domenica 18 febbraio 2018

N. PARDINI E EDDA CONTE: "CENERI. LA POETICA DI MARCO DEI FERRARI"




Marco Dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade


"Ceneri"  Di Marco dei Ferrari

Ci troviamo  di fronte  ad una serie di vocaboli ed espressioni che aprono immagini orrifiche e desolanti. Poesia  oltremodo scarna- direi scarnificata,  in perfetto accordo con l'argomento-; un singhiozzo ripetuto nei versi.
Qui Marco dei Ferrari ha rinunciato a quella sottile intelaiatura sintattica che altrove guida il lettore a una  condivisa comprensione .
"Ceneri" lascia soli davanti all'immagine della morte nelle sue terrificanti forme. Morte  non solo come cenere della vita, ma come trionfo della fine, su ogni cosa, dall'uomo  con i suoi valori, alla bellezza, all'arte. Qui non ci sono zombi che sorgono dalle tombe, ma il Tempo che continua l'opera sua indifferente e distruttiva, davanti ai "buchi", ai "rifiuti", alle "condanne credule"...davanti  a corpi  avvolti nelle bende, a  volti "petrofili da colori",... ovunque sulla terra, nell'occidente cristiano come nel mondo degli "orecchini a pregare".
Le ceneri  non sono la fine di tutto, c'è qualcosa di più terrificante: l'avidità dell' uomo , che non si sottrae al sacrilegio di depredare la mummia dei suoi tesori.
In questa poesia c'è una visione più che amara del destino dell'uomo, la fine della vita che non ha la consolazione di un aldilà.
L'uomo è come polvere. Forse è proprio questo che porta al Poeta sofferenza e desolazione, nel tormento di una esacerbata sensibilità.


Edda Conte



Marco Dei Ferrari si presenta a Lèucade con la sua nuova e originale poesia che, comunque, conferma il suo stile convulso, agitato, ritmico, segmentato; una vera grandinata di sintagmi che buca il tessuto dello spartito; che esalta la forza espressiva dando al verbo un valore intrinseco che supera l’ordine canonico della etimologia sintattica. Questo è il suo modo di porsi: un dire originale e strettamente personale tramite il quale è riconoscibile a distanza. Basta ascoltare il tuono, la rumorosa cascata dei singhiozzi anaforici, il susseguirsi di voli e svoli, di rampicate e discese, di frenate e ripartenze che danno all’insieme un senso di frenetica turbolenza meditativa. Sì, il poeta non è che voglia uscire, di proposito, dalle sabbie mobili del solito dire dalla positura nostalgica di fiorellini e belvederi,  o da una poesia di stampo prosastico che grande peso ha avuto negli ultimi tempi; no!, non di certo si prefigge di andare al di là di tali canoni estetici, ma quello che partorisce è solo e soltanto il subbuglio di un  animo in fibrillazione, una realtà consonante, uno spontaneo ardire che non fa altro che parlarci di lui uomo, di lui poeta, di lui paroliere sempre in ritardo sul groviglio emotivo che gli rimugina dentro. E tutto con grande spontaneità. Quindi  una lente d’ingrandimento il suo occhio: fissa la realtà, la ingrandisce, la trasforma, e la consegna alla rielaborazione di un animo a volte sorpreso dal transito di tali visioni; disarticolato nel trovare i volumi adatti a contenere tanti ingrandimenti: scalee d’acque, rifiuti sfuggiti, condanne credule, fenditure d’alati, tenebri poveri, s’avvoltano bende, facce ch’allusse afferri, rasi piedi, flotti bruti, petrofili da colori, pali s’arruffano deserti, a pregare orecchini, infioriti di mummie, codifiche che predano.
Una corsa di echi rimbombanti su pietre e su marmi che trova il riposo in ceneri di dismessi calori.

