno

      Elimina
  19. Che pena leggere tanti commenti di infimo ordine redatti da illustri sconosciuti! Commenti offensivi e cattivi, sgrammaticati e feroci. Tutti contro una! Coraggio, all'attacco!
    Che miseria culturale!
    Pasquale Balesttiere

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  20. Consiglio di evitare offese personali e ripicche che non hanno niente a che vedere con la cultura di cui si avvale il blog. questi sfronti da massaie teneteveli per voi. Il blog necessita di commenti che prendono spunto da dati di fatto. Sono commenti di Infimo ordine, offensivi, e cattivi. Che miseria culturale! per dirla con Balestriere....

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  21. D'altronde per chiudere il cerchio si tratta di due personaggi di grande spessore : Piccinno e Baroni. Se si conoscessero di persona non userebbero di certo espressioni negative, ma dopo una attenta lettura dei loro libri si aprirebbero a profondi commenti elogiativi. Per chiudere la Baroni e la Piccinno sono due personaggi conosciuti eclettici e versatili del nostro panorama culturale. Datevi la mano e smettete diatribe inutili e nocive.
    Nazario

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  22. Cari tutti ci tengo a precisare che non ho scomodato nessuno, avevo personalmente risposto alla signora Baroni invitandola ad una reciproca lettura. Concordo con il professore Pardini e il signor Balestriere. Non ho inoltre necessità di consensi e mi addolora molto tutto questo battibecco. Cordiali saluti a tutti gli intervenuti.

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  23. RICEVO E PUBBLICO

    Caro Nazario
    Mi addolora molto quanto è successo e tu sai bene che non conosco né la signora Baroni, né alcuni degli intervenuti.
    Ho tenuto sempre un profilo elegante e umile al tempo stesso,non ho offeso nessuno.
    Ti prego di inoltrare alla signora questa mia email per trasparenza massima. Prendo atto che non apprezza quanto è emerso sulla mia poetica, ma non mi offendo. Ogni parere è motivo di crescita e quindi la ringrazio, ma ribadisco la mia estraneità ai commenti altrui.
    Mi auguro che la sensibilità di chi come noi vive in Poesia sappia avere la meglio su tutto il resto. Non ho alcuna pretesa di scalare il Parnaso e tu lo sai bene. Non ho mai voluto primeggiare, ho solo un grande amore per la parola. E qui mi fermo
    Cordiali saluti a entrambi
    Claudia Piccinno

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  24. A me pare che qualcuno voglia usare Ortensio per attaccare Volusio e Antimaco. Eppure, rimanendo in tema, anche Catullo ha tradotto Callimaco, ed è stato ipotesto per Foscolo e Primo Levi, volendo citare Qualcuno. Detto ciò...Parva sint cordis monimenta / at populus tumido gaudeat Emanuele Aloisi

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