Lino D'Amico |
Poesia spontanea, che, avvolta da un alone di semplicità, e da intenti di urgente comunicazione, si distende su uno spartito di plurima significanza. Di forte allusione alla caducità della vita. Non mancano guizzi di metaforicità a fare da scavo ai quesiti del nostro esistere; a volgere sguardi verso panorami privi di silenzi sciapi. Ed è così che i sogni, le illusioni, le delusioni, le rievocazioni, il patema del tempus fugit, e il senso del mistero che ci avvolge si sciolgono in inquietudini esistenziali di generoso impatto emotivo. Di un impatto in cui i palpiti di un alitar di brezza, la notte, i diafani petali di luna, il brivido dell’autunno, e il ricordo dell’ultimo sole d’estate si traducono in visive concretizzazioni di sapidità umana. In un malinconico silenzio che, scorrendo nel sottofondo delle poesie, coniuga speranze smarrite a melodie che hanno sfumature d’infinito. E anche se nel correre delle stagioni riaffiorano sogni ed emozioni di antiche primavere, “il giorno evapora nel nulla/…/ oltre il sussurro di un volo di ricordi”.
Sul
declinar del tempo…
Sul declinar effimero del tempo,
il giorno accelera il suo
andare,
pochi, i profumi speziati di
primavera
e qualche rimpianto celato nel
cassetto
Vorrei fermare il gocciolar dell’attimo
nel tenue effluvio dell’alitar
di brezze
e parlare, senza proferir
parola,
al di là della soglia del mio
dire.
Vorrei vagare, rovistando nel
mio Oltre
e cercare panorami privi di
silenzi sciapi
che partoriscono, distratti, i
sogni,
trangugiati, forse, senza
masticare.
Vorrei frugare tra frammenti
di mistero,
attore… non guitto, e recitare
a braccio
sul palcoscenico delle
emozioni
nella regìa di liberi ideali.
Vorrei… ma forse non è più il
tempo…
vorrei… a ché altri potessero
ricordare…
Il margine della sera
Sospese sul margine della
sera,
le palpebre del cielo piangono
il giorno
che, via via, si tinge del
colore della cenere.
Io dismetto l’abito buono dei
miei sogni
e li affido ai palpiti di un
alitar di brezza,
per
cercare, nella notte, diafani petali di luna
per poter cogliere il brivido
dell’autunno
ricordando l’ultimo sole
dell’estate.
Nel correre imprevedibile
delle stagioni,
fluttuano
briciole che schiumano echi di ricordi
e nel groviglio di parole,
sogni ed emozioni,
le ombre danzano in uno spazio
orfano di colori
fra il gracidare di
ranocchie indifferenti,
il monotono frinire di cicale inoperose
e rosse stelle di mare
intrappolate,
impotenti, sul limitar del
bagnasciuga,
dopo violenta mareggiata
estiva.
Bolle di sapone
A volte il giorno evapora nel
nulla
tra le pieghe di un tempo
caduco,
e corre al di là del ciglio
del passato,
oltre il silenzio di un oblio
lontano,
oltre il sussurro di un volo
di ricordi.
Ascolta voci orlate di malinconia
silenziosa,
accarezza ovattati rimpianti di velluto,
dove un refolo volubile
scandisce l’attimo
nel bagliore policromo di un
lampo
di una fuggevole speranza
smarrita.
Note che non hanno l’accordo
dei sogni
trascinano passi orfani
d’impronte
in una melodia che ha
sfumature d’infinito,
e diluisce, via via, il sapore
delle stagioni
racchiuse dentro effimere
bolle di sapone.
Cenno biografico
Lino D’Amico nasce a Messina nel Settembre del 1937.
|
Si sposa nel 1965 e da quella data fissa la residenza a Beinasco, cittadina nella cintura di Torino dove vive tuttora.
Ha un figlio, due nipoti di 14 e 18..
Professionalmente, per la maggior parte dell’attività lavorativa, si occupa, in qualità
di
responsabile, della
progettazione
di compressori d’aria e relativa impiantistica, operando, sia in Italia che all’estero, presso
una
primaria industria multinazionale svedese.
Dal 1994, data del pensionamento, impegna il tempo libero in quelle attività
che
avrebbe da
sempre
voluto
coltivare ma che gli impegni di lavoro avevano impedito di sviluppare e cioè la lettura, l’ascolto della musica classica, l’informatica ed il volontariato presso la
locale Università della Terza Età dove dal 2011 ricopre La Vicepresidenza.
Dal 2002 inizia a scrivere poesie, che definisce, più modestamente.
“Pensieri” e partecipa a concorsi regionali e nazionali in lingua italiana ed, alcuni, in vernacolo piemontese, conseguendo
apprezzabili riconoscimenti
dalla critica.
Periodici regionali ed antologie di concorsi nazionali pubblicano alcuni dei suoi “Pensieri”.
Nel 2011 pubblica, fuori commercio, il primo libro, nel 2013 il
secondo
e
nel 2014 il terzo rispettivamente
con
i
titoli, “Pensieri in libertà”, “Sillabe di silenzi”, “Parole…"
Poesie scritte con il cuore dove ogni sfumatura lascia percepire una mal celata nostalgia. Il calore umano è, dunque, l'elemento determinante di questi versi.
RispondiEliminaLino! Ti ho ritrovato sul prestigioso blog del caro Nazario con le tue liriche imperniate sul sentimento della 'saudade', ovvero della malinconica nostalgia. Echi di Quasimodo nel tuo tornare sui passi della memoria:
RispondiElimina"Nel correre imprevedibile delle stagioni,
fluttuano briciole che schiumano echi di ricordi",
echi morbidi, dolci, mai sanguigni. Il tuo verseggiare è fluido, come acqua di fonte, come il tuo porgerti, come il tuo dire.
Ma nel fluttuare sai dare ai versi struttura di melodia, grazie all'adozione del timbro, antichissima categoria poetica, rimasta ignota all'estetica classica. Non ti attieni alle leggi metriche, ma grazie al timbro, che muta di continuo, anche all'interno di una stessa lirica, crei la musica che ha tono incerto, meditativo, dolente, provocatorio:
"Vorrei frugare tra frammenti di mistero,
attore… non guitto, e recitare a braccio
sul palcoscenico delle emozioni
nella regìa di liberi ideali"
La patina di arguzia, di canzonatura, lontana dall'invettiva, rende il tuo poetare un album intimo, eppure universale, dei sentimenti.
E' inevitabile immedesimarsi nei tuoi versi, amico caro, così come è inevitabile leggerli scivolando nell'incanto e in momenti di pura commozione. Ti ringrazio e ti abbraccio.
Maria Rizzi