mercoledì 14 febbraio 2018

N. PARDINI LEGGE: "CANZONIERE DELL'ASSENZA" DI A. SPAGNUOLO

Antonio Spagnuolo

La “Poetica degli argini” in Canzoniere dell’assenza di Antonio Spagnuolo

Mi sembra un bluff tutta la mia vita,
sfuggita come un battito d’ali,
perché non resta nulla oltre i ricordi,
affievoliti dei giorni monotonamente eguali…
ho bleffato nel recitare i versi
di queste mie poesie fuori misura,
ed ora bleffo per non cadere in mano
tra gli artigli del dubbio dell’eterno (Bluff)

Antonio Spagnuolo: Canzoniere dell'assenza.
Kairos Edizioni, Napoli, 2018


Giorni che fuggono improrogabilmente senza alcun rispetto per il patrimonio che ci portiamo addosso. Saudade, tristezza, melanconia, insonnia, amore;  memoria a tu per tu col tempo per sottrarre alla voracità dell’oblio immagini fresche e febbrili che tornano vive sotto la penna della creatività di un animo in pena. Canti in   morte di donna Elena: vita, répêchage, conflittualità di amorosi sensi, di dolci illusioni, di eros e thanatos, di aerea sensualità, di concretezza emotiva, tenuti in ballo da chi vive e rivive momenti di trasporto vitali; giochi di intrecci esistenziali. Canzoniere, ma dell’assenza. Partire da qui significa andare da subito a fondo nell’erotico messaggio di un aggancio a ciò che rimane: flash di fatti, di incontri, di sospiri, vertigini di “questa estrema forma di dolore” per Elena, moglie, madre, amante, tutto; fonte di esistere, di sogni, di tocchi, di trasporti carnali, di   cavalcate fra frammenti di cielo, fra incontri di lune memori di abbracci.
Ma ora a pugnalare il cuore resta una memoria infaticabile, un  continuo martellare la mente, un apparire incessante di sogni, di follie, di parole come gioghi d’edere, di fulmini d’autunni; e rimbomba il ripetersi di favole, di mani delicate; ricordi, ricordi; solitudini:

(…)
Quell’angolo di mondo che ci apparteneva
raccoglie la mia solitudine,
mentre ancora trasparenze incidono
le ciglia profonde di ricordi. (Ricordi)

È nell’assenza che la realtà si fa immagine, che il fatto si tramuta in ideale, che il passato riprende energia, alimentato da folgorazioni di stati d’animo per tradursi così in serbatoio fresco e potente per il canto. Naturalmente deve esserci il verbo cotto a puntino, disposto a piegarsi al volere dell’animo, pronto a farsi volume visivo e incisivo del sentire, abbraccio desanctisiano per la compattezza della forma. Ed è per questo che definirei la poesia di Spagnuolo la “Poetica degli argini”. Un fiume che corre impetuoso verso il mare; che si porta dietro  brandelli di sponde, profumi di sorgente, “tempi di magnolie”; che ingrossa a dismisura la sua portata “dove i ricordi spezzano le lune”, ha necessità impellente di argini robusti, di sponde rafforzate, di spinte di venti tramontani, per far scorrere tanto flusso emotivo; per consegnare al mare o tenere nel letto tanta energia tracimante. E il nostro poeta è prima di tutto un linguista; un giocoliere della parola; un attento conoscitore della grammatica lirica, della sintassi versificatoria, della morfosintassi prosodica, insomma. E la poesia non è da tutti; diceva Croce che ognuno di noi fino a quindici anni scrive poesie; da là in poi solo i poeti lo fanno. Poesia non  significa di certo fare di una narrazione prosastica un “poema”, magari infarcendola di parole sconce, e provocatorie per renderla più ancora realistica; non esiste modernismo, postmodernismo, intimismo, neorealismo o tira via; esiste solamente LA POESIA: non ha di certo regole, dacché è libera come un cavallo selvatico, pazzo, ma come tutti i cavalli selvatici non può sbattere contro una muraglia, non può correre più delle sue forze, non può affogare in  un fiume in piena, non può smarrirsi nella palude di selve impervie e impraticabili, ma deve ascoltare il suono degli zoccoli, il battito del cuore,  il profumo delle erbe, e l’odore della femmina che chiama e confonde; e la poesia ha dei principi fondanti da rispettare che poi sono insiti nella sua origine: musicalità,  rispetto e competenza del verbo e del verso. La parola è tutto, con  la sua energica significanza, con  il suo ambito tonale, con la sua forza immaginifica; con la plasticità e proporzionalità del verso che tiene in sé la coscienza della misura, per cui  non può permettersi di andare a capo a piacimento; è la sua melodia, la sua sonorità a dargli l’input della mutazione; sentimento, passione, memoriale, sinfonia, immagini, verbalità… sono alla base del canto. E tutto questo nella poetica “Degli argini” di Antonio Spagnuolo; un poeta che è nato tale ma che ha saputo e voluto lavorare per dare la possibilità all’ingegno di trovare la strada da imboccare. Sì, tutto questo nel Canzoniere di Spagnuolo con l’aggiunta, però, di quei naturali accorgimenti che lo rendono plurale: sinestetici  allunghi, metaforici congegni, figure di iperbolica vertigine   che permettano al verbo di andare oltre il senso, di toccare il sacrosanto mondo dell’arte con un apporto  simbolico che raggiunge, nella poesia che segue, il culmine della liricità; quello della scossa inventiva dove il 1° e l’8° endecasillabo (sfumato questo ultimo in un accorto enjambement) e il 5° dodecasillabo offrono lampi a cielo aperto; una vertigine di antitetico connubio fra  amore e dolore; fra ombra e chiarore; fra la luce di un ricordo e la sottrazione della morte:

1)    Il golfo accenna appena il suo cristallo
2)    nel segno dei gabbiani, finché lo sguardo
3)    insegue il tramonto nel pallido guizzo della spuma.
4)    Scompare l’azzurro anche dei sogni
5)    nell’incerta melodia che tra le note
6)    come un gioco nuovo riprende desideri.
7)    Il vento leggermente ti scompiglia la chioma
8)    nell’impazienza che assottiglia il ritmo
9)    delle attese. Se il nido riflesso di risacca. (Golfo)

Un canzoniere fatto di fughe e ritorni; di distanze e discese:

Distante dalla primavera torni per disincanti
In questa mia paura del dubbio…
scendo ai frammenti del tuoi nome…

di abbracci e penombre:

Avverto ancora il tuo abbraccio che mi avvolge
nella penombra…

di nebbia e mistero:

Rosea nel muovere la nebbia della notte
l’ascella del segreto, che tu offrivi
nell’ombra delicatamente…

per concludersi in Stupore:

Vibra ancora una luce nell’attesa
mentre le spade incidono macerie…
Tra il cuscino ed il lume ascolto lo stupore
che spacca quasi tutto il mondo,…


Nazario Pardini

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