venerdì 10 aprile 2020

MAURIZIO DONTE: "PIANGER MI FAI"



Maurizio Donte,
collaboratore di Lèucade










Pianger mi fai

Pianger mi fai, tu che non torni al nido
e resti in ombra dove amor non vale,
mentre in silenzio innalzo al cielo un grido,
per quel che viene e mi fa tanto male.

Non verrà forse più per te un Natale,
un'alba ancora sullo stesso lido;
per tutti culla, e a tutti un dì fatale
è questa terra che oramai non sfido.

Resta tesa dall'una all'altra parte,
solo l'idea che chiama tutti al volo
verso speranze senza mai certezza

e così chiamo, anche se resto solo,
la nuova mano che mi dia le carte
per non restare qui, nell'amarezza.


Come una fiamma

Come una fiamma in alto si consuma
nel declinar del Vespero la sera,
così tu passi, candido di schiuma,
nell'aria intorno, mentre il cielo annera.

Così ti cerco dove si frantuma
il sogno avuto che giammai si avvera,
d'avere in te difesa che non sfuma
in questo triste tempo che dispera.

Padre mio, tu eri fragile da tanto
e non avevi che un sorriso spento:
un'ombra di timore onnipresente

che non riuscivo a sollevare intanto
che i giorni se ne andavano nel lento
scorrere delle angosce sul presente.


Ora dormi

Ora dormi e concedi a me riposo
da questo male in cuore che tormenta,
come una luce di una fiamma spenta
a cui i miei occhi più levar non oso.

Ormai sei solo un soffio vaporoso:
una cara memoria che diventa
riparo quando il mondo mi spaventa.
Tu dormi là, nel campo silenzioso,

dove non giunge alcun affanno e cura
e pace eterna altrove ai nostri giorni
in modo sconosciuto si misura:

né più sarai turbato da paura
oltre il finito, né vedrai i contorni
dell'angosciante tempo che perdura.

Lascia ch'io pianga

Dimmi se amore poi lo muti in pianto
nell'alba che ricerca il divenire,
quand'anche il tempo fugge e va a finire
dove la notte chiude in sé l'incanto.

Tu pensavi che fosse eterno e santo
quell'ieri in cui ricerchi ancora il dire,
sapendo un giorno lui dovrà morire
e] di quanto avevi non avrai altrettanto.

Lascia ch'io pianga il mio sognare infranto,
quando nell'ombra se ne va a svanire
il desiderio di riaverlo accanto.

E sì, vorrei (ma non mi può esaudire)
parlargli sai, per dirgli ancora tanto,
ma la sua porta non la posso aprire.




4 commenti:

  1. grazie Professore, buona Pasqua a tutti voi

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  2. Questi inediti di Maurizio Donte sono un trittico che evoca subito commozione , per il senso della sofferenza personale che tuttavia assurge a intima partecipazione al dolore universale, nel tempo della passione di Nostro Signore.
    Nelle tre poesie il pensiero della morte è sempre presente; la sofferenza del Poeta trova sbocco nell'espressione ripetuta- lascia ch'io pianga-, a cui seguono pensieri di riflessione dolorosa, conclusi nell'amarezza dell'impotenza di fronte alla morte.
    Ognuno di noi si sente orfano alla scomparsa dei genitori, tanto più se questo avviene nella drammatica circostanza che oggi stiamo vivendo: disumano è il distacco che acuisce il dolore della perdita.
    Con alate parole e accurati versi il Poeta esprime nei tre sonetti il dramma del figlio che nella solitudine del cuore si rivolge al padre:
    "Pianger mi fai ,tu che non torni al nido.......Padre mio...tu eri fragile da tanto/ e non avevi che un sorriso spento.....Ora dormi e concedi a me riposo....Ormai sei un soffio vaporoso/ una cara memoria che diventa/ riparo quando il mondo mi spaventa. /.....
    Lascia ch'io pianga è un refrain di dolore , ma suona anche come ricerca di consolazione.
    Con i sensi di sincero cordoglio esprimo a Maurizio Donte anche la mia ammirazione per la sua bravura di poeta della tradizione classica.
    Edda Conte

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  3. Questi inediti di Maurizio Donte sono un trittico che evoca subito commozione , per il senso della sofferenza personale che tuttavia assurge a intima partecipazione al dolore universale, nel tempo della passione di Nostro Signore.
    Nelle tre poesie il pensiero della morte è sempre presente; la sofferenza del Poeta trova sbocco nell'espressione ripetuta- lascia ch'io pianga-, a cui seguono pensieri di riflessione dolorosa, conclusi nell'amarezza dell'impotenza di fronte alla morte.
    Ognuno di noi si sente orfano alla scomparsa dei genitori, tanto più se questo avviene nella drammatica circostanza che oggi stiamo vivendo: disumano è il distacco che acuisce il dolore della perdita.
    Con alate parole e accurati versi il Poeta esprime nei tre sonetti il dramma del figlio che nella solitudine del cuore si rivolge al padre:
    "Pianger mi fai ,tu che non torni al nido.......Padre mio...tu eri fragile da tanto/ e non avevi che un sorriso spento.....Ora dormi e concedi a me riposo....Ormai sei un soffio vaporoso/ una cara memoria che diventa/ riparo quando il mondo mi spaventa. /.....
    Lascia ch'io pianga è un refrain di dolore , ma suona anche come ricerca di consolazione.
    Con i sensi di sincero cordoglio esprimo a Maurizio Donte anche la mia ammirazione per la sua bravura di poeta della tradizione classica.
    Edda Conte

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