MARCELLA MELLEA LEGGE
“I DINTORNI DELLA VITA”
di NAZARIO PARDINI
Parlare della raccolta poetica I dintorni della vita. Conversazione con Thanatos di Nazario Pardini non è del tutto semplice. L’autore
si cimenta in una impresa di grande portata, trattando un tema elevato, molto
caro alla tradizione letteraria: la morte, un pensiero che ogni essere umano
istintivamente rifugge. Secondo Aristotele “L’arte imita la natura”: tutti gli artisti,
in particolare poeti e scrittori, hanno sempre guardato le situazioni e gli
eventi della vita per trarne ispirazione. Il tema della morte, strettamente legato
alla vita, è sempre stato e continua a essere uno dei temi preminenti della
letteratura. Sin dai tempi antichi, la morte ha avuto un ruolo importante nella
poesia e numerose sono state le descrizioni di scene di morte e dei sentimenti
ad essa associati: si pensi ai grandi poemi dell’Odissea, dell’Iliade o dell’Eneide.
L’autore affronta, in buona parte, questo tema particolarmente delicato attraverso
la forma letteraria di un dialogo intimo tra un uomo e la morte.
Aristotele nell’elemento drammatico individuò
la quintessenza della poesia; l’opera di Pardini è connotata da una particolare
drammaticità nei dialoghi che, assieme al lirismo di molti dei suoi versi, ci
offrono momenti di alta e vera poesia, quella poesia che lo stesso definisce e
mette in pratica nei suoi versi “...ché / la vera poesia è sentimento / memoriale,
euritmica scansione; / è unicità del verbo dentro il verso, / è storia di una
storia, di un mistero, / è narrazione intima che torna / a farsi viva dopo gestazioni
/ per mutarsi così in connessioni / d’immagini feconde…” (Infangare Calliope). La morte porta con se molteplici significati,
simbolici e reali, comporta sempre una significativa elaborazione emotiva e
sentimentale: essa rappresenta la fine della vita materiale, ma reca con sé il
grande mistero di quello che verrà dopo, come l’Amleto Shakespeariano che
definisce la morte “il paese sconosciuto da cui non ritorna nessun viaggiatore”,
Pardini si interroga con intensità emotiva su quello che ne sarà di lui dopo la
morte. “… Cosa sarà di me? Di questo involucro / che ha sopportato da un’intera
vita / i volubili guizzi di un pensiero / che mai trovava pace? Io non credo / che
tu non sappia niente d’oltretomba…” (Conversazione
con la morte).
Attraverso le sue poesie, l’autore
presenta al lettore i molteplici aspetti della morte: morte di massa (terremoti,
naufragi), o in solitudine, o per incidenti, o morte bianca, per malattia, o per
povertà. La morte porta sempre dolore: per questo è un mostro senza pietà “…E
padri, e madri, / ci furono sottratti dalle fauci / di un essere insaziabile,
di un mostro / che cantava i peana sulle stragi / che attorno seminava…” (Doloroso il viaggio).
Le diverse e orribili modalità attraverso
cui la morte spesso si manifesta, senza pietà alcuna, la rendono spietata e maligna.
Ma a volte la morte è anche pietosa, quando arriva come una liberazione dalla
sofferenza “... Stamani sei arrivata, anche pietosa /…/ … Ed arrivando, / hai
steso la tua mano sopra il volto / di un uomo consumato…” (Oggi ti approvo, morte).
