EUGENIO REBECCHI
TERZO TEMPO
L’albero dei cachi
Anna Vincitorio,
collaboratrice di Lèucade
Nella prefazione ”. Il poeta autentico vive di attese, di eventi che si compiranno.
Lui ne è o ne sarà
protagonista. Vive nella consapevolezza di profezie o meglio, anticipazioni, ma
conserva il bagaglio prezioso del ricordo. Tutto ciò che lo circonda a livello
animico è un’isola che contiene i suoi desideri, rimpianti, sogni, anche
follie. Il suo conforto: “appoggiato ad una stella/ sogno/ un mattino a colori
privo della nebbia/ di giorni grigi e tristi”. La luce con la sua chiarità
allevia il poeta nella lotta per la vita. Molteplici le realtà di Eugenio
spesso fuse ai sogni in una visionarietà colma di pennellate. Vive di sfumature,
di attimi; ma quelli tragici pur incidendo sulla sua persona non lo annientano.
Come superarli? Con volontà o fede laica riesce a trovare appigli anche nelle
azzurre sfumature del cielo che lo sovrasta. Se il presente lo rende
claustrofobico, allora bisogna partire verso nuove realtà bucoliche: “cuore
verde dell’Italia”, l’Umbria sognata. Forte in lui l’urgenza di nuovi spazi,
compagni del silenzio amico in cui immergersi. Una nuova qualità di vita. Non
può mancare il commiato da “due perle lasciate nell’ostrica”. Non è abbandono
ma proiezioni di un viaggio verso un ignoto fin già vagheggiato nei chiarori e
visioni di albe lunari. Cosa lo circonda adesso? Niente di eclatante: “il
silenzio delle notti…e di giorno il chiasso è moderato, rispettoso./ Vince la
quiete ad ogni ora…”. Amici cari non si vedranno più ma resteranno in noi.
D’altra parte la vita non è che un continuo commiato e la ricerca dell’isola in
cui immergersi anche se il mare è lontano.
Importante è vivere “la condizione di un
naufrago felice…”. Eugenio ha vissuto a lungo in un castello di carte; un tempo
Imperatore, ora Matto o Viandante. Nel suo profondo essere, come e dove, per
lui è importante. Il bisogno di “azzurro diffuso e inesistente/ è colore allo
stato puro”. Il tempo non possiamo vincerlo ma viverlo, sì. Pienamente. Nella
sua oasi procedere su lucidi ciottoli ma l’imprevisto prende improvvisamente
forma. Adenocarcinoma. Realtà che non può ignorarsi. Lo ha deciso il destino,
ma in lui ha inizio una sfida: “sarà lotta fino all’ultimo sangue fin quando
potrò dire,/ ho vinto io!”. Essere poeta è vita anche se si manifestano i segni
della sfioritura; niente però potrà impedirgli di volere tener lontana la
morte. Come? Con la ricchezza del pensiero; osservare la tradizione e bere vino
rosso. Vivere il presente, aspirare alla luce, lasciare la malinconia alla
notte. A Monte Castello di Vibio c’è un teatro: il più piccolo del mondo.
Raffinato gioiello col soffitto affrescato di teneri azzurri. Un passato che
vuol continuare a vivere nell’arte. Se un tempo il castello di carte di Eugenio
è crollato, adesso nell’oasi verdeggiante ce n’è uno: “si rappresenta il
delirio di un uomo/ in assurdo movimento/ Gli spettatori applaudono. Teatro di
ombre perché ombra diviene la vita nel suo scorrere”. “C’è un vecchio stanco
che racconta a se stesso/ il perché di una vita/ trascorsa troppo in fretta./
Ma lo spettacolo va avanti comunque”. Si pensa di poter scegliere. È tutto
designato ma in qualunque realtà, affiora il sorriso inconsapevole di un bimbo
là dove c’è la guerra; sono immagini che possono inquietare ma fanno parte di
una vita anche se da noi lontana. Possiamo cliccare e spegnere ciò che ci
disturba, ma in noi la visione rimane. Il poeta necessita di azzurro e lo ruba
al cielo e con un pennello immaginario, pittura i suoi sogni “ingrigiti dal
tempo”. Per lui e in lui una promessa d’amore. Una mano gli è vicina e renderà
chiara l’ombra dell’uomo “buio e pensoso/ a pochi passi dal cielo. Intorno a
girasoli impazziti di giallo/ lungo campi che sembrano infiniti”.
