CAROLA
INFOSINI
EPIFANIE DELL'INCREDIBILE
Quarta di copertina |
L'autrice – giovane
istruttrice equestre – dissemina di indizi le pagine precedenti l'inizio del
suo narrare che ci indirizzano verso le tematiche del libro: titolo,
sottotitolo, breve nota autobiografica, dedica. Epifanie dell'incredibile (Europa
Edizioni, Roma 2020), titolo simbolico, è l'estrema sintesi delle
fenomenologie psicologiche che avvengono all'interno di ciascun vissuto dei
personaggi, in particolare di quelli femminili. Il termine 'epifania' deriva
dal greco 'epifàino', verbo che significa “mi rendo manifesto” e dal
sostantivo 'epifàneia', ovvero “manifestazione, apparizione, venuta”.
L'epifania, a livello interiore, rappresenta la nascita psicologica, la quale
può avvenire solo a seguito della presenza e del riconoscimento dell'altro:
soltanto mediante il contatto con chi è al di fuori del mio io posso percepire
me stesso e scoprire la mia vera identità. E' ciò che avviene nelle storie
esistenziali del libro, come approfondiremo tra poco. L'incredibile, secondo
la mia esegesi, potrebbe essere l'atteggiamento di stupore che tutti abbiamo
quando incontriamo eventi di cambiamento radicale, chiamati anche metamorfosi o
metanoie, per dirla con un termine filosofico: meraviglia che appartiene prima
di tutto a chi vive in prima persona la propria mutazione. In campo letterario
una 'metamorfosi incredibile', ma in senso negativo, è quella di Kafka che, nel
celebre racconto La metamorfosi – appunto - ad un risveglio
mattutino si trova trasformato in un enorme insetto ma con intatta la lucidità
di pensiero. Il sottotitolo “Un tuffo
in un burrone e un atterraggio in cielo aperto” rafforza e chiarisce i
concetti precedenti: il prima e il dopo; dall'inferno al paradiso; dalla
caverna di Platone all'aria aperta e quindi dall'inconscio alla coscienza; dal
non-essere all'essere; dalla speleologia della vita psichica alla positività
degli ideali, dei progetti, degli obiettivi; dal non senso alle ragioni di
vita; dalla malattia alla salute; dalle paludi ristagnanti ai giardini
profumati; dal vagare in balia degli istinti all'essere sé stessi con forza di
volontà e personalità. E mi piace terminare questi stati bipolari con
l'immagine più bella della 'conversione': dalla “selva oscura” fino al verso
finale della prima cantica della Divina Commedia, “ed uscimmo a riveder le
stelle”. Ma abbiamo anche una dichiarazione dell'autrice, la quale in sostanza
afferma che i suoi personaggi rispecchiano lei e in lei convivono tratti di
tutti loro: scopriamo così le componenti autobiografiche e memoriali del libro
(Proust, Alla ricerca del tempo perduto), rese al meglio grazie alla
capacità d'introspezione della nostra giovane esordiente, traendo anche dai
suoi vissuti e dalle sue problematiche interiori spunti narrativi. Si rinnova,
d'altra parte la famosa 'confessione' di Flaubert: “Madame Bovary c'est
moi”, che aveva aperto la strada all'interpretazione soggettiva dell'opera
letteraria. Ancora merita attenzione la dedica, nell'economia della lettura
critica, così esplicita da non richiedere commenti: “A tutti coloro i quali non
hanno mai mollato / quando le loro ali sono state tarpate e, / proprio come
l'Araba Fenice, sono sempre risorti / dalle proprie ceneri dopo essere caduti /
davanti ad un ostacolo”. O meglio, un solo verso lapidario tratto dai Sonetti
di Shakespeare: “ … e morta Morte / più non m'accadrà morire”, cioè se
elimino la mia morte interiore non sarò un morto vivente, ma una persona
veramente viva: questo è uno dei messaggi più forti di Epifanie
dell'incredibile.
Da
quanto detto finora è facile intuire che il lavoro della scrittrice appartiene
al genere del romanzo psicologico che – nella storia letteraria italiana
– vede la luce a cavallo tra Ottocento e Novecento in ambito decadentistico,
dopo il passaggio dal romanzo storico tipico del Romanticismo risorgimentale,
al romanzo sociale specifico del Verismo meridionale. L'esponente di maggior
spicco è quell'Italo Svevo (La coscienza di Zeno – 1923) che fu anche
paziente di Freud: il contributo delle ricerche psicanalitiche fu fondamentale,
ed infatti ancora oggi – quindi anche in questo libro – l'influsso di quelle
scoperte è determinante. Si indaga tutto quel mondo che appartiene alla parte
sommersa dell'iceberg, il quale emerge in superficie solo per un decimo della
sua altezza: gli altri nove decimi non si vedono ma esistono, eccome, e fanno
parte di noi stessi. Narrare – come fa la nostra autrice – la psiche dei
personaggi e imbastire trame intorno alle loro problematiche, non è per nulla
facile. Infatti è raro riscontrare in una giovane all'opera prima, maturità
stilistica e contenutistica tale da rendere sulla pagina scritta vicende e
storie – con sfondi ambientali e paesistici spesso lirici – catturanti
l'attenzione del lettore, senza il rischio di tediarlo con dissertazioni troppo
tecniche. In Epifanie dell'incredibile fa capolino anche l'influsso di
Pirandello, soprattutto per le tematiche dell'identità, delle maschere e della
vita anarchica e irrazionale che ribolle dentro di noi come un vulcano, ma che
nascondiamo perché condizionati dalla morale comune, dalle regole sociali,
dalle convenzioni artificiose; viviamo così con una doppia personalità che ci
impiglia in ragnatele e cristallizzazioni esistenziali che ci tengono
prigionieri, e quindi non siamo liberi. Nel capitoletto dedicato a Lilly, Pirandello
viene citato, dunque l'autrice ne è cosciente, ed incontriamo così anche altri
personaggi che vivono tali dinamiche interiori.
