Wanda Lombardi
VOLO NELL’ARTE
Recensione di Gabriella
Veschi
“Il verso è tutto e può tutto”, scriveva G. D’Annunzio a testimoniare il potere assoluto della parola
poetica e Volo
nell’arte è l’emblematico titolo della silloge di Wanda Lombardi,
con Prefazione di Rossella
Cerniglia, pubblicata da Guido Miano (Milano 2021) nella prestigiosa
collana Parallelismo delle arti che,
come lo stesso editore sottolinea, ha la finalità di accostare poeti con altri
artisti, includendo anche la fotografia tra le arti contemporanee.
Le numerose immagini di tele e fotografie inserite
nell’opera vogliono così sottolineare la stretta interconnessione tra segno
verbale e grafico, tra arti figurative e letteratura, con particolare riguardo alla
musica: “Musica, pittura, poesia / espressioni sfaccettate della stessa Arte, /
insieme legate / nella creatività” (Nella musica).
Dalla simultaneità di diversi codici espressivi scaturisce
un fitta trama di efficaci sinestesie capaci di evocare intense sensazioni ed
espressioni della propria interiorità: “Anima mia, hai reagito / alle tempeste
della vita con energia e pazienza; […] Con me l’ansia esistenziale vivi, / in
carta opaca avvolgi il mio dolore, / e parole suggerisci al cuore/perché
attenta io il cammin prosegua […]” (Colloquio con l’anima). Altre volte i
componimenti prendono l’avvio da un complesso gioco di “ispirazioni parallele”
(Miano) che sprigionano l’immaginazione e conducono il lettore in atmosfere
incantate, dominate dalla dolcezza dei paesaggi o di figure ritratte dopo la
contemplazione di un dipinto attraverso perfette corrispondenze tra il sapiente
tocco del pittore e il linguaggio lirico (Un album di fotografie), mentre il
suono di antiche melodie genera suggestivi scenari onirici: “Attorno al
silenzio danzano improvvise / dolci nostalgiche note di Beethoven. […] Sommesso
ma a tratti esaltante / il Notturno di Chopin / che momenti di magia sveglia in
me / gli ultimi sogni affrescando […]” (Nella musica).
La peculiarità di Lombardi è quella di dipingere con
il verbo, realizzando alla perfezione quanto già asserito dal poeta latino Orazio,
per il quale poeti e pittori godono della stessa capacità di osare per dare
forma alla materia: “Specchio della parola / una stupenda tela / ove il sorriso
e la malinconia / soave si intrecciano / al fascino di un paesaggio, / alla
grazia di un interno […]” (Dipinto di poesia).
La lirica di apertura è dedicata all’impressionista Federigo
Zandomeneghi, affettuosamente chiamato con il diminutivo Zandò, con
cui la scrittrice rivela grande affinità, come sottolinea Rossella Cerniglia: “la
poetessa traduce in parole l’arte di questo straordinario pittore, mettendo
automaticamente in parallelo certe delicatezze formali di quella pittura con un
sentire che le appartiene” (cit.). La lirica ritrae con minuziosa precisone il
soggetto della tela dell’artista, la fanciulla al balcone, cogliendo l’intima essenza
del dipinto: “Tratti delicati nella tela, / vaporosa veste ferma in vita / con capelli
sulla nuca raccolti, / e i pastelli della pittorica tua arte / nell’eleganza
intinti / col garbo della veneta tua gente, / dell’intimo tuo cuore / […]” (A Federigo
Zandomeneghi). La vicinanza con il pittore è testimone dalla
frequente ricorrenza dell’aggettivo possessivo tuo e della particella pronominale ti disseminata in tutto il testo, mentre le anastrofi, i chiasmi e l’assenza
di segni di interpunzione accentuano la freschezza del dettato poetico e l’attualizzano:
“I colori sfavillanti i contrasti accesi / a segnar geniali abiti ottocenteschi
/ nastri svolazzanti cappellin piumati / più d’altre opre grati […]” (cit).
Lo stile sobrio e raffinato, la compresenza di due
diversi registri linguistici, uno piuttosto aulico con l’uso di termini
preziosi e un altro invece maggiormente colloquiale, costituiscono l ’originalità
dei testi in cui l’autrice fonde tradizione classica e innovazione, anche in
virtù di piacevoli incursioni in un vastissimo patrimonio culturale che si
trasfigura in una preziosa fonte a cui abbeverarsi (Mamma, Una scultura
del Canova). L’io lirico porge grande attenzione ai silenzi, ai
profumi, ai colori e ai suoni impercettibili che racchiudono una natura idilliaca,
come si può ben vedere soprattutto nella delicata serie di Haiku (Estate),
anche se a volte lontana e distaccata dalle cose terrene ( L’indifferenza, La felicità).
Echi leopardiani risuonano nelle immagini e nelle tematiche
affrontate, quali il sogno, il trascorrere del tempo, i ricordi e i rimpianti (Mamma)
e nel dispiegarsi di riflessioni filosofiche sul significato dell’esistenza,
come in Vanità, dove l’aspetto esteriore diviene
metafora del contrasto tra l’essere e l’apparire, tra la realtà e l’illusione:
“Sentimento mai sopito vanità. / Esso serve a rinnovarsi,/ad apparir sempre
migliori e in forma”. Qui il tessuto fonico con il prevalere di sibilanti
suggerisce proprio “l’infinita vanità del tutto” (Leopardi, A se stesso), ma, a differenza del recanatese, Wanda Lombardi conclude con una nota
di speranza: “Ben venga allora sobria vanità/se essa almeno, breve tratto, / al
mondo darà / parvenza di nitore”.
Non mancano riferimenti alla mitologia (Le Naiadi)
o alla spiritualità (Il dono di padre Pio) e spesso le
poesie nascono da particolari sensazioni visive, come in Onde, dove le diverse
tipologie di flutti, riprodotte anche graficamente con l’alternarsi di versi
brevi e lunghi, si associano all’inesauribile flusso dei pensieri e dei
sentimenti (“Onda sottile un pensiero buio / che a marina brezza rapida
s’increspa, / onda possente ad alimentar costante / crudo destino, / onda lieve
di fantasia / che nell’azzurro libera i sogni”), in un continuo movimento dal
basso verso l’alto che contraddistingue la silloge e trova il suo correlativo
nel “volo di una lucciola smarrita / al fresco di una pianta rigogliosa” (Notte d’argento),
simbolo di quell’assoluta libertà che Lombardi ha trovato nella poesia.
Wanda Lombardi, Volo nell’arte,
prefazione di Rossella Cerniglia; Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 80,
isbn 978-88-31497-38-1; mianoposta@gmail.com.
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