martedì 2 gennaio 2018

P. BALESTRIERE E E.REBECCHI: "IN MEMORIA DI FABIO SANTILLI"

RICORDO DI FABIO SANTILLI












Nota della Redazione
di Pasquale Balestriere e Eugenio Rebecchi

Fabio Santilli, maceratese per parte di padre,  nacque a Roma il 18 giugno 1951. Studioso e amante della satira italiana, riscoprì e ridiede lustro alla figura di Gabriele Galantàra (alias Ratalanga o Rata-Langa), marchigiano di Montelupone vissuto dal 1865  al 1937, giornalista, vignettista e caricaturista politico di grande spessore e di respiro nazionale.
Fabio, nel corso della sua intera vita,  è stato innanzitutto un operatore culturale. Insieme al poeta ed editore Eugenio Rebecchi, suo carissimo amico,  ha organizzate ben diciassette edizioni del premio di poesia “Rabelais”, concorso che aveva come tema “il vino”,  intitolato  appunto al grande  scrittore francese François Rabelais che celebrò le imprese di Gargantua e Pantagruel. La manifestazione nel corso degli anni (dal 1994 al 2010) ha annotato tra i vincitori molti dei più bravi poeti italiani. Riguardava la grafica umoristica e satirica un altro concorso organizzato da Fabio che si chiamò “In vino veritas” e convocò nelle Marche molti vignettisti, umoristi e caricaturisti di valore. Ma quest’uomo in perenne e molteplice attività (mostre, iniziative per la promozione turistica di località marchigiane, ideazione e realizzazione di manifestazioni culturali di vario genere,  pubblicazione di cataloghi, di antologie dei concorsi e di altri volumi, laboratori di comunicazione satirica presso varie università, ecc.) aveva trovato anche il tempo di occupare attivamente la carica di presidente del Centro Studi Galantara e di pubblicare il volume “Segni dei tempi”, che è una “storia d’Italia  nella stampa satirica  dal Fascismo alla Seconda Repubblica (1919-1999)”.
Fabio Santilli, spirito gioioso e libero, infaticabile animatore della vita culturale non solo maceratese,  si è spento il 9 aprile 2017 : lo stesso giorno in cui a Torino chiudeva gli occhi il grande Giorgio Barberi Squarotti.
                                                               

La Redazione

Ricordo di Fabio Santilli
di Eugenio Rebecchi




Castello Pallotta a Caldarola (MC) tanti anni fa: una serata di musica e versi.
Io, appassionato di poesia in tutti i sensi, ero stato sollecitato da Fabio, attento conoscitore della comunicazione, ad esibirmi in una lettura di brani poetici accompagnato da un giovane chitarrista di cui non ricordo il nome.
Fu un piccolo, grande successo se non altro per la novità dell'evento. Sì avevamo costretto i presenti ad ascoltare poesia, non era cosa da poco!
Dopo qualche mese, nacque l'idea del premio "Rabelais". Fabio era un vulcano in eruzione, io ne accompagnavo le fiammate con il mio saggio incedere.
Inventammo un premio di poesia (il "Rabelais", appunto, tema: il vino) che per ben diciassette edizioni, ha raccolto poeti famosi e no in un convivio letterario di forte spessore.
Abbiamo consumato, allora, parecchi ettolitri di vino (qualche ettaro di vigneto ha detto qualcuno!) abbiamo vissuto momenti indimenticabili all'insegna del buonumore e, perché no? della felicità.
È difficile riassumerne le tappe, le interminabili risate, la gioia di stare assieme, l'impegno culturale, la passione per il bello.
Fabio era così: solare ed entusiasta, ottimista e positivo, perspicace custode dell'organizzazione, guardiano di valori che toccano il sentimento dell'amicizia e gli aspetti del vivere assieme per tentare di costruire e dar vita a quel mondo migliore di cui, da più parti, si sente l'esigenza.
Ma il premio "Rabelais" è stato soltanto una parte di quello che lui ed io, creature diverse, per quanto omogenee nell'azione, abbiamo vissuto in tanti anni di scorribande a tutto tondo ed avventure al limite del possibile qualificandoci come Gog e Magog, un binomio di biblica rimembranza, che catturava l'attenzione anche degli scettici.
Fabio, una singolare presenza per chi l'ha conosciuto; un uomo generoso dal sorriso ineffabile con il quale, in ogni occasione, sembrava voler esorcizzare ogni possibile negatività.