Pardini attraverso l’uso frequente dell’enjambement
crea fluidità ritmica, pone particolare rilievo ad alcuni termini e concetti e li
carica di grande significato. Il ritmo viene dilatato fino al rigo successivo,
crea attesa, pausa, riflessione, e così facendo induce il lettore ad una
particolare predisposizione d’animo. L’autore, inoltre, utilizza varie figure
retoriche, tra le quali la personificazione. La morte, infatti, è descritta nel
suo orribile aspetto, numerosi e diversi sono gli aggettivi utilizzati per
descriverla “… -Per dir la verità mi fai paura, / così macilenta, scheletrita, /
coi denti radi in fuori, e le pupille / che come palloncini si dilatano / oltre
il tuo viso scarno e sfigurato…” (Dialogo
con la morte). Alla morte vengono attribuite le qualità di una persona, dotata
di sentimenti prevalentemente negativi ma a volte anche positivi: “… Forse tu
pensi che non mi tormenti / di questo mio esistere: chi sono? / che cosa
rappresento in mezzo a voi? /.../ Tu credi che io non soffra a meditare / su
questo ruolo datomi in eterno...” (Conversazione
con la morte). Essa, nonostante la sua cattiveria e insensibilità, è in
grado di suggerire che all’uomo non rimane altro che la solidarietà per vivere
meglio “…Una è la vita, e solo quella è data, / non la sciupate navigando a
vista, / e magari aiutatevi a vicenda / se pensate che io vi sia nemica” (La mia esperienza).
Il modo in cui Pardini personifica la
morte richiama alla mente il grande Shakespeare, quando Romeo giunto nella
tomba dei Capuleti, vedendo Giulietta morta, esclama: “Ah, cara Giulietta,
perché sei ancora così bella? Dovrei credere che anche la Morte senza corpo può
innamorarsi, che lo scarno mostro aborrito vuol tenerti qui, nelle tenebre,
come sua amante?… E voi labbra, che siete le porte del respiro, suggellate con
un bacio legittimo un contratto eterno con la Morte ingorda… Vieni, amaro
capitano, vieni, guida disgustosa” (Shakespeare. Romeo e Giulietta, atto V).
La conversazione con la morte, quasi
come in un duello impari, crea un’atmosfera soprannaturale, carica di mistero e
tensione, e ci riporta, in qualche modo, a un altro autore inglese, S.T.
Coleridge, a La ballata del vecchio marinaio,
dove “Morte” e “Vita-in-Morte” si sfidano a dadi su un vascello fantasma “…È
quella donna tutta la sua ciurma? / Forse quella è la Morte? E sono in due? / È
Morte che alla donna s’è accoppiata? / Quale il vascello, tale l’equipaggio. / Le
labbra rosse, gli occhi erano audaci. / I ricci erano biondi come l’oro: / con
una pelle bianca di lebbrosa / l’incubo Vita-in-Morte era, l’esosa / che fa
gelare il sangue. / Morte e Vita-in-Morte hanno giuocato ai dadi l’equipaggio,
e / questa (la seconda) vince il vecchio marinaio. / La squallida carcassa s’avanzava,
/ le due gettano i dadi intente al rischio; / ‘il giuoco è fatto! Ho vinto, ho
vinto io!’ / ella disse, e mandò un triplice fischio...” (S.T. Coleridge. La ballata del Vecchio Marinaio, parte
3°).
L’uomo è quasi sempre sconfitto dalla
morte, solo il ricordo e l’amore possono sopravvivere alla sua forza distruttrice
“… Amare è quello che faremo, / senza indugi e senza reticenze / sarà la nostra
fiamma, / il fuoco che ci incendia / a tradire la foga dell’eterno, / dell’eterno
mistero della morte. / Saremo nell’oblio della passione / nella latebra dei nostri
incantamenti / quando verrà lo scheletro / a coprire di nebbia il breve
viaggio” (Andiamo insieme, Delia).
L’autore nelle sue riflessioni riconosce
che l’unica forza in grado di sconfiggere veramente la morte è la natura, essa
è più potente della morte: infatti, dopo ogni inverno, la natura si risveglia,
l’albero spoglio rinverdisce e i fiori rinascono. La natura compie il suo ciclo
di vita e morte ma è sempre vincente “…O primavera! / Torna fulgente sopra i
verdi prati, / sopra le acque che il mare frantuma / col mare di levante! Torna
sempre, / cocciuta, come sei, a rinfrescare / l’aria frizzante delle tue
memorie, / i ritorni perenni dei rondoni / che nessuno potrà mai rapinare! / Tantomeno,
tu morte, lo potrai / al ritorno continuo delle gemme” (Non scriverò di certo, morte). L’uomo, al contrario, ha una sola vita,
non potrà rinascere, non ha una seconda possibilità, di lui potrà restare solo
il ricordo e il poeta si domanda cosa resterà di lui. Un altro potente mezzo in
grado di sconfiggere la morte è la poesia: essa è immortale e imperitura: “… Vola
oltre la morte / e amami ancóra come io ti ho amata / e non lasciar che il mondo
ti contamini / togliendoti dall’anima quel succo / nato per trasformarsi in
poesia…” (Infangare Calliope).