Nazario Pardini  



CENERI

Rigerminare residui
sperano buchi
scalee d’acque
cadersi diabolici
marciano al Tempio
s’arrestano al tempo
rifiuti sfuggiti
condanne credule
fenditure d’alati
tenebri poveri
s’avvoltano bende
facce ch’allusse afferri
rasi piedi
flotti bruti
petrofili da colori
scolorano caserme
pali s’arruffano deserti
a pregare orecchini
infioriti di mummie
codifiche che
predano


7 commenti:

  1. Ceneri: un titolo che è simbolo e metafora. La metafora delle ceneri (figura del pensiero) gioca un ruolo strutturale nel discorso poetico, diviene quasi il centro generatore di esso, la forza simbolica dell’immagine metaforica sulla quale la lirica si misura e respira crea corrispondenze, analogie. Una specie di drammatica dolorosa partitura musicale.
    Dice peregrinazione, legata a solitudini, residui, buchi, bende, tutto il senso di precarietà, dolore, dei soggiorni provvisori, di difficoltà a scrivere e lavorare, pregare e vivere…. ma dice anche il suo rifiuto ostinato dei modelli di vita rassicuranti, borghesi. Esprime vigorosamente la sua anima ribelle. Un tema che ossessiona.
    Ceneri" lascia soli davanti all'immagine della morte nelle sue terrificanti forme. Assistiamo qui all’ingresso a una nuova figura del discorso, quella della allegoria: la metafora muore come tale e si apre all’interpretazione dilatata che unisce il concreto del quotidiano che si spoglia del contingente ed approda al generale della vita, al suo senso, benché riposto, esaustivo, il Tempo che continua l'opera sua indifferente e distruttiva, davanti alle "condanne credule"...davanti a corpi avvolti nelle bende, ",... ovunque sulla terra. Il pensiero ha trovato la sua forma, la sua partitura. Una sfida lanciata alla consuetudine, al perbenismo, alle forme accettate, un’impresa di rivolta e di coraggio, di denuncia.
    Doppio il binario su cui si muove. L’Autore aspira alla verticalità, all’ascesi, sia nella poesia che nei rapporti umani ,abiura al corpo, zavorra terrestre, caserme, pali deserti, cercando una nuova geografia dell’assoluto. L’ espressione - in un linguaggio originalissimo, spezzato,- pur accettando le varianti basse, popolari, riesce a raggiungere musicalmente con la sua voce solista spezzata la difficile armonia delle sfere del sublime. Si apre così all’attenzione del lettore la seconda linea di ricerca espressiva: l’ immortalità (rigerminare, sperare), l’ immemorabilità,(mummie), l’ inseguimento dell’anima del poeta il cui compito è di "elaborare il visibile per servire l'invisibile.

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  2. Precedo l'Autore, mio carissimo amico, nel suo doveroso ringraziamento a Maria Grazia Ferraris per questo suo commento a "Ceneri".
    La Ferraris legge e interpreta questa non facile composizione come solo una studiosa e scrittrice del suo calibro può fare. Trovo in questo suo scritto conoscenza e partecipazione, sensibilità e acume grandissimi, anche nel penetrare l'animo" dell'uomo-poeta.
    Senza conoscerlo ne intuisce il tormento esistenziale , la personalità "unica" in un mondo di omologazione.
    Desidero complimentarmi ancora una volta con te, carissima straordinaria Ferraris! E' sempre un grande piacere leggerti.
    Edda Conte.

