CANZONE FROTTOLA
Amore ed amicizia, stesso seme
accomunati dal bene, e da affetto,
ma l'un conduce al letto, e l'altra
al mare
senz'ombra di malizia alcuna.
Teme
ben poco, ma se poi geme un soggetto
e inizia a far l'occhietto
dolce, amare
le cose da affrontare... e si confonde
a volte, tra le onde del presente.
Si sa, spesso si mente, chè
d'altronde
vergogna si diffonde
sul viso, e poi ti piglia un
accidente,
non capisci più niente, e
all'improvviso
tra un luccichio di stelle immaginario
s'accentua il gran divario
tra questa e quella cosa, senza
avviso.
E resti come un allocco in disparte,
facendo la tua parte, come un
grullo...
un povero citrullo che sorride
e appare persin sciocco.
D'altra parte
non puoi fuggir su Marte, o render
nullo
(oppur fasullo) un sentire che
uccide
il ragionare e stride col reale.
Diventa plateale il gioco,
allora,
non basta certo un'ora, ché fatale
è l'attrazion che sale.
E senti che già dentro ti divora
-e un poco ti addolora- quel
richiamo,
da cui non puoi fuggire, e intanto
rugge
l'amore che ti strugge
e attorno a cui il pensiero fa ricamo.
Nascosto nel silenzio è l'imbarazzo,
vien fuori in uno sprazzo di follia,
in una poesia, o in un rossore...
amaro come assenzio, e quasi pazzo
diventi. A razzo parte l'aritmia!
Vorresti fuggir via, o stare ore
ad ammirare il fiore tuo proibito,
se con un gesto ardito poi lo sfiori
appena, t'innamori all'infinito...
Ti pare, con un dito,
di toccare il celeste, e altri colori,
e palpitano i cuori, tutto gira
intorno ad essi, e s'apre la prigione.
Stavolta la ragione
dovrà tacere, mentre il vento spira.
Ma bussa alla tua porta quel suo
dire,
e va verso il finire l'illusione,
non basta una canzone a fare luce
sull'idea che riporta l'imbrunire,
e raffredda l'ardire. L'emozione,
travolta da tensione, ancor seduce,
però dove conduce? A tutto o al
nulla?
Ma dentro non si annulla
alcuna cosa.
Da tempo non son sposa e non
mi culla
nessuno a sera. Brulla
è adesso la mia vita, si riposa
sopra una polverosa rimembranza
che ormai è solo cenere, ma rido
e alla Pietà mi affido,
ché so amar solo se non ho speranza.
E viene meno anche la
parola...
cara figliola qui occorre una
cura,
sei preda dell'oscura cupidigia!
Guarda il sereno cielo,
farà scuola
la nube sola che, benché sia
scura,
passa senza paura, e poi da
grigia
diventa chiara e, ligia, lascia
spazio
all'azzurro. Che strazio questo
inferno,
mi porta inverno dentro... non mi
sazio
(e certo non ringrazio)
di un impetuoso rogo sempiterno,
dell'anelare eterno dietro a un
vetro!
Saltello come lepre messa in gabbia,
cantando amore e rabbia...
Che dice chi mi guarda? "Vade
retro!"
L'amor non si comanda, e non si
crede
a ciò se non si vede! Ed io
approfitto
adesso del conflitto che mi scuote,
non rispondo a domanda che richiede
(anche se in buonafede). Sempre
dritto,
mi lancio a capofitto tra le note
di fantasie remote, e
sopravvive
la mia mano che scrive, e mai
s'arresta
dinnanzi alla funesta sorte. Vive,
cantando dalle rive
dove il fiume d'amore già si appresta
ad affrontar tempesta, e incauto
scorre
lungo il suo corso, e ingloba il desiderio
(benché senza criterio),
ma muto, nelle vene, impazza e corre.
Nadia Milone
Grazie professor Pardini per avermi concesso questo grande onore. E grazie a Maurizio Donte per i suoi preziosi insegnamenti e per il suo costante supporto.
RispondiElimina