Sandro Angelucci
ANIME
GRAFFIATE: L’IMPRESA LETTERARIA
DI
MARIA RIZZI
Si
potrebbe tranquillamente parlare di due romanzi in uno a proposito di Anime graffiate, se non fosse che anche
questa definizione finirebbe col risultare inadeguata - come ogni altra -
rispetto alla portata dell’opera in questione.
Maria
Rizzi ha dato alle stampe, nel marzo del 2012, un lavoro straordinario: quello
che non esito neppure un istante a riconoscere come una grande impresa
letteraria.
Chiunque,
si trovi a sfogliare queste pagine, non potrà non sentirsi irresistibilmente
coinvolto nel narrato, a tal punto - mi sia concesso dire - da perdere la
cognizione della propria realtà, del suo stesso vissuto per entrare totalmente
in quello del protagonista.
Ditemi,
dunque, se questo investirsi della parte con tale e tanta partecipazione non è
- già per sé - sufficiente a dare l’idea del climax, dell’intensità emotiva che
questa scrittura riesce ad instaurare intorno al lettore? Ma non è tutto,
perché lo stesso si sentirà capace di dividersi, di rendersi conto delle tante
vite che compongono la sua vita e, nel bene o nel male, la condizionano.
Ditemi
come può un esegeta non restare di stucco, non stupirsi della facilità -
tutt’altro che scontata - con la quale l’autrice scivola, fino a dissolversi,
nella storia?
E ditemi,
infine - per tornare all’esordio - come si fa a circoscrivere ad un genere un
romanzo che è molto più di un romanzo, che forse è un saggio di
disapprovazione, di condanna sociale o, forse, neanche questo; forse è una
finestra che si apre sull’anima, oppure tutte queste cose insieme?
Perciò
l’ho considerata un’impresa letteraria, perché qui s’incontrano la letteratura
psicologica con quella drammatica, la letteratura d’azione con quella ponderativa;
la suspense del thriller con quella (costante) che ci avvinghia alla
narrazione. Non mi dilungherò, pertanto, nel riferimento alla trama, e pochi
saranno i rimandi: m’interessa penetrare nel cuore che - non aggiungo altro -
svolge un ruolo fondamentale, è il cardine che fa aprire la finestra.
Tuttavia,
devo necessariamente richiamare il contenuto per ovvie ragioni esplicative e,
soprattutto, per far meglio intendere cosa volessi dire con quel “due romanzi
in uno”.
L’ispettore Stefano Segni (il protagonista) è incaricato d’indagare su
uno dei tanti casi che riguardano lo sfruttamento della prostituzione minorile
di extracomunitarie che, purtroppo, dilagano nel nostro Paese; la sua
investigazione, però, è aggravata dal fatto che il mandato affidatogli concerne
un omicidio: si, perché una delle giovanissime ucraine (Tania) è in stato
comatoso, che ben presto si rivelerà irreversibile, a causa del forzato uso di
una micidiale mistura di farmaci e droghe sintetiche, con la quale i suoi
aguzzini tentano d’inibirne le resistenze, che la condanna ormai a vegetare. Il
funzionario di polizia è un “uomo separato e dedito al suo lavoro (che) vive da
una parte l’incubo delle giovani vittime dell’infamia e dall’altra la
frustrazione di un rapporto difficile con un’altra adolescente: sua figlia
Valentina” (dal risvolto di prima).
Quando, in
principio, sostenevo la tesi di un duplice racconto era esattamente a lui, alla
sua esistenza che volevo riferirmi, all’impegno e all’impiego di tutte le sue
risorse nel combattere contemporaneamente su due fronti quelle che, solo
apparentemente, sembrano due battaglie diverse mentre, in realtà, sono gli
scontri di un’unica spietata guerra.
Occorre vivere come se fosse importante:
è una provocazione che si ripete frequentemente; bene, quest’uomo non soltanto
raccoglie la sfida, la mette in pratica rischiando in proprio, lottando per uno
scopo che va ben oltre la contingenza degli eventi che, pure, tanto
profondamente lo investono. La sua mèta finale è un’altra: risolvere un caso
non più particolare ma universalmente avvertito; la ricerca disperata di
un’uscita per accedere al luogo desiderato, quello che - ne sono assolutamente
convinto - consiste e si identifica nella realizzazione di se stessi
nell’amore.
Da queste
righe s’eleva un forte grido di ribellione - costantemente mitigato dalla
pacatezza tipica dello stile di chi scrive - ma, comunque, di riprovazione si
tratta, di ripugnante disprezzo dell’ignominia che alberga nei ceti alti della
società; è lì, dietro le giacche dei vestiti firmati, dietro le auto di lusso,
nei parchi blindati di ville sontuose che si nasconde la feccia, è lì che un
potere malato dispone dei corpi e delle anime di chi, per sopravvivere, svende
la propria dignità ed è, a sua volta, per gli stessi motivi, tradita e venduta
dagli affetti più cari.
Ma l’urlo
è anche quello del padre che cerca di riannodare un filo spezzato, che sfonda
la porta dell’incomunicabilità, l’uscio che divide due generazioni: quella,
figlia dello stesso conformismo che genera i mostri contro cui ci si scaglia, e
l’altra, quella disorientata e vulnerabile che si rifugia nei posti sbagliati.
Da
entrambe le invocazioni, un solo, inequivocabile anelito: riallacciare,
ristabilire un contatto dentro e fuori di sé; un’armonia che si credeva, che la
cruda realtà confermava perduta ma che, nel profondo di un cuore, non ha mai
smesso di pulsare
Sandro Angelucci
Maria
Rizzi. Anime graffiate.
Fadia Ed. Castelnuovo Scrivia. 2012.
Recensione
pubblicata sul N° 110 de “LA NUOVA TRIBUNA
LETTERARIA”
Carissimo Sandro,
RispondiEliminacompagno di vita e di vicende 'artistiche'...
Sai bene cosa rappresenta questa tua recensione per me. E' squarcio di luce, sponda su cui posare la valigia di un lungo viaggio, certezza che esistono persone capaci di entrare in simbiosi con i romanzi...e con le teste e i cuori di coloro che li hanno concepiti.
Ti ho creduto da subito. I tuoi occhi e le tue labbra non sanno mentire. E mi sono eemozionata fino a entrare in stato confusionale. Eravamo a Cattolica. Faceva freddo. Io sudavo. Io ero persa nelle tue parole...
Ti porto nel cuore, uomo che dà senso ai valori e non insegue le corone d'Alloro!
Sei balsamo per ogni graffio. Sei IMMENSO!
Maria