Anna Vincitorio, collaboratrice di Lèucade |
DISABILITA’
E DISAGIO
È una
giornata decisamente grigia: 3 dicembre 2019. Ho in mano un invito: – Dove può
andare la mente quando il corpo è prigioniero – Incontro con Costanza Ferraro
in occasione della presentazione del volume CIMETTOLAFACCIA. È ancora presto
per l’incontro e, con la mente, vado indietro nel tempo. Insegnavo e, per
andare verso la scuola, passavo davanti al grande cancello di San Salvi. Alla
spicciolata qualcuno si vedeva uscire, ma ormai ce n’erano rimasti pochi. Devo
ammettere che il luogo scatenava in me reazioni, le più svariate. Timore,
curiosità, ricordi di persone che avevano chiuso là i loro giorni. Dopo gli
anni ‘70 le cose erano cambiate, pur restando un luogo dove le parole dei
rinchiusi non avevano peso. Anche nel silenzio di quei verdi meandri si potevano
intuire i drammi insoluti che le sbarre alle finestre avevano in parte
protetto. Ancora si scorgono scritte e murales a memoria d’infelici della
consistenza di ombre. Tempi tristi prima della promulgazione della legge di
Franco Basaglia 13-V-1978 n° 180 che sanciva la chiusura dei manicomi. Vado col
pensiero a un pomeriggio d’autunno del 2013. San Salvi è adesso luogo di
memoria e di mostre. Al cancello, ragazzi sorridenti che, nel settembre,
durante la festa, invitano gli ospiti a seguirli. I prati sono verdi, gli
edifici accolgono fotografie del passato; si proiettano films e si ricorda che
Mastroianni e la Bouchet proprio a San Salvi, girarono alcune scene. Era
difficile fingere la follia. Seduti in cerchio, da una parte un antico vagone
poggiato su gigantesche ruote; vecchi infermieri. Parlo con Alberta Bigagli con
cui ho diviso un’amicizia profonda ed altri… Si raccontano storie del passato
mentre cala la sera… Mi prende una malinconia struggente. È certo illusione,
ma, come illuminati dalle torce, mi sembra di scorgere volti dietro le sbarre,
labbra serrate, odo qualche gemito, agghiaccianti risate. Il passato rivive:
sui muri sono segnate date, nomi, Oriano, Isolina, Alberto, Giovanna… mentre mi
allontano avverto una strana oppressione e mi sento osservata da mille occhi…
“Non ci dimenticare”.
Ho
avuto anche alunni con disabilità e ricordo l’ingenuità e le poche parole che
però
lasciavano una traccia nel cuore. Cari Manuela, Federico.
Sono
circa le sedici e mi avvio verso la sala dell’incontro. Siamo seduti in
circolo,
spettatori e relatori: Prof. Teresa Bonaccorsi, dirigente scolastica, Prof. M.
Luisa Chiofalo, attività didattica, ricerca, divulgazione scientifica, attività
politica. Ambedue vengono da Pisa. Giuseppina Caramella, coordinatrice. Al
centro su una sedia a rotelle, Costanzo Ferraro. Viene illustrato il contenuto
del libro, forte, disinibito. Denuncia per tutto ciò che si potrebbe fare ma
che non viene realizzato e, al contempo, la profonda umanità di chi si dedica
completamente all’aiuto di persone fortemente svantaggiate per motivi di salute
ma, colme di linfa vitale e ricche dentro. Fisso i grandi occhi neri di
Costanzo stillanti vitalità, desiderio di aprirsi, di legare e d’imporsi con
chi gli sta davanti. I suoi movimenti anche se scoordinati e la voce spezzata,
sprigionano una forza titanica che mi rimanda ai Prigioni di
Michelangelo. La tetraparesi spastico distonica è stata proprio per la sua
gravità, il motivo della lotta e della vittoria di Costanzo. Le sue mani in
movimento; ogni suo tratto acquista la forza di una preghiera, non disperata ma
rivolta a tutti per comunicare, lottare, affermarsi. La lettura del libro ci
rivela l’autore che, per la forza che irradia, diviene un gigante. Sì, gigante
umano con la passione per i Beatles, i Rolling Stones, con
l’amico Mike, sgangherato american boy. È riuscito a studiare suggerendo lui
stesso il modo di aggirare la sua disabilità. Ha conseguito una laurea in
Scienze dell’Informazione combattendo con la solitudine, l’aggravarsi della malattia,
senza mai demordere. Nel libro racconta la sua vita, la disillusione di un
Erasmus in Svezia dove i disabili sono ingabbiati. La sua partenza da Capri
verso la “rossa Toscana” e poi l’avvicinarsi alla Chiesa e a Don Claudio. Entra
nel gruppo universitario culturale GUC. La Chiesa diviene luogo di scambio e
correlazione.
CIMETTOLAFACCIA
esce nel 2014 nella collana “Gli Asteroidi”, Sez.
Narrativa
di Valigie rosse. La sua nascita è legata a Silvia Lavalle. Un amore forte li
ha uniti; lui non ne vuole parlare ma, dai suoi occhi, trasuda il ricordo forte
e tenero che li terrà legati animicamente anche se le loro strade si
divideranno. Ha vinto la parola, cruda e poesia nello stesso tempo. Poesia
intesa come rivelazione, denuncia, amore per la vita e per tutti coloro che
hanno saputo comprendere la parola di Costanzo, spezzata ma rivelatrice.
Denuncia per tutto ciò che è corruzione, indifferenza, ma anche gratitudine per
l’amore ricevuto meritandolo proprio per la sua disincantata onestà. Guardo
ancora il biglietto. Un volto con pochi segni squadrati e incisivi. Un’ironia
prorompente e tenera.
Ti
ho detto poche parole, Costanzo, ma avrei voluto abbracciarti. Ho avvertito
il tuo
coraggio e la tua volontà di vivere e di amare. Il dolore che ammanta il tuo
corpo è espressione di un messaggio di disponibilità estrema verso l’umanità.
Sarebbe bello incontrarti di nuovo ed essere contagiati dal tuo essere
profondamente vivo.
Anna
Vincitorio
Firenze, 9
dicembre 2019
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