Maurizio Donte,
collaboratore di Lèucade
Formae Lucis
Io non so dove il mio cantar
conduce,
se verso un luogo in cui il dolore è
pianto,
o ad un altrove la cui forma è luce
e vi risiede l'armonia e l'incanto.
E muovo incerto i miei pensieri intanto
che il giorno muore e tutto si traduce
in onde immense il cui fragore è tanto;
in quel mistero in cui non si introduce
la mente mia perché non lo
comprende.
Ed è l'Eterno una suadente voce
e il Paradiso nostalgia d'amore
a cui si volge l'anima che attende
l'ultima riva e il suo venir veloce
in quel tempo che mai saprà nel
cuore.
Maurizio Donte, 5/07/2021
Un sonetto che risponde in pieno ai canoni classici, caro Maurizio, e che ci consente di viaggiare indietro nel tempo tra Coloro che diedero alla 'luce'la poesia. Mi sembra strutturato come un omaggio a Dante, in quanto riecheggia deliziosamente il suo "Tanto gentile e tanto onesta pare". La tematica è totalmente diversa e si accosta forse più all'ultimo canto della Divina Commedia. Un gioiello, mio caro amico. Sei un tessitore perfetto di metrica e melodia. Ti stringo ammirata.
RispondiEliminati ringrazio carissima Maria
EliminaMaurizio carissimo. Leggere il tuo sonetto mi ha consentito di assaporare le sensazioni delle tue emozioni mentre sgorgavano dal tuo intimo sentire e, nel contempo, percepire il profondo significato del tema nella fluidità armonica dei versi. Un abbraccio a te e al nostro Nocchiere Nazario
RispondiEliminaLino D'Amico
grazie, carissimo Lino.
Elimina"Io non so dove il mio cantar conduce"
RispondiEliminaProprio così.