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  3. Scontato il grazie per gli illustri commentatori, ma da sottolineare la magistrale interpretazione che amplifica ogni orizzonte poetico e intravede scenari di angolazioni imprevedibili. Ogni commento infatti si intreccia nel progetto spirituale di dimensioni sfuggenti all'umana comprensibilità personale. Plaudo altresì all'elevato livello di approccio che Nazario Pardini, Edda Conte e Maria Grazia Ferraris mi inspirano in risvolti nuovi

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  4. Attraverso questa breve, ma incisiva, composizione Marco dei Ferrari ci propone la visione di un mondo devastato dall’assuefazione a gesti ed abitudini acritiche: una raffigurazione dai contorni sempre più nitidi di verso in verso, che acquisisce energia parola dopo parola e va gonfiandosi come un uragano. Ne emerge un’immagine lugubre, direi quasi esangue, che avvince e al contempo inquieta, allarma e sconvolge. Una sorta di disillusione sembra inabissare il poeta nella rassegnazione. Tuttavia, nonostante il disincanto, si avverte che il poeta non sarà risucchiato nell’abisso, perché la sua è, sì, una denuncia, ma anche un anelito alla resurrezione.
    In questa composizione, ancor più che in altre, il linguaggio rarefatto e gli appropriati neologismi onomatopeici ed evocativi, caratteristici di Marco dei Ferrari, riescono ad esprimere tutte quelle emozioni che il poeta stesso riesce a far emergere dai più profondi reconditi dell’animo.

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  5. Attraverso questa breve, ma incisiva, composizione Marco dei Ferrari ci propone la visione di un mondo devastato dall’assuefazione a gesti ed abitudini acritiche: una raffigurazione dai contorni sempre più nitidi di verso in verso, che acquisisce energia parola dopo parola e va gonfiandosi come un uragano. Ne emerge un’immagine lugubre, direi quasi esangue, che avvince e al contempo inquieta, allarma e sconvolge. Una sorta di disillusione sembra inabissare il poeta nella rassegnazione. Tuttavia, nonostante il disincanto, si avverte che il poeta non sarà risucchiato nell’abisso, perché la sua è, sì, una denuncia, ma anche un anelito alla resurrezione.
    In questa composizione, ancor più che in altre, il linguaggio rarefatto e gli appropriati neologismi onomatopeici ed evocativi, caratteristici di Marco dei Ferrari, riescono ad esprimere tutte quelle emozioni che il poeta stesso riesce a far emergere dai più profondi reconditi dell’animo.

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  6. Difficile dire ancora qualcosa dopo le parole di Nazario Pardini, Edda Conte, Maria Fantacci,Maria Grazia Ferraris: magistrali interpretazioni per un Poeta che scava sempre più nelle possibilità della parola per portare alla luce tutte le implicazioni di un concetto, di un termine, di un’idea. In “Ceneri” Marco dei Ferrari allude, suggerisce, evoca, zone morenti, già defunte o vicine alla morte, fino a inficiare la nostra stessa fiducia in un’evoluzione positiva del Pianeta e dell’Umanità tutta.
    Tuttavia c’è la vitalità di quel credo poetico che lo spinge a scrivere, a esprimersi, a comunicare: parole pregnanti che portano nel significante tutta la profondità dei significati e ci riportano alla vera essenza dell’Umano. Come se il Poeta volesse gridarci, nell’estrema sintesi e allusività del testo poetico, come se volesse urlarci un invito: “Restiamo Umani!”

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  7. Difficile dire ancora qualcosa dopo le parole di Nazario Pardini, Edda Conte, Maria Fantacci e Maria Grazia Ferraris: magistrali interpretazioni per un Poeta che scava sempre più nelle possibilità della parola per portare alla luce tutte le implicazioni di un concetto, di un termine, di un’idea. In “Ceneri” Marco dei Ferrari allude, suggerisce, evoca, zone morenti, già defunte o vicine alla morte, fino a inficiare la nostra stessa fiducia in un’evoluzione positiva del Pianeta e dell’Umanità tutta.
    Tuttavia c’è la vitalità di quel credo poetico che lo spinge a scrivere, a esprimersi, a comunicare: parole pregnanti che portano nel significante tutta la profondità dei significati e ci riportano alla vera essenza dell’Umano. Come se il Poeta volesse gridarci, nell’estrema sintesi e allusività del testo poetico, come se volesse urlarci un invito: “Restiamo Umani!”

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