GUIDO MIANO EDITORE
NOVITÀ EDITORIALE
È uscito il libro di poesie:
TUTTO E’ RESPIRO di ALFREDO ALESSIO CONTI
con prefazione di Maria
Rizzi
Pubblicata la raccolta etica dal titolo “Tutto è re
Il poeta
Alfredo Alessio Conti è stato accostato in una precedente pubblicazione (La verità nascosta, 2020) al grande
Giuseppe Ungaretti; in effetti l’arte della sottrazione e il mal di vivere che
lo caratterizzano, evocano il climax del poeta di
Alessandria d’Egitto, ovvero la disposizione dei concetti in modo da
ottenere un effetto di un’intensità progressiva o regressiva e le sue
macerazioni interiori. Il Nostro insegue una vita su misura per l’uomo ed
esprime la sofferenza per ciò che potrebbe essere e non è: «L’universo / è il
miracolo / della vita / quella che inizia / e che non si sa / dove vada a
finire / quella che è morta / e che inizia / a vivere» (L’universo è un miracolo). Il termine miracolo, facendo passi
indietro rispetto al latino ‘miraculum’, deriva da ‘smeiros’, che significa ‘sorriso’,
esattamente ciò che si fa quando si assiste a qualcosa di molto bello. Alfredo
Alessio Conti sembra invocare un rinascimento dello stupore; e crede che
occorra rinnovare nei nostri cuori e nelle nostre anime il sogno immortale, l’eterna
poesia, il senso perenne della vita intesa come miracolo.
La sua
angoscia esistenziale, molto vicina al termine designato da Charles Baudelaire
come il taedium vitae lucreziano,
cerca riparo proprio nell’arte più antica e più bella: «Un po’ di poesia / altrimenti
soffoco / ossigeno della vita / nei giorni / bui e tristi. // Solo un po’ di
poesia / chiedo / per sopravvivere ancora / qualche giorno / qualche ora» (Un po’ di poesia). D’altronde per i
poeti la vita si fonda su quel respiro
inesauribile al quale attingere quando manca l’ossigeno; di loro si dice che sono
ispirati perché donano quel respiro e nel processo compositivo fondono il
razionale con l’intuitivo. I poeti, credenti o meno, hanno fede nella Vita con
la maiuscola, tanto che lo stesso Leopardi scriveva: «Dalla lettura di un pezzo
di vera, contemporanea poesia, in versi o in prosa (ma più efficace impressione
è quella de’ versi), si può, e forse meglio (anche in questi sì prosaici
tempi), dir quello che di un sorriso diceva lo Sterne: che essa aggiunge un
filo alla tela brevissima della nostra vita. […]» (Zibaldone, [4450], 1 febbraio 1829).
Alfredo
Alessio Conti appare consapevole che la scrittura esercita una forma di possesso spietata, qualche volta può
essere distruttiva, perché la realtà è filtrata dai versi, ma nel suo caso
interviene il potere della Provvidenza. Egli è teso alla verticalità,
crede nella fede intesa come conoscenza del cuore che oltrepassa il potere
della dimostrazione. I versi e la spiritualità rappresentano le sue gomene
nella burrasca del tempo: «[…] / Lassù / salgono le nostre preghiere. // Lassù
/ si raccolgono i nostri sospiri / e le lacrime di chi si ama. // Lassù / s’avverano
i nostri desideri / e i disegni divini. // Lassù / è magia, è poesia» (Lassù).
La fede nel suo dire si concretizza quasi come un luogo,
un altrove rispetto al quotidiano, che diviene patria interiore, sopperisce al
disincanto, placa il tormento, dona serenità. L’indifferenza è il grande pericolo delle anime tormentate,
ma per l’Autore il cinismo, il mettere la polvere sotto al tappeto, il prendere
un diretto verso la morte è sconfitto dalla Fede. Siamo tenuti a rendere conto
a Dio delle nostre azioni, dei nostri dubbi, delle nostre paure. Il dialogo con
l’Assoluto concede momenti catartici di epifanie esistenziali. E la presenza
divina non è qualcosa di scolastico,
di appreso, nasce prima dell’uomo, è Grazia, soprattutto nei momenti di
assoluta corrispondenza.
Alfredo
Alessio Conti narra in versi una storia che trafigge; conosce e vive la
sofferenza, intesa nell’accezione etimologica, che deriva dalla radice latina sub, ‘sotto’ e ferre ‘portare’, e indica il sopportare, il tollerare, il resistere
a vicende penose. Sembra si senta
impossibilitato a salvare le cose e le persone che ama. Non trova risposte ai
quesiti che ci poniamo tutti da sempre. La sua poesia senza annunci, senza
autorevolezza, con umiltà assoluta, sta dietro alla realtà con ferocia, quasi
in attesa che essa faccia un passo falso per riappropriarsene: «La mia
casa / è disabitata ormai / dai ricordi, dalle presenze / disseminate dalle
assenze / che la vita già conosce dalla nascita / e piano piano / richiuse le
ante / si precipita nel buio assoluto / mentre il cuore langue / nuovi
orizzonti / per chi passeggero / è sceso / alla sua ultima fermata» (Ultima fermata).
