PIER
PAOLO PASOLINI – IL VANGELO SECONDO MATTEO
di Maria Luisa Daniele Toffanin
Nelle celebrazioni di Pasolini per il
centenario della sua nascita, traggo dal Quaderno di Praglia n. 36 alcune note
critiche sul film “Il Vangelo secondo Matteo” la cui visione è stata condivisa
col Cenacolo di Poesia di Praglia Insieme
nell’Umano e nel Divino promosso dall’abate Norberto Villa e dalla
scrivente. Lo riporto così, pur attualizzato in qualche punto, come omaggio
alla poliedrica figura di Pasolini, pietra miliare della cultura del Novecento,
antesignano nella ricerca di nuovi linguaggi espressivi, rabdomante inquieto
della verità dilatata dal personale all’universale in una volontà di rinnovo
quale energia vitale di tutta la sua produzione.
Note
varie, sparse e confuse mi emergono ora dalla visione lontana del film “Il
Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini. Nella rivisitazione integrale
del Vangelo, subito colpisce l’interpretazione proposta dal regista, della
figura di Gesù: severa, uomo più che Dio, predicatore di un verbo riprodotto
con autenticità, rispetto, come la prima voce di un mondo arcaico
paleocristiano qui presentato con
austero rigore in ogni dettaglio storico, fisico, espressivo. Opera denigrata
ed insieme esaltata dalla critica. In vero immediatamente ti catturano i
particolari accorgimenti stilistici
adottati dalla sensibilità dell’autore. Infatti nella recitazione risuonano rare
parole: sono gli occhi che dicono, colti in continui primi piani. Occhi
profondi, espressivi di volti sconosciuti: gente del popolo, perfino amici
nella cultura, la madre stessa di Pier Paolo,
interpretedi Maria anziana. Occhi i suoi dallo sguardo intenso che esprime
lo straziante dolore materno per
l’atroce morte del figlio e quindi rappresenta i dolori di tutte le madri, di
tutte le donne tradite, attualizzando il discorso, violate e offese nel corpo e
nell’anima come ora nella terra ucraina. Occhi altri che esprimono ingenuità,
stupore autentici di fronte al mistero. Parla pure il paesaggio scabro di
Matera o di altri centri della Basilicata,
opportunamente scelti dall’autore per ambientare la sua opera, in una sintonia
perfetta con il tutto. È uno sfondo che si sfuma, si dilata, acquista, almeno
al mio sentire, toni vari d’ocra, creando un senso di spazio-tempo primordiale.
Parla pure il bianco e nero, usato dal regista, che esalta l’essenzialità degli
elementi e permette allo spettatore di concentrarsi appunto sulle suggestioni
emanate dai comportamenti, dai gesti, da quei volti quasi maschere tragiche,
stereotipi della condizione umana di sofferenza degli umili di allora e di
sempre. Sintesi, specchio di sentimenti eterni, verità-forza del messaggio
evangelico pasolinianamente rivolto agli umili in un sogno sociale di riscatto;
forse in una sottesa rivalsa contro il muoversi della chiesa del tempo? Una
lettura quindi del Vangelo nella sua purezza originale, senza effetti speciali,
ma basata su una comunicazione scarna, raffinata attraverso quelle particolari suggestioni
già citate che suggeriscono continue emozioni sull’umana, e per noi divina,
esperienza di Gesù, forti, capaci di provocare e commuovere profondamente.
Perché in questa narrazione filmica c’è
davvero qualcos’altro: c’è del divino e me lo conferma lo stesso Pasoliniin una
discussione del 1964: la mia lettura del Vangelo non poteva che essere la
lettura di un marxista ma contemporaneamente – ecco perché qui non posso dire
né si né no – contemporaneamente serpeggiava in me questo fascino
dell’irrazionale, del divino, che domina tutto il Vangelo. Tutto il Vangelo è
dominato da questo senso di qualcos’altro, che io come marxista non le posso spiegare
e nemmeno lei può spiegare.
A
questo suo dire facilmente associo la nota illuminata di ArunaVasuded:
Ma il vero successo di questo capolavoro è dovuto
alla scelta di Pasolini di affidare il ruolo di Cristo a un giovane studente di
letteratura spagnola, Enrique Irazoqui.
Nel miracolo dei pani e dei pesci, quando Cristo
moltiplica cinque pagnotte e due pesci in una quantità inesauribile per una
moltitudine di persone, egli chiede ai suoi seguaci di attraversare in barca un
canale, dicendo loro che li raggiungerà dall’altra parte. Durante il trasbordo,
i fedeli vedono uno spettro lontano che si avvicina a loro sull’acqua. Cala il
silenzio, il vento svanisce, l’acqua cessa il suo sciabordio, mentre su di essa
giocano baluginii luminosi. E si vede Cristo compiere un altro miracolo. La
nuda bellezza del campo lungo sulla sagoma di Cristo che cammina sulle acque è
rivelatrice. Non solo perché è in grado di rivaleggiare con gli effetti
speciali in digitale di qualsiasi film contemporaneo, ma anche perché attira
l’attenzione su se stessa all’interno di un’opera il cui approccio, altrimenti,
è interamente Neorealistico. Si tratta di un momento sublime”.