Ogni sensazione del poeta si concentra
divenendo chiazza luminosa.
Un pennello immaginario
schiarisce i contorni dell’ombra.
“Griderò in faccia alla
morte/ il mio desiderio di vita/ Ed esorcizzerò con stanchi rituali/ la
possibilità del trapasso./ Tu non puoi restare sola/ perché sta scritto in
chiaro,/ che finiremo insieme/ questo cercato percorso…” Ricordo di una
complice luna e di un voto d’amore.
E si giunge all’albero
dei cachi, ricco di frutti e di colori (v. copertina del libro). I suoi rami
perderanno luce e diverranno spogli “verso le probabili nuvole novembrine”.
Metafora della vita che scorre verso il suo concludersi ma si procrastina. Il
presente va vissuto pienamente; l’acqua ormai lontana visione e “due o tre
bottiglie per annegare più di un ricordo”.
Adesso Eugenio e Flavia
vivono il loro autunno. “Tra il verde di questa terra benedetta/ ho colto
fragranze sensoriali:/ ulivo e vite hanno partorito/ felice connubio fra olio e
vino”. Vivere insieme e ricordarsi sempre tali “per un sicuro percorso
d’amore”.
Caro amico, ho
rivissuto nel leggere i tuoi versi la saggezza di un uomo in cui la
rassegnazione lascia spazio alla vita. Il testo può sembrarti assurdo. Triste
il risultato? No. Delinea il tuo sembiante di gigante buono. “Ho bevuto mille
litri di rosso/ per cantare, più tardi, a squarciagola/ la canzone imparata
stonando a più voci”.
Anna Vincitorio – mercoledì, 10 giugno
2021
Cara Anna, grazie di averci avvertiti. A Eugenio, invece, auguri di pronta guarigione.
RispondiEliminaCARLA BARONI
RICEVO E PUBBLICO
RispondiEliminaTanti ringraziamenti a tutti gli amici.
Anna Vincitorio
Anna Vincitorio è Autrice speciale:l'ho letta,l'ho studiata l'ho commentata l'ho conosciuta .Sempre splendida in ogni genere.Amo ancora una volta la sua valentia critica, par l'acuzie della interpretazione, la sensibilità la generosità la umanità del suo "vivere" l'opera che legge.Questo sua lettura della poesia di E. REBECCHI è una perla preziosa di umano sentire,di partecipazione e di ammirazione, che vanno molto al di là di ogni valore esegetico.
RispondiEliminaA lei e allo Scrittore complimenti anche per le parole meravigliose che sottolineano il tutto:"Griderò in faccia alla morte/ il mio desiderio di vita..."
Un abbraccio da
Edda Conte.
Anna Vincitorio è Autrice speciale:l'ho letta,l'ho studiata l'ho commentata l'ho conosciuta .Sempre splendida in ogni genere.Amo ancora una volta la sua valentia critica, par l'acuzie della interpretazione, la sensibilità la generosità la umanità del suo "vivere" l'opera che legge.Questo sua lettura della poesia di E. REBECCHI è una perla preziosa di umano sentire,di partecipazione e di ammirazione, che vanno molto al di là di ogni valore esegetico.
RispondiEliminaA lei e allo Scrittore complimenti anche per le parole meravigliose che sottolineano il tutto:"Griderò in faccia alla morte/ il mio desiderio di vita..."
Un abbraccio da
Edda Conte.