L'ingiuria del caso m'è precipitata addosso!
Avvilito, raccolgo ricordi sparsi, ma importanti.
Nell'aria, qui da me, c'è il profumo della primavera
anche se la bella stagione non s'addice al lutto.
Ripenso ai giorni belli, a tutte quelle storie
che hanno avuto l'incanto della creatività.
Tu avresti voluto, ne sono certo, che non fossero
le lacrime protagoniste inutili il giorno dell'addio.
Ma un sommesso pianto sgorga irrefrenabile
per un dolore che sa di sentimento composto,
autentico sentire d'amicizia vera.
E allora brindo, tristissimo e infelice
al tuo viaggio senza più ritorno.
Sono sicuro che tu saresti stato con me
e qualche altro amico a ridere di gusto
per il macabro scherzo della sorte.
Il mio saluto, accorato, ma forzatamente sorridente,
vuole essere un abbraccio fuori tempo massimo,
al limite della realtà, là dove si congiungono
i segni inesplorati di un percorso che è strada
solitaria verso mondi che non conosciamo.
Di noi resta un tempo lieto dal sapore forte
di cui fummo protagonisti per intero,
uno spazio di vita irriverente verso il tragico
agire di una falce manovrata da mietitrice ossuta.
Amico, addio!


Eugenio Rebecchi




6 commenti:

  1. E’ proprio il caso di dire che il tempo vola e spesso miete persone che meriterebbero di continuare ad esistere per la loro generosità culturale e umana. E’ un mistero. Il fatto sta che la morte di Santilli oltre a crearmi dolore mi riporta a memoria i tempi in cui, più giovane, a Macerata ho fatto amicizie poetiche con le quali sono rimasto poi a contatto per anni. Proprio in quel Premio chiamato Rablais, a tema il vino, sono entrato nei dieci vincitori (dai dieci veniva poi estrapolato il primo assoluto), nel 1997 con una poesia intitolata Le vendemmie di Delia, nel 1998 con un poemetto AGAPE DI VINO E POESIA. Ricordo la simpatia e l’umiltà di Fabio Santilli e quella di Eugenio Rebecchi (componenti di Giuria): in quegli anni mi sono soffermato a parlare con loro di vino, di arte, di Premi Letterari, di poesia, di letteratura, ricavandone ricchezza umana e culturale. E non posso certamente dimenticare le luculliane cene che nel castello venivano preparate e servite da volontari con vestiti d’epoca. Si sa che i ricordi sono una brutta malattia, dacché ti rendono il conto, e ti dicono chiaramente quello che hai fatto, e quello che potevi fare e non hai fatto; ma soprattutto ti parlano di amici scomparsi che, con la loro voce, hanno in qualche misura lasciato segni indelebili nell'animo. Restano comunque le immagini di amici fraterni e di grandi persone come quella di Fabio Santilli che formano un grande serbatoio a cui attingere per la vita e per la poesia. Addio, amico!!! Noi siamo qua a ricordarti leggendo le belle poesie che tu hai contribuito ad antologizzare col tuo senso critico; con la tua vulcanica creatività.
    Nazario Pardini

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  2. Interessante e commovente questo post di Pasquale Balestriere e Eugenio Rebecchi con le belle parole-testimonianza di Nazario. Io, come altri, comprendo la strana follia di dedicarsi all'organizzazione di premi letterari. La ricchezza umana che ne proviene è qualcosa che ti arricchisce nello spirito e fortifica, facendoti superare la stanchezza, regalandoti emozioni che non si dimenticano. Spesso ti restano poesie come perle di una collana umana e divina insieme. Memorie come queste aiutano e sostengono l'arte tutta. Complimenti.

