Antonio Spagnuolo |
La “Poetica degli argini” in Canzoniere dell’assenza di Antonio Spagnuolo
Mi sembra un bluff tutta la
mia vita,
sfuggita come un battito
d’ali,
perché non resta nulla oltre i
ricordi,
affievoliti dei giorni
monotonamente eguali…
ho bleffato nel recitare i
versi
di queste mie poesie fuori
misura,
ed ora bleffo per non cadere
in mano
tra gli artigli del dubbio
dell’eterno (Bluff)
Antonio Spagnuolo: Canzoniere dell'assenza. Kairos Edizioni, Napoli, 2018 |
Giorni
che fuggono improrogabilmente senza alcun rispetto per il patrimonio che ci
portiamo addosso. Saudade, tristezza, melanconia, insonnia, amore; memoria a tu per tu col tempo per sottrarre
alla voracità dell’oblio immagini fresche e febbrili che tornano vive sotto la
penna della creatività di un animo in pena. Canti in morte di donna Elena: vita, répêchage,
conflittualità di amorosi sensi, di dolci illusioni, di eros e thanatos, di
aerea sensualità, di concretezza emotiva, tenuti in ballo da chi vive e rivive
momenti di trasporto vitali; giochi di intrecci esistenziali. Canzoniere, ma
dell’assenza. Partire da qui significa andare da subito a fondo nell’erotico
messaggio di un aggancio a ciò che rimane: flash di fatti, di incontri, di
sospiri, vertigini di “questa estrema forma di dolore” per Elena, moglie,
madre, amante, tutto; fonte di esistere, di sogni, di tocchi, di trasporti carnali,
di cavalcate fra frammenti di cielo, fra incontri
di lune memori di abbracci.
Ma ora a pugnalare il cuore resta una memoria
infaticabile, un continuo martellare la
mente, un apparire incessante di sogni, di follie, di parole come gioghi
d’edere, di fulmini d’autunni; e rimbomba il ripetersi di favole, di mani
delicate; ricordi, ricordi; solitudini:
(…)
Quell’angolo di mondo che ci
apparteneva
raccoglie la mia solitudine,
mentre ancora trasparenze
incidono
le ciglia profonde di ricordi.
(Ricordi)
È
nell’assenza che la realtà si fa immagine, che il fatto si tramuta in ideale,
che il passato riprende energia, alimentato da folgorazioni di stati d’animo
per tradursi così in serbatoio fresco e potente per il canto. Naturalmente deve
esserci il verbo cotto a puntino, disposto a piegarsi al volere dell’animo,
pronto a farsi volume visivo e incisivo del sentire, abbraccio desanctisiano
per la compattezza della forma. Ed è per questo che definirei la poesia di
Spagnuolo la “Poetica degli argini”. Un fiume che corre impetuoso verso il
mare; che si porta dietro brandelli di
sponde, profumi di sorgente, “tempi di magnolie”; che ingrossa a dismisura la
sua portata “dove i ricordi spezzano le lune”, ha necessità impellente di
argini robusti, di sponde rafforzate, di spinte di venti tramontani, per far
scorrere tanto flusso emotivo; per consegnare al mare o tenere nel letto tanta
energia tracimante. E il nostro poeta è prima di tutto un linguista; un
giocoliere della parola; un attento conoscitore della grammatica lirica, della
sintassi versificatoria, della morfosintassi prosodica, insomma. E la poesia
non è da tutti; diceva Croce che ognuno di noi fino a quindici anni scrive
poesie; da là in poi solo i poeti lo fanno. Poesia non significa di certo fare di una narrazione
prosastica un “poema”, magari infarcendola di parole sconce, e provocatorie per
renderla più ancora realistica; non esiste modernismo, postmodernismo,
intimismo, neorealismo o tira via; esiste solamente LA POESIA: non ha di certo
regole, dacché è libera come un cavallo selvatico, pazzo, ma come tutti i
cavalli selvatici non può sbattere contro una muraglia, non può correre più
delle sue forze, non può affogare in un
fiume in piena, non può smarrirsi nella palude di selve impervie e
impraticabili, ma deve ascoltare il suono degli zoccoli, il battito del cuore, il profumo delle erbe, e l’odore della femmina
che chiama e confonde; e la poesia ha dei principi fondanti da rispettare che
poi sono insiti nella sua origine: musicalità,
rispetto e competenza del verbo e del verso. La parola è tutto, con la sua energica significanza, con il suo ambito tonale, con la sua forza immaginifica;
con la plasticità e proporzionalità del verso che tiene in sé la coscienza
della misura, per cui non può permettersi
di andare a capo a piacimento; è la sua melodia, la sua sonorità a dargli
l’input della mutazione; sentimento, passione, memoriale, sinfonia, immagini,
verbalità… sono alla base del canto. E tutto questo nella poetica “Degli
argini” di Antonio Spagnuolo; un poeta che è nato tale ma che ha saputo e
voluto lavorare per dare la possibilità all’ingegno di trovare la strada da
imboccare. Sì, tutto questo nel Canzoniere di Spagnuolo con l’aggiunta, però,
di quei naturali accorgimenti che lo rendono plurale: sinestetici allunghi, metaforici congegni, figure di
iperbolica vertigine che permettano al verbo di andare oltre il senso,
di toccare il sacrosanto mondo dell’arte con un apporto simbolico che raggiunge, nella poesia che
segue, il culmine della liricità; quello della scossa inventiva dove il 1° e l’8°
endecasillabo (sfumato questo ultimo in un accorto enjambement) e il 5°
dodecasillabo offrono lampi a cielo aperto; una vertigine di antitetico
connubio fra amore e dolore; fra ombra e
chiarore; fra la luce di un ricordo e la sottrazione della morte:
1) Il golfo accenna appena il suo cristallo
2)
nel
segno dei gabbiani, finché lo sguardo
3)
insegue
il tramonto nel pallido guizzo della spuma.
4)
Scompare
l’azzurro anche dei sogni
5)
nell’incerta
melodia che tra le note
6)
come
un gioco nuovo riprende desideri.
7)
Il
vento leggermente ti scompiglia la chioma
8)
nell’impazienza
che assottiglia il ritmo
9) delle attese. Se il nido riflesso di
risacca. (Golfo)
Un
canzoniere fatto di fughe e ritorni; di distanze e discese:
Distante dalla primavera torni
per disincanti
In questa mia paura del
dubbio…
scendo ai frammenti del tuoi
nome…
di
abbracci e penombre:
Avverto ancora il tuo
abbraccio che mi avvolge
nella penombra…
di
nebbia e mistero:
Rosea nel muovere la nebbia
della notte
l’ascella del segreto, che tu
offrivi
nell’ombra delicatamente…
per
concludersi in Stupore:
Vibra ancora una luce
nell’attesa
mentre le spade incidono
macerie…
Tra il cuscino ed il lume
ascolto lo stupore
che spacca quasi tutto il
mondo,…
Nazario Pardini
Nessun commento:
Posta un commento