Patrizia Stefanelli |
Claudio Fiorentini: Captaloona |
Un passaggio per Captaloona ?
Sì, grazie.
Di fronte a me un incontro, solo quello
e comincia il viaggio. La risposta ad un andare verso l’ignoto. Un giorno uno
scrittore mi chiese: cominceresti un viaggio senza conoscerne bene la meta?
Dopo un attimo risposi: certo che sì.
Così, Galatea, che ha il nome della ninfa
del mare, cara ad Omero, a Ovidio e a Raffaello, compie il viaggio della
metamorfosi. Quasi da subito attraverso l’incipit, il romanzo mi ha riportata a
Joyce di “Gente di Dublino”, non per la storia ma per la tecnica narrativa che
prediligo. Captaloona è una meta dalle
molte sfaccettature in cui il fuori e il dentro, si intersecano nella trama. Questa
città, ha in sé il logorio della paralisi dei valori e la fuga degli stessi e
dei suoi personaggi che però torneranno. Marc Mullet, torna, portando un futuro
migliore, realizzando il sogno del Santo Asceta e la sua “Verità delle cose” : La via dello spirito che cerca un varco nella
dittatura del sapere indotto.
La fabula e l’intreccio del racconto
seguono la tecnica del flusso di coscienza. Il narratore non è onnisciente e
attraverso il flashback procede semplice
nella sintassi, usa intercalari come: “Mh!”
, fa uso di epifanie ( ad esempio l’ossessione degli specchi) e del punto di
vista. Tutto si dipana attraverso i “movimenti” che l’autore indica all’inizio
di un nuovo capitolo. Egli parla sempre al plurale, a pagina 21 dice : “ … che narreremo”. Sì, perché il suo
ruolo è quello di presentare la realtà del romanzo, nel modo più oggettivo
possibile lasciando al lettore la possibilità di comprenderla attraverso la sua
percezione.
Dunque, qual è la verità delle cose? Dice Mullet: “La verità che ti sbatte in
faccia ciò che sei anche quando non ti piace, e la maldicenza che ti obbliga a
essere quello che non sei sulla bocca di tutti per questioni tue private, e che
ti fa vittima dei loro pregiudizi” . “…dopo un po’ la verità e la maldicenza si
confondono, diventando la stessa cosa”.
E allora bisogna agire, giocandosi il tutto per tutto al fine di potersi
guardare allo specchio senza paure.
In un giorno di pioggia, sembra farsi largo una realtà pirandelliana. In una stanza ci sono un architetto malato, una donna dalla bella voce, un fattorino col suo pacco da Captaloona e la sua ossessione per i call center e i codici in un mondo certificato da IOS…. Ognuno pensa qualcosa di diverso rispetto alla realtà dei fatti ma, il pacco che il fattorino reca, è l’elemento narrativo che unirà la storia , l’introduzione dei presupposti e del suo fantasma.
In un giorno di pioggia, sembra farsi largo una realtà pirandelliana. In una stanza ci sono un architetto malato, una donna dalla bella voce, un fattorino col suo pacco da Captaloona e la sua ossessione per i call center e i codici in un mondo certificato da IOS…. Ognuno pensa qualcosa di diverso rispetto alla realtà dei fatti ma, il pacco che il fattorino reca, è l’elemento narrativo che unirà la storia , l’introduzione dei presupposti e del suo fantasma.
Captaloona è il caos, nella sua
descrizione tutta una serie di negazioni ci portano a ciò che non è più.
Attraverso la figura della portinaia, scopriamo il peccato che non si perdona e
una serie loschi di personaggi insieme
alle riflessioni sulla condizione umana, legata al principio di libertà.
Le ossessioni si rivelano come un fiume
in piena nel parlare della Dott.ssa Lematite.
La cura stessa è la malattia; è
la malattia che cura.
Nell’explicit del romanzo, la morte è l’ordine
di tutte le cose in una polifonia dissonante di voci, nell’intreccio
ingarbugliato della vita. Non racconterò la storia per lasciarvi il piacere di
leggerla e in conclusione, mi viene alla mente il discorso di Tacito, tratto da
"Annales" VI ,22
“Ma io, quando sento
dire queste cose e altre simili resto incerto se le vicende umane si svolgano
per opera del fato e della necessità immutabile oppure per caso. Perciò
troverai discordi i maggiori filosofi antichi e coloro che ne seguono la
dottrina, e troverai che in molti è radicata l’opinione che gli dèi non si
curino della nostra origine, della nostra fine e in definitiva degli uomini; e
che perciò con tanta frequenza le disgrazie capitino ai buoni e le fortune ai
malvagi. Altri al contrario ritengono che il fato trovi corrispondenza negli
eventi, ma non per influsso dei moti astrali, bensì in base ai principi e alle
concatenazioni delle cause naturali; e tuttavia ci lasciano liberi di scegliere
la nostra vita, ma quando la si è scelta, la serie degli eventi che ci
attendono è determinata. Né il male – ritengono – né il bene sono quelli che
pensa il volgo: molti, che sembrano stretti dalle avversità, sono felici e
molti altri invece, pur tra grandi ricchezze, più infelici che mai, se quelli
sopportano con fermezza il peso della mala sorte, e questi fanno un uso
sconsiderato della buona…”
Patrizia Stefanelli
Nessun commento:
Posta un commento