Maria Rizzi su “I giorni della
neve” di Loredana D’Alfonso – Edizioni Tracce
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Maria Rizzi, collaboratrice di Lèucade |
La Silloge della
mia amica LoredanaD’Alfonso, edita dai tipi di Tracce, nella collana Scritture
e Orizzonti, diretta da Francesco Paolo Tanzj, mi vede in grave ritardo, anche se ne ho
seguito passo passo la nascita e il concepimento delle varie poesie. Il virus
ci ha impedito l’incontro e ho ricevuto il testo solo adesso. L’emozione nel vedere la copertina, alberi spogli nella neve
alta, un inverno della natura e dell’anima; nel leggere la dedica alla cara,
illustre Poetessa Maria Grazia Calandrone, "A
Maria Grazia Calandrone che ha ravvisato nei miei semplici versi la dignità
della Poesia", intrisa dell’umiltà che caratterizza l’Autrice nella
vita e nell’arte; e soprattutto la dedica al marito, che ho conosciuto e per il
quale ho provato sincero affetto: “A
Carlo, / perché tutti i teatri del Cielo gli aprano le porte”, straordinario tributo all’amore
per la recitazione del compagno di una vita… che mi è sembrato di veder rappresentare
Pirandello. Miller, Eduardo nei campi dell’Eden…dicevo, l’emozione è stata
simile a una vertigine. Non sono riuscita a frenare la commozione. E ho preso
atto che scrivere della Raccolta di un’Amica così intima, sofferta, autentica,
non è storia facile. Si perde il distacco necessario per essere obiettivi, per
leggere senza sentirsi dentro alla storia, sedotti dall’empatia. La Silloge nasce, come spiega
con coraggio e inimitabile capacità critica ìil prefatore Sandro Angelucci, da
un trauma violento, la scomparsa improvvisa di Carlo a soli cinquattotto anni.
Loredana in pochi minuti l’ha visto scivolare via dalla propria esistenza. Ha
preso atto che il tempo è come un fiume, fino a quando il destino lo concede ci
si nuota serenamente, ma nel percorso può avvenire di essere sommersi da un
muro liquido che travolge e crea l’impatto con il dolore. In apparenza è solo
strazio. Non si accetta l’idea di un riscatto, di un ritorno. Il tempo racconta
quanto gli amori riescano a restarci vicini. In altra dimensione, certo, ma si
rifiutino di allontanarsi… Non ci è dato sapere come sia il Cielo che abitano, ma
conosciamo a fondo la casa, e scopriamo che restano lì, per proteggerci,
rasserenarci, continuare ad amarci.
La lirica che introduce la Silloge spiega la scelta
della neve, di un tempo maligno, che
spoglia gli alberi di ogni
speranza.
“Erano
i giorni della neve
Voraci. Crudeli.
Voragine si aprì nella mia strada” - tratti da “I giorni della neve”
.
La cara Loredana sboccia in
Poesia con sette versi duri come sassi, che ripercorrono le prime ore dello
strazio. Autobiografia, certo, ma anche inizio di quella che viene comunemente
detta catarsi, e che Sandro definisce con la sua maestria, lievito per crescere
nei mesi dell’elaborazione del lutto. E mentre scrivo prendo atto del luogo
comune contenuto in questa frase, il lutto non si elabora, si vive ogni giorno,
si scrive nelle pagine del paese dei ricordi, si consuma come pane, il cui
‘lievito’ aiuta a rinascere. La
Silloge è un dono toccante, ma anche una rivelazione.
Loredana viene alla luce in Poesia, dopo anni da scrittrice di prosa e indossa
un abito che sembrava attenderla da sempre. Se fosse stata solo catarsi le
liriche avrebbero avuto carattere intimo e il senso di provvisorietà che
accompagna queste fasi dell’esistenza, invece i versi sono intimistici,
condivisibili e soprattutto poderosi. La cifra stilistica dell’Autrice è nuova,
originale, in parte ermetica, di una forza espressiva straordinaria. Lei cerca
l’osso dei versi, per rifarmi ancora al prefatore, Maestro e amico, scarnifica,
riduce, sottrae e rivela un’essenza che è vigorosa come tempesta di immagini,
di colori, di sensazioni.
“Tunnel
nero.
Capanno di ferro e fumo.
Fumo di brace spento,
Di fuoco consumato.
A terra cenere fredda
E cocci di care stoviglie.
Buio ovunque.
