La vite e la vela
Balla Linda, diceva
Battisti in una delle sue canzoni. E io aggiungerei corri, Linda, corri come fai tra le pagine del libro
in cui vivi, continua a correre così, tenue e leggera, forte e appassionata. Un
giorno ci incontreremo e ci fumeremo una bella Lady insieme. Io non fumo, a
dire il vero, ma il gusto di quelle boccate chiare che sanno di vita, sì, lo
vorrei provare insieme a te. Prendi quel treno, non farlo partire, salta su e
comincia. Ricomincia. Io ti sono accanto.
Sono da sempre
un’accanita sostenitrice delle donne. Di quelle donne speciali con l’aura di
zucchero filato, che sprigionano forza, compostezza e dignità da un corpo
fragile o solido, giovane o appassito, lieve come il vapore grigio che sale da
un camino o compatto come tracce di passi nella neve fresca. Sempre più spesso,
le protagoniste dei romanzi più belli sono donne. Ma non donne qualunque. Donne
segrete e svelate, misteriose e accoglienti al tempo spesso.
Sono le donne
raccontate dagli uomini.
È un esperimento
estremamente interessante, perché generalmente le donne di cui ci parlano gli
uomini sono femmes fatales in tacchi alti
e giarrettiera, che tutt’al più dicono “Sì”
o “Ahahahahah!”, più simili ad oche
giulive che a rappresentanti del gentil sesso, munite di frustino e rossetto
carminio. Oppure emergono le rievocazioni materne, quelle figure nostalgiche e
sciatte, coperte da un grembiule a fiori e col volto sporco di farina, tanto caro e
rassicurante a quella fetta di pubblico, generalmente un po’ in là con gli
anni, che si sente a proprio agio solo quando la propria signora è di là, in
cucina, magari a girare la polenta o a sferruzzare una sciarpa perfetta.
Il nostro autore ha
deciso di mettere in scena, invece, una donna vera. Una donna di periferia, che
conduce le redini di una storia che porta ad abbracciare problematiche
importanti e disperatamente attuali. Da un avvocato giuslavorista, non potevamo
non aspettarcelo.
Linda ha i capelli
castani e gli occhi scuri e lucenti. Una corporatura media tendente all’esile e
unghie dipinte di rosa. Così la vedo. Così la immagino. Sa di mughetto, come il
detersivo che usa, perché un profumo vero è troppo costoso per qualcuno, anzi,
per molti; ma lei non lo sa, o magari non se ne cura. Linda guarda avanti e ti
fissa negli occhi, apre il sorriso come petali di un fiore e ride come solo le
donne di Napoli sanno fare. Con il cuore, prima che con la bocca. È una figlia
del popolo, Linda, una donna come tante che ha una storia da raccontare e
sacchetti di patatine nascosti in dispensa, da sgranocchiare davanti alla
finestra aperta. Lavora sorridendo e sognando di poter cambiare le cose, anche
se non se ne rende conto, mentre si spezza la schiena pulendo le scale
calpestate dai passi dei signori che indossano cappelli a falda larga, cloche,
Fedora o Borsalino. Loro con il mento alto, imbellettati e incipriati come
attori di teatro, avvolti in costosi soprabiti e arricchiti da preziosi orpelli. Lei con lo sguardo
basso, dimessa solo nella percezione che hanno di lei coloro che la ignorano.
Linda mi ha ricordato la meravigliosa
Renéé de “L’Eleganza del riccio”,
la portiera sciatta e pigra che nasconde
il segreto di una rara cultura, celata al mondo. La nostra protagonista
è un personaggio simile, che racchiude in uno scrigno il suo ruolo di
proletaria vinta dalla vita, un’anima ricca, seducente e combattiva. È una
donna che non si arrende, che non si lascia vivere, è una ribelle che segue
all’improvviso quella luce che può squarciare il buio, lasciandosi alle spalle
il disordine, la mediocrità dell’assenza e, soprattutto, la rassegnazione. Possiamo cambiare la nostra
vita! Basta rendersi protagonisti e non più spettatori. Basta squarciare quel
velo che ci vuole schiavi di un destino mai assegnato e cambiarlo,
trasformarlo, guidarlo. Dolcemente o con violenza. La prospettiva di un
miglioramento dipende da noi e Linda se ne accorge all’improvviso. Non ha paura
di girare le spalle ad un’esistenza logora, ma la prende per mano e l’accompagna
con amore, sussurrandosi “Mi voglio bene”.
Cambia vita e
cambierà quella di tanti altri, intrecciando la sua storia a quella di
guerrieri senza armi che combattono a mani nude e di uomini e donne che invece si sono
lasciati piegare e vincere dalla rassegnazione e dallo sconforto. Anche loro
vittime del lavoro. Vittime come Linda, come alcuni dei coprotagonisti del
romanzo, come le migliaia di invisibili che ogni giorno combattono per avere un
pezzettino di dignità in una nazione che dispensa briciole spacciandole per
pagnotte.