Personaggi e trame che il lettore
scoprirà da sé nei particolari, mentre in questa recensione vi suggerisco
ancora spunti per riflettere, pescando qua e là nel testo denso di significati.
Il libro mi ha ricordato il film Ragazze interrotte, tratto dal romanzo
autobiografico di Susanna Kaysen: le somiglianze con Chloe, Rebecca, Iris,
Bianca, Lilly, Irene stanno nella difficoltà ad essere 'normali', nei travagli interiori, nelle esperienze
traumatiche del passato, nelle memorie confuse, nelle catene intime, in certi
tipi di dipendenza, nei problemi della vita amorosa e sessuale, nei
condizionamenti familiari ed ambientali, nelle rimozioni ed inibizioni e nei
complessi di personalità comunque disturbate. Le differenze – che ci aiutano a
capire meglio le tipologie di Epifanie dell'incredibile – risiedono
invece nello spessore drammatico e del disagio, poiché le ragazze del film sono
ricoverate in una clinica psichiatrica con serie forme di psicosi, mentre le
ragazze del nostro racconto hanno sì problematiche psicologiche, ma vivono in
società insieme agli altri e, sebbene nel romanzo avvengano un omicidio ed un
suicidio, tali episodi non influiscono negativamente sul loro cammino di
rinascita, ed è proprio questo uscire dal tunnel che non appartiene alle altre
del film, se non a Susanna Kaysen, l'autrice di Ragazze interrotte.
Altro motivo interessante, più volte sottolineato dalla scrittrice, è il
contrasto tra ragione e sentimento, due poli della costituzione umana spesso in
lotta fra di loro e che creano lacerazioni in alcuni personaggi, che sono
sempre indecisi, nelle loro scelte, a chi dare ascolto: se alla razionalità
logica o all'istintivo irrazionalismo degli impulsi. Un cenno a due figure
maschili, in quella che sembra essere una storia di donne, pone il cosiddetto
'sesso forte' in posizione di sconfitta: Harry si costruisce una corazza
razionale in cui si chiude per raggiungere le sue mete; vive in un mondo
mentale lontano dalla realtà e dagli altri e, quando s'accorge che il suo
castello di carte sta per cadere, si toglie la vita, che non ha più per lui
alcun senso. Liam, bello, attraente, seduttore, sposato con amanti, non riesce
tuttavia a costruirsi un nuovo nucleo d'affetti, interrompe ogni rapporto dopo
aver consumato le avventure sessuali. L'autrice lo abbandona per strada,
tuttavia è lui il protagonista delle scene più piccanti, raccontate con
maestria, eleganza, senza volgarità, sebbene non siano assolutamente usati
termini eufemistici. E, a proposito di stile, non trascuriamo lo 'humor'
sottile che trovo scorrere in quasi tutte le narrazioni.
Lo scenario complessivo che Carola
Infosini crea è in gran parte dedicato alla condizione delle ragazze nel pieno
delle loro crisi. Se ci limitassimo a ciò apparirebbe un campionario di gente
che vive la vita in modo epidermico, superficiale; l'immagine di un'umanità
alquanto dispersa e sbandata, quindi infelice; ed anche un quadro societario
privo di punti di riferimento, modelli, maestri di vita che guidino verso mete
ideali, ed in effetti sarebbe un quadro realistico poiché sono note le carenze
educative delle nuove generazioni: padri o famiglie assenti, valori ignoti,
vita sociale da branco, frustrazioni e mancanza di prospettive. Ma gli ultimi
due capitoletti del libro segnano una svolta decisiva: c'è una presa di
coscienza verso un cambiamento di vita, spinto dall'insoddisfazione
esistenziale. “Chloe, Rebecca, Iris, Lilly, Irene e Bianca hanno iniziato il
loro percorso … disponendo di un buon potenziale in ciascuna di esse che … ha
in un primo momento faticato ad evolversi ...”: così scrive quando si accinge a
realizzare una sorta di bilancio del romanzo, intitolando Da bruco a farfalla tali pagine e “Che fantastica
storia è la vita”- citando Venditti – l'epilogo verso il riscatto. Ora si
potrà andare anche più avanti, addirittura alla ricerca della felicità che,
certo non sarà semplice come quella di una poesia di Trilussa (“C'è un'ape che
se posa / su un bottone de rosa: / lo succhia e se ne va … / Tutto sommato, la
felicità / è una piccola cosa”), ma più intensa e profonda, poiché proveniente
dal dolore.
Enzo Concardi
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