E
sento il desiderio umano, affettivo, che prescinde dal ruolo di critico, di
dire al nostro poeta che nella vita spesso bisogna tessere una tela di dolore
per far sì che emerga l’immagine di un sorriso. Le amarezze, le delusioni, la
malinconia non ci tolgono valore e dignità, ci maturano e ci consentono di
prendere coscienza. Sono convinta che i caratteri più solidi siano cosparsi di
cicatrici. L’unica vera
grande sconfitta è la resa; Alfredo Alessio
Conti ha il coraggio di piangere, di sanguinare, di dire le paure, la
solitudine, ma non si arrende: «I rami carichi di neve / si adagiano /
sull’acqua del fiume / paiano che dormano / cullati dalle onde / che si
frangono tra i sassi / che cantano / una dolce ninna nanna / a questo creato /
che ogni giorno si rinnova / in attesa di nuove stagioni / che mai / moriranno»
(Che mai). Questa lirica, che crea un
parallelismo con i miracoli della natura mi sembra che confermi la
tempra di Conti. Nonostante asserisca che «[…] della (sua) tela / la trama / è
disfatta» (La tela), conosce il
segreto del ricucire, è consapevole che per tutti esiste il famoso vaso di
Pandora dal quale si riversano tutti i mali, ma anche e soprattutto la
Speranza. «È apparsa la luna / nella mia stanza / pallida / come la morte. //
Nell’oscurità / s’intesse un richiamo / seppur lieve. // […]» (Nel suo porto).
Il
dolore rovescia il senso della vita, ma può determinare il preludio di una
rinascita. Conti sembra leggere questo messaggio nel creato, non nella propria
storia: «Anni / di solitudine e silenzi / di sofferenze / odiando me stesso / immaginando
/ situazioni irreali / abbracciando ferite / che non si sono mai / rimarginate
/ mi sono messo / in disparte / e tutte le porte / si chiusero» (In disparte).
La silloge è composta con la telecamera
rivolta verso se stesso; può sembrare difficilissimo, perché si rischia di
essere definiti intimi, sentimentali, ma Conti mette a fuoco l’epica del
quotidiano. Si suol dire che gli Artisti possiedano delle antenne particolari
per percepire la realtà e ingigantiscano le cose; in realtà, lo sguardo del
poeta recupera la grandezza delle storie, dei luoghi, delle emozioni; nella
storia del Nostro possono rispecchiarsi quelle di tanti lettori e il suo modo
di comporre va concepito come intimista, ovvero condivisibile.
Mi piace citare una lirica
che nella brevità riassume il focus del versificare di Conti: «Oggi un raggio
di sole / ha trafitto il mio cuore. // Ubriaco d’amore / vacillando / ho chiuso
i miei occhi / sognando / il tuo triste / ritorno» (Sognando). Inevitabile l’accostamento al testo Ed è subito sera di Salvatore Quasimodo: ognuno è fermo e immobile,
solo, nell’illusione di essere il/al
centro della terra, illuminato (ma anche
ferito) da un
raggio di sole: e all’improvviso sopraggiunge la sera (la morte
inaspettata); una
delle poesie più significative ed espressive del nostro premio Nobel.
E come l’uomo delle liriche anche la poesia,
nel passato, era al centro della nostra società, ma con la modernità si è
ritirata ai suoi margini. Io credo che l’esilio di questa Arte si identifichi
con l’esilio del genere umano.
Maria
Rizzi
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Alfredo Alessio Conti (1967, Bosisio, Lc) vive a Livigno
(So). Poeta e scrittore, ha pubblicato le raccolte di liriche: Poesie Amiche (1991), Se il Vento (1993), Nelle dune di Saffo (1994), Avvolto
dal tuo tenero amore (1998), E in
questo mal di vivere (2002), Vivo di
Te (2007), Salmodiando Dio Oggi
(2008), Poesia insensata (2012), Ho un ragno nel cuore e amore i suoi fili
d’argento (2012), Quando un poeta se
ne va (2019), La verità nascosta (2020),
Sulla soglia dell’infinito (2021); e
le opere in prosa: Per una nuova managerialità
nelle istituzioni educative (2007), Studi
teologici giovanili (2012), Pietro e
Paolo: Testimoni di fede e carità (2013), Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato: riflessioni sulla Passione
e Resurrezione di Gesù (2014).
Alfredo Alessio Conti, Tutto è respiro,
prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 64, isbn
978-88-31497-82-4, mianoposta@gmail.com.
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