Ma dai vetri rotti
Forzano
Giochi di luce
Impigliati nella polvere” - La lirica
“Tunnel”
Già nelle prime liriche si
evince la volontà di risorgere, di lasciare che dalla ‘cenere fredda’ si levi
l’Araba Fenice. L’Autrice comprende che esiste qualcosa di più grande della
morte, la presenza degli assenti nel tempo dei vivi, la loro volontà di vederci
coraggiosi. E nei suoi occhi da cerbiatta, velati dalla malinconia, sembra
danzare una fiamma agitata dal vento. I versi nascono da soli, bussano alla
porta della sua coscienza, e sono cesellati come diamanti. L’Arte, talvolta, ha
bisogno dei periodi di dolore per palesarsi e il caso di Loredana ne è la dimostrazione.
Lei mentre vestiva la Poesia
continuava ad asserire che si trattava di una fase di transizione, che presto
sarebbe tornata a scrivere solo in prosa. Coloro che, come la sottoscritta, si
avvicinavano alle sue liriche, pensavano esattamente il contrario. Nella mia
Amica si stava palesando la poliedricità, tipica dei veri Artisti e la
primavera della Poesia ne era una tonante dimostrazione. Nulla di transitorio,
di fugace. Un nuovo volto, radioso quanto i precedenti, per esprimere le
infinite sfumature della nostra stagione terrena. Non mi arrogo il titolo di
poetessa, in quanto sono consapevole di aver lasciato i versi nel 2000,
marcando i miei limiti, e scegliendo la narrativa, ma distillo linfa per la
prosa dall’arte che, come ho già scritto, ritengo sia l’origine di ogni forma
di scrittura e venga oggi, ingiustamente relegata al ruolo di cenerentola dagli
editori, dai librai e dagli acquirenti, e mi cibo di sillogi come del pane
quotidiano, per cui credo di riuscire a ‘sentire’ la voce del Poeta autentico.
L’amicizia che mi lega a Loredana non ha mai influito sulla veridicità del
rapporto. Ci siamo dette il vero in ogni occasione. Le sue liriche mi fanno
tremare l’anima, spesso la lacerano, ancora più spesso la carezzano.
“Purtroppo
Il
sole cadde
E non
vi fu rimedio” -
La lirica “Il sole”
Quanti Autori racchiudono in
tre versi il nucleo di una storia? Io penso a Ungaretti e
per un’ esordiente mi sembra
straordinario. L’Autrice rivela in ogni lirica di possedere qualcosa di unico
che divide con il mondo. E di farlo in modo inconsapevole. Dimostra che nella
vita nessuno possiede nulla, può solo appartenere a qualcosa… e la Nostra appartiene
all’ispirazione. Pur sollevando la valigia del ritorno dall’avventura più
pesante del suo tempo, racconta che ha un’eternità per riprendere la lotta. La nostalgia
del perduto, ovviamente, tesse ogni giorno i fili spezzati, per ricomporre un
paesaggio sul quale incollare le immagini:
“Si
cenava su una barca
A Bristol
Cullati dal fiume
Il treno ci portava a Bath
Acqua termale a un passo
Dalla campagna inglese.
La casa di Jane Austen
Era un po’ anche la nostra
Parlavamo senza parlare
Non c’era nulla da aggiungere
A ciò che vivevamo
Sapevamo tutto quello
Che c’era da sapere.” - La lirica “Bristol”
Ma il sole sorge e forma un
ricamo sempre più luminoso. Loredana è aiutata nel cammino verso il chiarore
dalla fede, intesa non come il ricorso disperato a un Dio
che ha il compito di
rimboccare le paure, ma come suggerisce ancora Sandro Angelucci, ‘impegnandosi
nella ricerca interiore per mettere in pratica ciò che la religione stessa
suggerisce’. “Verrei a prenderti / Lo sai
/ per riportarti per mano / Da me / ma tu sei Luce / e mi sfuggi / Pace ti circonda” – tratti da “Luce” . La preghiera è lo strumento che permette di comunicare con
il cielo per mettere in pratica la parola di Gesù sulla terra. Il suo
significato più profondo non ha nulla a che vedere con le richieste intime e
spesso materiali. La tensione verso l’alto della nostra Poetessa è verticalità
esente da sovrastrutture. “Ma la
preghiera della sera / E’ fiducioso abbandono / Che suggella l’alleanza con il
Creato” – tratti da “Preghiera” Scorrendo
la Raccolta si
cominciano a sollevare i piedi dalla neve e a trovare le liriche in levare. Vi
è la determinazione a superare le emozioni negative che ossidano la vita. A
scoprire nuovi alberi vicini, come quelli della copertina, vicini e in fiore.
