Nota introduttiva
alla poesia di Marco dei Ferrari
Nella lettura dei versi di Marco dei Ferrari la prima
impressione è quella che dà il via alla comprensione del testo , che avviene
pian piano con aperture improvvise, una parola, un aggettivo, un semplice
riferimento cronologico, spesso un
neologismo strano e curioso , che però nel contesto si fa significante e
pregnante. Sappiamo comunque che la piena interpretazione non è mai del lettore
frettoloso. Pertanto è d'obbligo un approccio che richiede attenzione e un certo
livello culturale. Di seguito scopriamo sentimenti, valori, amore per la storia
, con quella passionalità e onestà di uno che crede nella Poesia come
comunicazione.
Anche in questa poesia "Dei Barboni" il Poeta
tradisce da subito tale sua sensibilità.
E' una sensibilità che si nasconde nel verso spezzato,
affidato a singole parole chiave disseminate qua e là, isolate, come respiri
affannati in un discorso volutamente lasciato incompiuto, privo di connessioni
sintattiche, in uno stile allusivo.
Ormai adusi a questo genere di poesia di Marco dei Ferrari
non ci è precluso il senso delle sue originali composizioni, peraltro sempre
profondo e meditato. In questa che si intitola "Dei Barboni " -
attenzione, non dice "I Barboni" -
leggiamo tutta una città vissuta e vista con occhio critico, eppure talora
affettivamente condivisa. E in questa città apparentemente briosa incontriamo i
barboni.
In loro notiamo la
tipica furbizia dell'accattone, ma con l'
"angelica animosità d'ingegno ripiego"; li vediamo sugli scalini delle chiese, o
seduti per terra nel corso principale affollato...la mano tesa o, più
modernamente , "vicolano trappole
gabbie cubicoli"...e suscitano
tanta angoscia con le loro musiche e canti sfiatati. Intorno ci sono le
vetrine che "penzolano
stracci" dai manichini...e ci sono le luci a illuminare il buio della
notte e a rallegrare le giornate grige.
Incontri abbracci, baci di saluto, allegria....spensieratezza e bontà di circostanza
(" il cuore caligino").
La sensibilità del poeta percepisce tutto lo squallore in
cui è incastonata la misera e invisibile presenza dei "nomadi barboni": "musico musicarsi senza voce" e
"volti desolati...confusi contesi
reclusi". Per loro ci sarà "pietà celeste?"
Tutta la composizione risente di una visione profondamente
partecipata di un ambiente caotico
falsamente festoso, indifferente al vivere e al sopravvivere di questa gente
che da sempre chiamiamo barboni.
Edda Conte
Marco dei Ferrari, collaboratore di Lèucade |
DEI BARBONI
Angelica animosità
d’ingenuo ripiego
invitante gomitola
scagliandosi
carillon barbuto
su logge, bifore, archi, fregi
nomadi barboni
vicolano trappole gabbie cubicoli
a sprofondo d’angoscia
polifonìe di passioni gonfiano piazze
Santi sapienti riverberi
penzolando stracci sottigli
manichini d’impigli
vagabonde isterìe in gualdrappi sparpigli
galeotte smaterie bugiarde
Bellezza lastricata
dolcezza sbattuta a perdersi
tenebra luminosa
cuore caligino
compone barbarismi
sulla tomba scomposta
di rumori amputati
miracolo!
sarcofago lacera sputando
musico musicarsi senza voce
silenzio gocciola rintocchi
nell’androne di volti desolati
a pane per acqua confusi
in pietà celeste contusi reclusi
Marco
dei Ferrari
Feste tradizionali, auguri consueti e retorici, frasi fatte, false, inutili vetrine luccicanti, paranoico incontrarsi angosciosamente festoso…Nella sostanziale indifferenza che non vede e non sente vive- sgomitolano, vicolano, musicano senza voce- un popolo, quello dei nomadi barboni “dolcezza sbattuta a perdersi/ tenebra luminosa/ cuore caligino…”volti desolati, “ contusi” e “reclusi” negli androni…. Un paesaggio umano in cui l’indifferenza vagabonda e isterica non propone più né attenzione né misericordia. Un mondo che alimenta, nella sintesi oscura elaborata dal poeta, la nostra inquietudine. La sapienza dell’uso dei neologismi che assumono un valore espressionistico, colpisce, ferisce il nostro dire convenzionale, la nostra ricerca di armonia, di bellezza, spezzando i tradizionali versi “natalizi” in un ritmo nuovo, analogico, singhiozzante, ambivalente, affannoso, disperato.Il dramma del nostro vivere sazio: chi davvero ha bisogno della pietà celeste?
RispondiEliminaLa magnifica introduzione di Edda Conte accompagna nel miglior modo possibile alla lettura di questa lirica, che spicca stilisticamente per una forma pseudo - ermetica e per il gusto dell'assonanza, di rime scelte con cura e di un linguaggio di alta musicalità. Il contenuto è struggente. Due civiltà convivono sotto i tetti dei cieli delle varie città... e credo che definire 'civiltà' l'universo della mera futilità, del culto dell'inutile, dell'ossessione verso il materialismo, sia un eufemismo. Si tratta, forse, dell'umanità dicotomica, spaccata in due dall'avere, non dall'essere. Marco dei Ferrari parla nei suoi versi 'dei barboni', perchè il genitivo lo aiuta a introdurre le loro vite. E al di là di tutti i concetti elencati con maestria da Edda e da Maria Grazia, nella sua lirica si eleva altissimo il sentimento di pietas, inteso come coinvolgimento, commozione. Una pagina didattica ed emozionante. Grazie di cuore all'autore e alla sua relatrice.
RispondiEliminaMaria Rizzi
È un bene che qualcuno ci ricordi che cosa si cela dietro la magnificenza delle nostre antiche città, dietro logge, bifore, archi, fregi, che ancora disegnano le vie e le piazze, memori di un glorioso passato. È un bene che poniamo attenzione all’umanità dolente che le popola: forse che questa ne imbarbarisce la bellezza? Ma non è piuttosto barbarie la condizione in cui versano gli uomini e le donne costretti a mendicare per vivere? E la bellezza allora è piuttosto lo sfondo su cui maggiormente risalta tale condizione, nel contrasto la rivela e ce ne rende partecipi. Su questo ci fa riflettere, da par suo, Marco dei Ferrari, estimatore e amante della bellezza, ma ugualmente sensibile all’ingiustizia sociale: umanissimo e attento osservatore della situazione attuale, esperto e conoscitore dei fasti del passato, sa creare felici sintesi, pregnanti sinergie, combinazioni sintattiche e fonosimboliche di sicura efficacia.
RispondiEliminaLe profonde interpretazioni che colgono l'essenza del mio indirizzo riflessivo mi invitano ad ulteriori approfondimenti delle tematiche che più mi stanno a cuore (tra cui il sociale nella sua globalità materiale e spirituale).
RispondiEliminaUn particolare grazie a Edda Conte per la sua incisiva introduzione particolarmente pregnante e ricca di contenuti. Un grazie alle altre commentatrici che hanno evidenziato valori inalienabili della persona umana e delle sue vicissitudini esistenziali.