È questa la grande magia dell’arte che
sa mettere a nudo con onestà la verità altra che va oltre…
E qui si può ben concludere queste mie
note sparse, con la sintesi, valido contributo di Giovanni Volpi:“Pasolini compie
qui una lettura integrale del Vangelo di Matteo che ambienta tra i
sassi di Matera che gli permettono, dice, una trasposizione non archeologica
del mondo antico nel mondo moderno. Nel Vangelo Pasolini traspone, con
sanguinante sincerità e un vissuto senso del sacro, i propri “maligni,
cocenti, inafferrabili elementi religiosi”. E lo fa sul filo di una
visione paleocristiana che nega ogni fiducia alla Chiesa-Istituzione,
recuperando invece valori che sono parte di altre ideologie, prima fra tutte il
marxismo. La sua è una religione che vuole parlare ai poveri del mondo, e in
essa si fondono passione e ideologia: da cineasta la cui grandezza non è
separabile dalle sue idee.
La sua
poesia è appunto, alla lettera, vitale e scandaloso messaggio. Il suo Cristo eremita è un
violento predicatore di una verità radicale, la sua parola, rigorosamente
filologica, s’incarna nella lingua scritta della realtà (è anche il titolo di
un suo “saggio eretico”). Il sacro, nella sua inattualità, si fa linguaggio
attivo, crudo, ma pure, pasolinianamente, di un originale e colto sincretismo
di figurazioni che cerca tra la gente reale il tipo originario rispondente al
modello pittorico. Detto in altri termini, moraviani, in Pasolini la realtà si manifesta come
cultura. E nel Vangelo produce quel narrare “epico nella povertà e sontuoso
nella semplicità” che impressiona”.
E si può così attestare che il
sacro, nella sua valenza, abita gli anfratti più segreti di ogni anima, allora
che l’onestà intellettuale ti permette di riconoscerlo. Docet anche Andrea da
Soligo. Ma c’è in quest’ora greve del marzo 2022, chi dissacra brutalmente la
vita frantumando ogni senso del sacro. Ma come finale conforto e consolazione
ascoltiamo le musiche classiche di Bach, Mozart…, la suggestiva forza dello
spiritual e di altri coinvolgenti generi musicali che si diffondono
nell’atmosfera cruda del paesaggio, forse accompagnando emotivamente i passaggi
più significativi della narrazione filmica. Quasi un modo altro per segnare i
volti, i gesti dei protagonisti in una compartecipazione intima al messaggio
evangelico, all’umano dolore. E ancora qui il discorso può allargarsi
all’infinito come accade ai grandi capolavori che così acquistano il sigillo
della bellezza e dell’eternità dell’arte.
Una pagina di rara incontaminata folgorante bellezza, Marisa. Torni a parlarci di Pier Paolo Pasolini, il regista, scrittore e Poeta corsaro, che la cultura sta riscoprendo con un ritardo colpevole e ci presenti nel modo migliore uno dei suoi capolavori, ovvero "Il Vangelo secondo Matteo", un film che dopo 50 anni è stato riabilitato dalla chiesa. Amica cara, metti in evidenza il Gesù carico di tristezza e di solitudine, in cui Pasolini riversava la sua 'nostalgia del mitico, dell'epico, del tragico', per usare le sue parole. Una nostalgia o una resistenza che si contrapponevano a quel che odiava del suo tempo: grigiore cinico e brutalità pratica, disponibilità al compromesso e al conformismo. Un tempo che non amava, al quale si opponeva in una tensione continua fra nostalgia e profezia e contro il quale evocava "la scandalosa forza rivoluzionaria del passato". Ti avvali dell'illuminante contributo di Giovanni Volpi e scrivi:“Pasolini compie qui una lettura integrale del Vangelo di Matteo che ambienta tra i sassi di Matera che gli permettono, una trasposizione non archeologica del mondo antico nel mondo moderno. Nel Vangelo Pasolini traspone, con sanguinante sincerità e un vissuto senso del sacro, i propri “maligni, cocenti, inafferrabili elementi religiosi”. Il film lo guardi oggi, d'altronde lo stanno proiettando in alcune sale... e con la tua sensibilità straordinaria parli del tempo che ci tocca in sorte, del marzo 2022 che nulla ha di sacro, che celebra un'ulteriore, inimmaginabile sconfitta di noi uomini. Suggerisci "le musiche classiche di Bach, Mozart, la suggestiva forza dello spiritual e di altri coinvolgenti generi musicali che si diffondono nell’atmosfera cruda del paesaggio, forse accompagnando emotivamente i passaggi più significativi della narrazione filmica." e cerchi un antidoto, una risposta, una forma di salvezza. Ti ringrazio, Marisa. Mi sono commossa. Ti stringo al cuore insieme al nostro Capitano, che legge oltre le parole e le miserie del mondo.
RispondiEliminaGrazie, carissima Maria, della tua sentita e puntuale partecipazione. Sei unica nel condividere le parole dell'altro arricchendole delle tue conoscenze e rendendole preziose con la sensibilità della tua lettura. Ti sono grata immensamente di questo esserci insieme in eventi culturali di grande spessore umano e artistico. Con grande affetto, Marisa
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