Il mondo degli affetti si stringe intorno a Loredana per aiutarla a combattere
le emozioni negative e l’impulso creativo cresce prepotente, passionale, le
detta di lasciarsi andare lungo i torrenti della sua Poesia scarnificata, densa
di pathos, di sangue, carne e di segnali di primavera:
“Nasco
ora
Di nuovo
Come quando uscii
Dalla carne
Di mia Madre.
Nasco nuova
Albero adulto ma pieno
Di tenere gemme” - la lirica “Nasco ora”
Mi sembra che il testo, di
rara delicatezza, si possa considerare il superbo omaggio al compagno di una
vita, alle isole dei ricordi visitate con lui, ma anche la nascita di una donna
nuova, forte, fiera, e di una Poetessa così compiuta che, com’era prevedibile,
non smette di comporre versi una volta terminata la catarsi. Le liriche nascono
all’improvviso, e nell’orchestra dell’arte, il suo assolo si leva altissimo a
stordirci. Mi sento di ringraziare Loredana per questa Silloge. Sono tornata
indietro nel tempo stretta a lei, ma ho ripercorso i giorni ‘salpando
/ verso il futuro / con poche cose / le più importanti – Parafrasi di “Si salpa” E sento di chiudere questo
scritto, che forse ha carattere di lettera più che di recensione, dedicandole i
primi versi di una delle liriche che ritengo più adatte al suo nuovo Sogno:
“Accadde
in quell’età… La poesia
venne a cercarmi. Non so da dove
sia uscita, da inverno o fiume.
Non so come né quando,
no, non erano voci, non erano
parole né silenzio,
ma da una strada mi chiamava” - estratti da “La Poesia”
di Pablo Neruda
Maria Rizzi
.
.
Carissima Maria,
RispondiEliminapuoi immaginare la mia profonda commozione nel leggere queste tue preziose pagine sulla mia silloge.
Posso dire che sono felice di essere riuscita, con "I giorni della neve",a comunicare i forti sentimenti che ho provato dentro di me.
Non riesco a dirti altro, sono molto emozionata da questo splendido dono e ti abbraccio grata, con tantissimo affetto.
Loredana
Lori, mia adorata Lory, mi sono commossa con te e ho camminato nella neve accanto a te, poi insieme abbiamo visto le gemme fiorire. La gemma più splendente è la tua nascita in Poesia. Sei versatile, ricca di fantasia, forte come i giunchi, che sopportano ogni tempesta, bella e vera! Grazie a te di tanto Dono, perdonami il ritardo e... un grazie speciale al Nocchiero, che ci concede tanto spazio con immenso altruismo. Vi stringo entrambi al cuore!
EliminaMaria Rizzi scrive una testimonianza toccante che parte dal cuore, ma tiene ben salde le redini di una realtà, quella del dolore dell'Autrice . l'opera è meritevole di tutto il rispetto e l'affetto dell'amicizia.
RispondiEliminaMaria Rizzi è notoriamente "abbraccio universale" e una penna generosa, ma qui si abbandona ad una partecipazione totale, che non ha bisogno di parole alate per mettere in evidenza il valore poetico di un lavoro che ha tanta forza emotiva. Le parole di elogio per il significato artistico della silloge nascono spontaneamente dal ritratto di una Poetessa che nella sofferenza della vicenda tragica vissuta ha trovato l'occasione di rivelare il suo io di vera artista .
Esprimo tutta la mia ammirazione per i sentimenti che da questo commento di Maria Rizzi trapelano con sì tanta forza.
Il mio abbraccio a entrambe le Autrici.
Edda Conte.
Edda, toc ad eden, qui l'eden lo tocchi a tutti gli effetti, in quanto cogli la mia totale partecipazione alla silloge di Lory... Sono rimasta incatenata al susseguirsi delle liriche, che mi avvolgeva nella storia che ben conosco. Lo sbocciare dell'Autrice in Poesia credo rappresenti il risultato di questa catarsi. Con la tua sensibilità speciale non potevi evitare di cogliere tutto. Ti sono infinitamente grata e, naturalmente, estendo la gratitudine alla nostra Loredana. Vi tengo strette strette entrambe!
EliminaMia cara Edda, grazie del tuo commento e del tuo abbraccio.
RispondiEliminaLe tue parole rivelano la tua sensibilità ed è proprio vero che la poesia ci viene a cercare, forse per poter esprimere qualcosa di così profondo, luoghi inesplorati dove la prosa non avrebbe parole.
Maria mi ha regalato un' emozione immensa. Vi abbraccio entrambe!
Loredana D'Alfonso