È un romanzo duro,
quello di Gianlivio Fasciano, uno
scritto di denuncia mascherato da narrazione dalle parole morbide e composte. Fiele coperto di
miele, direi. Cambia la prima consonante, insieme al sapore. Quando lo mandi giù ti
accorgi cosa hai inghiottito, ma non puoi tornare indietro. La vite
e la vela presenta una piaga sempre
più profonda, che macchia di sangue la vita di tutti quei lavoratori che
prestano la propria attività senza tutela alcuna e per pochi spiccioli. I nuovi
schiavi. Donne e uomini che affollano le pagine di cronaca nera per incidenti
evitabili e sordi, vittime senza carnefici, la cui vita vale un risarcimento
umiliante e carico di dolore. La macchina statale non è in grado di tutelare i
suoi figli minori, matrigna crudele che affila la lama nella carne morbida come
una Medea vendicativa e rabbiosa. Non c’è giustizia per nessuno, perché la
morte di Paolo, di Giovanni, di Sara, di Abdel, di Rachida, di Fatima, di Chan,
di Adrian e di Ion non avrà mai un colpevole. Strega famelica, graffiante e
sorda, che gronda sangue dalle fauci lacere, sghignazzando fiera in privato per poi piangere affranta in pubblico o
davanti alle telecamere.
Parliamone,
continuiamo a parlarne, perché la parola è l’unica arma per contrastare quelle
morti bianche dipinte di nero e
imbrattate di rosso.
Tu continua a
correre, Linda. Anzi, fermati. Fermati un po’ con me. Fumiamoci quella Lady che
ci siamo promesse. Le ho comprate adesso, tra le pagine del libro che racconta di te. Dal tabaccaio non
le hanno mai avute.
Valeria Bellobono
Sono d'accordo con te, Valeria. Le oche giulive e le femmes fatales non sono donne vere, come non lo sono le squallide e conformiste sciacquette da cucina. Lasciami dire però che gli uomini che le vogliono e le descrivono così non sono uomini veri. Ogni simile attira il suo simile. Gli uomini veri vogliono donne vere, donne con la spina dorsale. Seducenti, certo; vestali domestiche, indubbiamente; ma soprattutto amazzoni grintose e ricche di personalità, compagne di battaglia con cui poter affrontare le asperità della vita. Come la tua Linda, per l'appunto, "una donna che non si arrende, che non si lascia vivere, una ribelle" alla cui scuola siamo tutti invitati - uomini e donne - per apprendere come si diviene artefici del proprio destino, lasciandosi alle spalle sconforto e rassegnazione. Non ho letto il libro di Gianlivio Fasciano e in merito non saprei cosa dire. Dico però ciò che penso di questa tua suggestiva presentazione: una nota critica eccellente, intrisa di commovente poesia e di muscoluta grinta morale. Grazie e complimenti vivissimi.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Franco, le tue parole mi confondono... grazie mille! Questa è la riprova che la buona letteratura fa davvero bene (il libro è profondo e godibilissimo) e, attraverso attestazioni di stima simili, non si fa altro che accrescere la voglia di andare avanti e continuare. Siamo una squadra stupenda e condividiamo quanto di più bello possa esistere...
EliminaValeria Bellobono
Ho assistito personalmente a questa presentazione di Valeria Bellobono e - come le ho detto in quella circostanza - desidero ora ribadirlo pubblicamente:
RispondiEliminaè così, per quanto mi riguarda, che la critica diventa essa stessa un'opera, gratificando l'autore come meglio non si potrebbe e recando un grande contributo alla creatività letteraria.
Sandro Angelucci
Caro Sandro, io penso che sia uno scambio. La nota critica o la recensione è quanto l'Autore riesce a fare emergere dall'anima del lettore, come se fossero sensazioni risvegliate attraverso il profumo della carta. Grazie per le tue bellissime parole...
EliminaValeria Bellobono
Cari tutti,
RispondiEliminala recensione di Valeria, autentica 'perla' è il frutto della magnifica serata del 13 dicembre alla Libreria Arion Monti, nel corso della quale abbiamo presentato i romanzi di Gianlivio Fasciano e Antonio Moscatello. A questo proposito ritengo doveroso porgere un plauso alla casa Editrice Kairos, che pubblica testi di indubbio valore, meritevoli di occupare posti di rilievo sugli scaffali di ogni libreria. Fasciano e Moscatello si sono rivelati scrittori di autentico talento: innovativo, originale, fantasioso il primo; profondo, intenso, coinvolgente l'altro e lo staff Iplac, che rivoluziona le antiche formule delle presentazioni, coinvolgendo tutti gli amici nelle relazioni, ha dimostrato di dare ancora una volta il tocco vincente alla serata.
Valeria è stata assolutamente meravigliosa. Il suo stile si staglia fiero, poetico, appassionato e dimostra come il critico letterario nasca anche e soprattutto sul campo. Nel ringraziare lei, gli altri relatori e i lettori, ci tengo a ribadire che il nostro è un lavoro entusiastico di puro volontariato!
Un abbraccio.
Maria Rizzi