Loredana D’Alfonso su “I cedri della Palestina” di Laila Scorcelletti
Loredana D'Alfonso,
collaboratrice di Lèucade
Una nuova lettura de “I cedri della
Palestina” di Laila Scorcelletti, pubblicato dalla Ve.La. Editrice, mi ha
riportato indietro nel tempo, ad una bellissima presentazione all’Isola Tiberina,
in una calda serata dell’agosto romano.
Avevo il compito di moderare l’evento
che vedeva la partecipazione di tre autori
e tra loro Laila, avvolta in un
vestito azzurro mare, la più umile e con
un tono di voce sommesso, quasi timido.
Il suo libro, come avevo avuto già modo
di verificare, era, a mio avviso, il più prezioso.
Laila Scorcelletti è un’artista a
trecentosessanta gradi: scrittrice, poetessa, operatrice culturale, psicologa,
insegnante, scenografa, disegnatrice, danzatrice.
L’Opera prende spunto da un diario
scritto a mano dalla zia dell’Autrice, Hossneya, ed il manoscritto ha dato vita a questo libro davvero
interessante per le memorie storiche,
politiche e sociali visti dalla prospettiva della protagonista.
Hossneya nasce in Palestina, che allora
era un Protettorato britannico.
Nel 1939 va in sposa ad un cittadino
riconosciuto italiano, dà alla luce la sua prima figlia in Palestina, ma con
il pericolo di una “guerra lampo”
progettata da Hitler in Europa arriva anche l’obbligo per gli italiani emigrati
in Palestina di tornare in Italia.
La famiglia inizia il suo
peregrinare: Sardegna, Roma, l’Abruzzo.
Nel racconto di Hossneya la guerra, i bombardamenti, la lunga e spietata
occupazione tedesca.
La cruda realtà si stempera a
tratti in versi poetici e trasforma il
racconto in una fiaba, leggera come un soffio: “Parlerò ancora piccola mia. Come una fiaba il mio racconto sfinirà il
tuo animo…e dormirai”.
La donna con i suoi cari torna in
Palestina, ad Haifa, nel 1947, la Lega Araba rifiuta lo Stato Palestinese
succeduto al protettorato britannico, il 14 maggio del 1948 David Ben Gurion proclama la nascita dello
Stato di Israele ed ha inizio la lunga
guerra tra arabi ed israeliani. La fuga di Hossneya e della sua famiglia
prosegue in Libano, ma alla fine del 1949 l’ultima tappa obbligata è il ritorno
in Italia.
Questo è lo scenario storico che fa da
sfondo alle vicende della famiglia ed il racconto di Hossneya è intarsiato da
poesie e disegni dell’Autrice che danno all’Opera un fascino da Mille e una
notte.
“La
tua bocca non saprà dire le mie parole. Il tuo cuore non saprà tenere la mia
collera. Il tuo animo non saprà sentire il mio amore per la Terra negata”.
Il libro è incentrato su questa figura
di donna, forte e coraggiosa, e sulla sua sofferenza per
non aver più potuto rivedere la terra natìa.
“Glacialmente
bella, regale nell’espressione e nella postura, apparentemente fedele a tutte
le tradizioni culturali che vogliono la donna sottomessa al marito, la dolce
Hossneya non si sarebbe mai fatta dominare. Fragile e forte, dolce e astuta,
era una pacifica guerriera”.
Il matrimonio, le prime due figlie, la
realtà quotidiana, la vita dura da esule, la povertà, la guerra e il terrore,
l’esistenza continuamente minacciata dalle rappresaglie tedesche, il dolore per la perdita della
terza figlia, Raina.
L’Opera non è solo un diario intimo, ma parla anche della
storia della Palestina e della cultura araba, della proverbiale ospitalità del
popolo palestinese e della resistenza contro il governo britannico.
“Oriente,
Oriente, terra misteriosa, pulsano le genti nel vivere quotidiano e i
lontani popoli ancora ascoltano il
fascino degli echi melodiosi. Onde di sabbia infuocate dal sole. Miraggi
d’acqua. Fieri cammelli. Palestina! Giallo l’oro della tua terra, succoso di
agrumi e cedri…”
Profumo di incenso e di legno di cedro,
sembra di vedere gli occhi neri ardenti della protagonista, di sentire la
dolcezza della lingua araba che sussurra questi versi e definisce il libro come
una testimonianza da tramandare di generazione in generazione, per non
dimenticare le vicende narrate da Hossneya,
indimenticabile figura di donna uscita dalla penna sapiente dell’Autrice.
“Il tuo cuore non saprà ascoltare il mio dolore. Ma fiera, sei una donna fiera. Sento nella tua mente incalzare il ruggito della leonessa. La testa indomita si erge audace come l’innalza il serpente. Vedo la pantera nel suo sguardo. Ascolta. E non dimenticare”.
Loredana D’Alfonso
Straordinaria recensione della mia Lory alla nostra Laila! Si potrebbe definire un dono di famiglia, visto il legame che ci unisce da tanti anni... Loredana, con la passione, il talento e la professionalità che la contraddistinguono,si cimenta in un testo, estremamente caro al mio cuore, visto che a gennaio 2020, prima del fermo - vita, ho avuto l'onore di presentarlo alla Galleria Sempione, in un tandem che vedeva la sottoscritta e Laila intervistarsi a vicenda. I Cedri della Palestina coinvolgono emotivamente il lettore e lo trascinano in una dimensione antica e incantata, che è appartenuta realmente ai parenti dell'Autrice. La Palestina era un tempo terra di pace e di immigrazione...La vicenda è narrata dalla zia di Laila, Hossneya, che come scrive la nostra Lory, rappresenta la figura centrale del romanzo e racconta le peregrinazioni della sua famiglia. Mi piace ricorrere alle parole dell'Autrice dell'esegesi, cariche di magia, per mettere in risalto il valore del libro e dell'esegesi: "Profumo di incenso e di legno di cedro, sembra di vedere gli occhi neri ardenti della protagonista, di sentire la dolcezza della lingua araba che sussurra questi versi e definisce il libro come una testimonianza da tramandare di generazione in generazione, per non dimenticare le vicende narrate da Hossneya, indimenticabile figura di donna uscita dalla penna sapiente dell’Autrice". Sono felice per Laila, merita questo omaggio e plaudo Lory per la generosità che la sta guidando nella cavalcata tra i libri presentati. Le abbraccio forte forte entrambe ed estendo la stretta al Nume Tutelare, che rende possibile questi sogni...
RispondiEliminaRingrazio Loredana D'Alfonso, amica e giornalista, per le parole che mi ha dedicato donandomi il suo tempo e le sue emozioni.
RispondiEliminaRingrazio il professor Nazario Pardini per lo spazio che mette a disposizione degli animi sensibili.
Laila Scorcelletti