Maria Rizzi collaboratrice di Lèucade |
Recensione al romanzo
del napoletano Gianlivio Fasciano,
"La vite e la vela", edizioni Kairòs, 2014
"La vite e la vela", edizioni Kairòs, 2014
a cura di Maria Rizzi
Ho terminato il romanzo di Gianlivio
Fasciano "La vite e la vela" - Edizioni Kairos - e l'ho trovato coinvolgente,
originale, nuovo.
Lo stile, velocissimo, centrifugato, è
un susseguirsi di periodi intagliati con l'accetta delle similitudini, delle metafore e, pur non potendo negare
le tracce di lirismo, ci si trova di
fronte a una scrittura che picchia, lascia il segno, scarnifica la sintassi a
favore dell'intensità espressiva. Il ritmo strizzato non impedisce di seguire
la storia, di carpirne l'ampio respiro storico - si tratta di uno
spaccato dell'Italia che pensa di reagire ai soprusi del potere governativo
tramite la lotta armata - Linda è l'anima del romanzo. La donna
sopra le righe, sotto i luoghi comuni, sopra ogni prevedibilità, sotto la logica... sempre dannatamente convincente. I
suoi improvvisi monologhi sono paragonabili a brevi atti teatrali . E' creatura che sembra
saltata fuori da un romanzo di Italo Calvino. Ma non cammina sul registro
umoristico. E' un'idealista, che disegna i sogni su misura per le circostanze.
Gli uomini che le ruotano attorno, pur ben caratterizzati
dall'Autore, restano figure incapaci di prendere lo slancio. Restano sul
fondale. Apparentemente rivestono ruoli
di fidanzati, amici, datori di lavoro,
"aratri", come Silvan, ma l'unico vero solco dell'intera storia
lo traccia lei.
Linda è intraprendente, succhia la linfa
dell'esistenza, ne aspira le fragranze, insieme alle boccate delle sue Lady, ne
tocca la sostanza.
Rappresenta la 'donna selvaggia e
araba', il vero, splendido Masaniello del romanzo. E Gianlivio Fasciani, alla
prima esperienza letteraria, non ha esitato a lanciarsi in un'avventura simile ai
dedali dei vicoli Spagnoli, nei quali i lettori devono mostrarsi svegli per
tenere il passo. Il passo di una storia che si snoda tra Napoli e Trieste in
una rete fitta di eventi, di incontri, di persone. L'Autore alterna
periodi brevi e incantevoli:
"Lei si scusò. Lui si scusò. Loro si scusano"... con monologhi surreali e di strepitosa
efficacia emozionale. Inoltre, nel concepire il suo romanzo sa indossare l'habitus di
una donna e di una donna vulcanica, come la sua terra. Notevole, pur se
rischiosa, la scelta dell'Autore di lasciare molti termini in dialetto
partenopeo, senza traduzione. Napoli diviene un dipinto in molti scorci del romanzo.
Cito il discorso di Linda a pagina 53: " Quando coglierai l'ironia dei
napoletani comprenderai quanto sia vicina Londra a Palermo. Troverai il
sapore del the in un sorriso, le spezie del medio oriente nei fianchi di una donna,
la felicità in un occhio profondo che zampilla come una vongola verace e ti
spiega con un cartello: sto qua, sono viva e impertinente".
E per dare la scena a "Bella
Napoli", come viene battezzata dai coinquilini triestini la donna,
Gianlivio non esita a sacrificare il sesso maschile, mettendone in rilievo le carenze. Evidenzia
quanto le strutture cerebrali femminili siano più complesse, mentre
gli uomini tendano a essere essenziali,
privi di cambi improvvisi di rotta. Lineari e spesso infantili. E gli uomini del testo di carenze
ne rivelano molte. Mino, pur innamorato della donna,ha tratti quasi infantili.
La vite del titolo, è senz'altro riferita alla sua incapacità di entrare
in un negozio di ferramenta trovare la
vite senza testa da quattro... La 'scatola' in cui è relegato il buon Mino è simile a quelle nelle quali
si lasciano vivere gli altri personaggi:
Ernesto, ignavo datore di lavoro, Giustino, Segretario del Partito, senza spina
dorsale, Silvan, eterno indeciso. Linda non si adatta a una vita che riserva scatole,
che nascondono altre scatole, come nel gioco delle bambole cinesi... Il romanzo sa sorprendere grazie a
improvvise virate e a effetti a sorpresa. L'Autore resta sempre al timone della
'vela', che prende il largo dal mare triestino e che ha il volto , la forza,
l'entusiasmo e la voglia di sognare di Linda.
Maria Rizzi
Centrifugato, mai termine fu più appropriato per definire un linguaggio. Condivido la recensione di Maria, e aggiungo che nel libro ci sono passaggi di pura poesia. Intendiamoci, non è una lettura semplice, perché in sole ottanta pagine condensa tutto. Questo lavoro va letto con la massima concentrazione, non va persa una sola parola. Lettori, non cercate la trama, godetevi il linguaggio, la forza dei personaggi, la bellezza dei monologhi, la forza di Linda, la trama viene dopo, e forse non è neanche importante. Il bellissimo lavoro di Fasciano va gustato come una coppa di cognac che si riscalda in mano venti minuti e poi se ne sente il profumo, non importa se si beve il liquido, importa quanto ti prepari al primo sorso...
RispondiEliminaFasciano è un autore emergente che merita di essere seguito, e dopo la lettura dell Vite e la vela sono molto curioso di leggere i suoi prossimi lavori...
Claudio Fiorentini