Dal rapporto dialettico vita-morte,
natura-uomo, amore-morte, oscurità-luce “…Ma la natura vuole che l’amore / vinca
su tutto a costo di morire…” (Un ramo
secco a terra), “… È la forza che ti vince, cara morte: / un fiore che si affaccia
dall’avello” (È cresciuta una rosa) e
dalle dissertazioni filosofiche, si evince una conclusione amara, che fa accettare
all’uomo la morte: essa, infatti, è parte integrante della natura, è lei stessa
a dichiararlo: “… Chi volle la mia falce è la Natura / ed io non faccio altro
che obbedire…” (Conversazione con la
morte).
Già nel 1200, S. Francesco d’Assisi, nel
Cantico delle creature, chiamò la
morte “sorella”, “… Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da
la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le
peccata mortali. Beati quelli che troverà ne le tue santissime voluntati, ka la
morte secunda no ‘l farrà male…”, proprio per riconoscerle il ruolo di compagna
e parte integrante della vita, vita e morte sono le facce opposte della stessa
medaglia.
La raccolta poetica si chiude con una
visione profetica e pregna di speranza, in cui l’amore Divino è, alla fine, il
grande vincitore, “…Vinse l’amore, e nella notte / si accese la lampada divina,
/ grande, enormemente forte, / più che d’agosto la calura estiva. / Più che di
giorno la gloria del Signore” (Si
aprirono i cieli).
Pardini usa un linguaggio spontaneo,
naturale, ricco di aggettivi e sostantivi densi di significato, che rendono le
sue poesie dialogate di grande intensità drammatica; esse esplorano la
precarietà della condizione umana e cercano di dare delle risposte. I dintorni della
vita. Conversazioni con Thanatos è un’opera che coinvolge emotivamente
il lettore, non solo per l’importanza del tema trattato ma anche per la
delicatezza e la profondità d’animo con cui l’autore lo tratta. Leggendo i suoi
versi si ha come l’impressione di trovarsi di fronte a un’opera d’arte della
quale si rimane affascinati in un legame che dura nel tempo. Un’opera d’arte
che svela lentamente un mistero, un segreto. In essa, l’autore, più o meno
consapevolmente, sembra cercare non tanto una comunicazione immediata con l’altro
da sé, quanto piuttosto una profonda dialettica: in questa libera espressione l’artista
esprime soprattutto il proprio pensiero nascosto, esprime se stesso. Egli usa
un linguaggio spontaneo, naturale, ricco di aggettivi e sostantivi densi di
significato, che rendono le sue poesie dialogate di grande intensità drammatica;
esse esplorano la precarietà della condizione umana e cercano di dare delle
risposte. Ogni pagina, ogni frase, ogni verso presente nell’opera, ogni parola,
rivelano ben più del significato letterale che propongono: all’interno del
linguaggio ci sono le domande intime dell’autore, c’è il suo pensiero inconscio,
il suo ritmo, la sua musica, il suo travaglio interiore. Pardini si mostra
poeta poliedrico, sensibile, schietto, fecondo, attento osservatore della
realtà: della natura e dell’uomo in particolare, con la sua raccolta poetica ci
offre un’opera di grande pregio letterario ed estetico, ricca di importanti
messaggi e profondi valori e significati.
Marcella Mellea
Nazario Pardini. I
dintorni della vita. Conversazione con Thanatos.
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