Carla De Angelis. Mi
fido del mare. Fara Editore. Rimini. 2017. Pgg. 112. € 10,00
Cerco il posto che mi spetta nel cerchio
La luna invidiosa della tua
bellezza
quella notte si posò accanto al tuo
lettino
rubò qualcosa di te
basterà la vita per ritrovarlo?
Questa
la poesia incipitaria che già ci fa da guida, con effetti di levatura simbolica, nel percorso immaginifico-creativo di Carla
De Angelis. La plaquette, editata per i caratteri di Fara Editore nel giugno
del 2017, con il suo verbalismo ammiccante e generoso, si sviluppa su una
versificazione varia e articolata, nel tentativo di agguantare gli input
emotivi di un animo vòlto a
concretizzare il magma delle emozioni. Il messaggio, nuovo, moderno, ora concreto ora lanciato coi suoi
spasimi oltre una grammatica di tradizionale positura, si ciba di iuncturae sinstetico-allusive
che dànno corpo e fragranza al dettato
poetico. E tante le emozioni, tanti gli azzardi verso orizzonti marini, verso
altezze che superino i limiti degli umani ma sempre partendo da un dire di
quotidiana misura; magari ricorrendo ad un memoriale che aggiunge freschezza e
intimità al procedere del canto: perdersi nel cielo, dare un senso alla
giornata, risvegliare rimorsi e ricordi, cercare la luna, il mare, ripescare
semi di speranza, magari dopo aver provato la gioia di esser tristi, è un tutt’uno di
un realismo lirico che ti prende e ti fa
suo; sì, si perde facilmente la Nostra in un infinito di stelle e di orizzonti
marini, ed è umano, tanto umano volare oltre le aporie del quotidiano verso
alcove che rigenerino il nostro esistere; e non è fantasia come scrive la De
Angelis, “è uno squarcio tra i raggi del sole”; è un prendere nota di dare e
avere per scendere “solo dove si nasconde un
fascio/ di ricordi”. Questa poesia spesso ha bisogno di spazi e si
affida ad una stesura di prosastica levatura, tanto è il sentimento che sgomita
dentro per uscire a nuova vita; per guardare fuori e non sempre all’interno;
per ritrovare quella parte di noi ritrattata in spazi senza fine con affondi di
metaforicità di intrusione visiva:
(…)
Mille
motivi per tenere uno zerbino alla porta
per
asciugare piedi di mare e lacrime di sale.
Il
mare, sì, con tutta la sua portata umana e ultra; quale simbolo più vicino al nostro
esistere? È il mare che con il suo movimento ci dà l’idea della nostra
inquietudine; è il mare che con i suoi illimitati confini si fa simbolo della
precarietà dell’umana vicenda; è il mare che con le sue lontananze rappresenta le
aspirazioni dell’umano vivere… Forse la Poetessa si fida proprio del mare
perché lo vede amico, vede in esso quegli spazi che la completano, che le
offrono l’idea della bellezza e della sofferenza della vita, dacché Ella è
cosciente della pluralità dell’esser-ci; di tutte le sfaccettature che questa
irripetibile avventura ci propina:
(…)
poi lentamente o di corsa
con amore o con rabbia
l’eco della vita sarà inferno
o paradiso
Nazario
Pardini
E le Opere introdotte da Nazario non andrebbero commentate, ma il mare è un'attrazione irresistibile, anche per l'Autrice, anche se giustamente attribuisce a questo elemento inquietudine e precarietà. In effetti il mare è il simbolo dell'imprevedibilità umana. Si può amare, ma nella consapevolezza del suo continuo mutare. Fidarsi è camminare sul filo di un equilibrista senza rete. Credo che la plaquette di Carla De Angelis sia un tributo al mare e, al tempo stesso alla vita, un atto squisito di fiducia nella libertà e nei suoi rischi. Un testo coraggioso e originale. Grazie infinite a Nazario per la sua infaticabile dedizione e alla Poetessa che non ho il piacere di conoscere.
RispondiEliminaMaria Rizzi