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  3. 1
    Le toccanti parole di Eugenio Rebecchi mettono a fuoco la figura di Fabio Santilli, promotore culturale a tutto tondo, instancabile e fecondo.
    Per dire dell’importanza del premio “Rabelais” (ultima edizione 2011), cito i nomi di un congruo numero di vincitori ( ce n’erano almeno dieci - a pari merito- per ogni edizione, tra i quali un vincitore assoluto), alcuni (o molti) dei quali ben noti a chi scrive e partecipa da qualche tempo ai concorsi letterari; e chiedo scusa per le omissioni, ché troppo impegnativo sarebbe stato l’elenco completo, non avendo sottomano tutti i dati necessari. Ed ecco i nomi: Ines Betta Montanelli, Miranda Clementoni, Anna Maria Farabbi, Paolo Polvani, Paolo Sangiovanni, Luciano Erba, Dante Maffia, Sandra Cirani, Ivano Mugnaini, Gianluigi Sacco, Antonio Chiades, Annamaria Ferramosca, Roberta degl’Innocenti, Nevio Nigro, Gianni Rescigno, Pier Franco Uliana, Maurizio Cucchi, Antonio Spagnuolo, Elena Clementelli, Alfredo di Marco, Angelo Lippo, Luciano Luisi, Maria Luisa Spaziani, Loriana Capecchi, Gennaro Grieco, Domenico Cara, Fryda Rota, Francesco Paciscopi, oltre agli amici Nazario Pardini e Francesco Mattera. Si tratta di voci poetiche di sicuro interesse e di provata bravura.
    Quanto a me sono stato sei volte tra i vincitori e una volta ci siamo pure incrociati, Nazario ed io, senza peraltro avere il destro di fare conoscenza; altrimenti la nostra amicizia sarebbe di più lunga data. Il fatto è che, immediatamente dopo la cerimonia di premiazione, si affondava in un interminabile, ma piacevolissimo, convivio (spesso all’Enoteca Regionale delle Marche a Offida), al quale partecipavano molte persone, oltre ai poeti premiati, agli organizzatori e ad altri promotori del Premio (in una di queste occasioni calcolai più di 150 convitati): sicché si finiva per socializzare solo con i commensali più prossimi e allegramente si libava con i vini marchigiani e si prestava la dovuta attenzione alle portate, rendendo i giusti meriti a chi aveva organizzato in modo così cordiale e opulento la serata. E tra i lunghi tavoli disposti a pettine, come un antico simposiarca si aggirava un sorridente Fabio Santilli (così lo voglio ricordare!), controllando che tutto funzionasse nel modo dovuto e alimentando con qualche parola o battuta il gradimento dei commensali per la serata.
    Una volta Fabio mi disse, per telefono:”Sai, Pasquale, Gog e Magog siamo io ed Eugenio: io sono Gog, lui Magog, per la stazza”. Ebbene -lo dico qui pubblicamente per la prima volta, anche se in privato l’ho riferito a qualche amico - io ho un debito di riconoscenza verso Gog e Magog, cioè verso il Premio Rabelais: le prove di poesia sul tema del vino richieste dal concorso hanno nel corso del tempo riportato alla luce tutta una mia esperienza di vita, prima quasi rifiutata e rimossa, che si è composta nella silloge “Del padre, del vino”, pubblicata,con prefazione di Nazario Pardini,per aver vinto il premio “Il Portone”.
    Pasquale Balestriere (segue)

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  4. Perciò il mio saluto a Fabio, ora un po’ triste, ora gioioso, è costituito da una di quelle poesie che egli ha, senza saperlo, contribuito a far venire alla luce.

    CONVIVIO AL RABELAIS
    ( Brindisi con lacrima )

    Damigella
    tutta bella
    versa, versa
    quel bel vino;
    fa che cada
    la rugiada,
    distillata
    di rubino.
    ( Gabriello Chiabrera)

    Qui a Offida
    ci s’affida
    al convivio
    pazzerello,
    sempre quello
    che al declivio
    sensoriale
    senza scampo
    ci conduce.
    (E’ già il quarto,
    senza infarto!)
    Ciò che vale
    in tanta luce
    è gioire
    a tutto campo.


    (Avresti mai pensato,
    padre, che un giorno questo
    figlio, qui, tra poeti
    rubicondi sedesse?
    E disamava i campi
    e non beveva vino
    e solo qualche volta
    riluttante aiutava
    in opere di terra
    quell’estenuato vecchio
    ch’eri tu, alle viti
    abbrancato, alla vita.)


    Qui a Offida
    si confida
    nella gloria
    del bicchiere
    che, specchiato
    cantiniere,
    offre gioia
    di bottiglia.
    Gozzoviglia al-
    l’enoteca
    la poesia
    nazionale.
    Ogni stilla
    è allegria
    di papilla,
    è bacheca
    intellettuale.

    (Ma la mia conversione
    per equissima nemesi
    m’inchioda alla tua croce,
    con te sempre presente
    per sapide memorie
    nei miei carmi di vino.
    E ancora ruota il falco
    e scrive nette ellissi,
    sempre con ala ferma.)

    C’è chi schiude
    il grifo atroce
    scuccumando
    senza posa
    e chi allena
    la sua prosa
    conversando
    sottovoce;
    e chi allude
    o sa il nome
    del poeta
    vincitore
    (ma il profeta
    spesso sbaglia).
    Quanto ardore
    nell’addome
    vien dal vino
    grato e fino!
    Di sentori
    una flottiglia,
    in bottiglia
    flutti d’ori.


    (Ed anche il tralcio secco
    mi ricordo che dalla
    vite, padre, spiccasti
    con ruvido fendente
    di falcetto. C’è un tempo
    per la vita, dicesti:
    il resto è niente. Tienilo
    da conto. E perciò brindo,
    levando in alto il nappo
    d’Offida Passerina.)

    Evviva il vino,
    biondo bambino,
    vivo rubino.

    Pasquale Balestriere







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  5. Non ho conosciuto Fabio Santilli - più di qualche incontro edificante, purtroppo, nella vita ci sfugge - ma conosco e mi reputo amico di Eugenio. Per questa ragione, sono qui a ringraziarlo perché, indirettamente, mi ha fatto dono della sua amicizia per Fabio, che ora sento anche mio amico.
    "Fabio, una singolare presenza per chi l'ha conosciuto; un uomo generoso dal sorriso ineffabile con il quale, in ogni occasione, sembrava voler esorcizzare ogni possibile negatività.": soltanto queste parole sarebbero sufficienti; per non parlare dei versi, sentitissimi e commoventi, che ho letto: "Il mio saluto, accorato, ma forzatamente sorridente,
    vuole essere un abbraccio fuori tempo massimo,
    al limite della realtà, là dove si congiungono
    i segni inesplorati di un percorso che è strada
    solitaria verso mondi che non conosciamo.".
    Grazie Eugenio: sono persone come voi che fanno ancora sperare. Ciò che avete fatto - stanne certo - non andrà perduto. Con stima ed affetto,

    Sandro

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  6. Sono commossa quanto gli amici che mi hanno preceduta da questo tributo a Fabio Santilli, la cui immagine viva, irridente e dolce salta fuori dagli scritti dei due amici, Pasquale Balestriere ed Eugenio Rebecchi. Entrambi non si limitano a ricordarlo, gli donano la vita postuma , che spetta ai grandi, tramite i loro splendidi tributi, che sono diretti a un amico vivo. Ecco, l'aspetto struggente e intelligente di questa pagina, credo sia proprio nell'evitare l'epitaffio, la commemorazione. Fabio, che tanto avrei voluto conoscere, è ancora con noi, con i suoi compagni di viaggio di sempre. Sembra sorridere sornione alle loro liriche. Non esiste modo più valido per rendere omaggio a chi ci ha dato un arrivederci. I cileni salutano i loro cari con un rito lungo e sereno nel corso del quale danno il 'benvenuto' al loro caro che li abbandona solo momentaneamente. Vorrei ringraziare ancora i due amici, in primis, e tutti coloro che solo intervenuti, dando a questo Artista, che mi sembra di conoscere il 'benvenuto'!
    Maria Rizzi

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