domenica 2 febbraio 2020

NAZARIO PARDINI LEGGE: "PROFUGHI PER SEMPRE" DI GIUSY FRISINA

Giusy Frisina,
collaboratrice di Lèucade


Giusy Frisina. Il sogno di Msarsilio a Firenze. Aracne. 2019
Giusy Frisina. Profughi per sempre. Blu di Prussia. 2019

Mi sono giunti, stamani 31 gennaio, due libri della scrittrice Giusy Frisina: filosofo versatile, eclettico, di autorevole valenza; poetessa che con animo inquieto è sempre alla ricerca di una verità che sembra sfuggirle dalle mani in un volo perpetuo verso un silenzio che pare risponderle: “… Nel silenzio che ora mi risponde/E sarà nulla e resta solo il dubbio/Eppure volo anche se resto a terra/Più umana e più divina finalmente/ Con sullo sfondo il volto della Sfinge/ Che chi sia come ci sorride sempre” (Visione greca).  
Il primo libro consiste in un dialogo fra gli illustri ingegni che fecero grande e irripetibile l’homo rinascimentale a Firenze: IL SOGNO DI MARSILIO FICINO: Marsilio, Lorenzo de’ Medici, Fantasma di Platone, Angelo Poliziano, Sandro Botticelli, Leonardo Da Vinci, … Giovanni Cavalcanti, Luigi Pulci,  Cosa Donati, Luisa Donati, Nannina de’ Medici, Bernardo Rucellai. Un’opera  che mette bene in luce la ricchezza culturale della Frisina, il suo patrimonio artistico e la sua vivacità esplorativa. Così si riporta in quarta: “Nell’Accademia platonica di Ficino, fondata per volontà di Cosimo il Vecchio, succede che si discuta di bellezza, di amore e di politica e che il giovane Lorenzio, già poeta nonché prossimo ad assumere il potere, sia combattuto tra gli ideali platonici del  maestro, le proprie passioni e la ragion di Stato che lo attende al varco. Sfilano giovani intellettuali  e alcuni artisti – Sandro Botticelli, amico di Lorenzo, e un giovanissimo e geniale Leonardo – tutti più o meno impegnati nelle prove dello spettacolo del Simposio, che ogni anno va in scena per la data del compleanno di Platone. E durante le prove può accadere di tutto”. 

Il secondo libro, i cui versi sono accompagnati da una mia obiettiva prefazione,  è oggetto della ontologica ricerca verso la quale verte la poetica della scrittrice: il mare come simbolo della vita, l’esistere,  i ricami stilistici, la coscienza del tempo, il vivere e il morire, e la singolarità epigrammatica della Frisina; credo opportuno, a questo punto, riportare la mia prefazione per dare l’idea della portata, a livello ontico e scritturale, dell’opera:  

Il mare aspetta sempre di Giusy Frisina:

Sul dolce mare intanto volo piano
e mi ricopro ancora di salmastro
e di azzurra speranza
in modo che solo mi riconosca chi sa
il codice segreto del mio cuore,
il nome di quella Luce che mi  abbaglia
e  felice mi inganna ogni volta.

Partire da questi versi significa scavare fin da subito nell’animo di un’artista che fa del suo percorso poetico un dicotomico gioco di Luce che abbaglia e inganna. Sta qui, in questi abbrivi epigrammatici la forza creativa della Nostra: una netta coscienza della dualità sostanziale verso cui è orientato il suo mondo contemplativo.
Profughi per sempre, il titolo di questa silloge che, con stabili percorsi emotivo-stilistici, affronta la questione dell’esistere; della precarietà della condizione umana di fronte a quel tutto che non di rado ci spaventa per la sua voracità disumana:

Siamo fragili anelli
fatti di nebbia e notte
di vento e lampi
e lunate preghiere
e guerra permanente
fino a che un'alba chiara
non ci abbagli e muta 
ci sorprenda

Perché dunque profughi per sempre? La ragione sta nel fatto che è proprio della nostra condizione sentirsi profughi; esseri in cerca di una verità difficilmente raggiungibile.

Che poi  non siamo noi stessi?
Gli uni e gli altri …
Storditi e abbagliati
con  troppo sole negli occhi
andiamo  sempre senza posa
per  nuove strade  di sabbia e  dolore
aspettando di arrivare tutti - liberi finalmente
al Mare Nostrum

Per questo il mare  rappresenta con la sua estensione  ed i suoi illimitati orizzonti il simbolo della nostra avventura;  la coscienza  del nostro stato di deficienza; di miseria di fronte alla grandezza dei pelaghi. Ma è vero, anche, che ci sentiamo a nostro agio, a posto con noi stessi, se immersi  in tanta dimensione d’infinita solitudine:

Il mare aspetta sempre
dietro l'angolo,
nella sua infinita solitudine,
che qualcuno si ricordi
del suo incredibile miracolo.

Un miracolo. Quasi un ritorno alle origini, verso cui indirizziamo la rotta continuamente senza rendercene conto. La barca su cui portiamo tutto il nostro esistere a volte è appesantita; piena di zavorra per uno spirito che pensa solo di sottrarsi alle branche della terrenità; è frenata dal  carico di memorie; dalle esperite vicissitudini esistenziali che cedono il posto, spesso, a una meditazione di forte impatto escatologico, simboleggiata nella immensa portata del mare:

E se al  di là del mondo c'é Dio
chi  se non l'infinito mare,
con il suo abbraccio straripante,
lo può mai  raccontare ?

L’isola felice è nella nostra mente; nei nostri desideri; nelle vertigini dei nostri poemi.  Ma esiste questa isola? O è solo  un motivo che ci spinge alla ricerca di noi stessi; di quella parte di noi che ci è ignota. Scoprirla significherebbe raggiungere la quietudine dello spirito; ma anche la fine di un viaggio estremamente fecondo a mantenerci vivi, creativi, e partecipi in questo gioco di odisseica valenza. È là che la Poetessa mira; è là che volge la rotta della sua navigazione, pur sapendo che non ci saranno ancoraggi. Questo è il destino di noi terreni: navigare, navigare, navigare in un immenso oceano di scogli e trabucchi senza fari; di bonacce e tempeste da vincere. Un nostos di trepide intrusioni umane e utraumane  che la Frisina ha intraprese affidandosi ad una barca soggetta al naufragio; Ella ne è cosciente ma sa anche che la forza della sua simbiotica fusione con il mare le dà l’energia giusta per giungere all’approdo tanto agognato.  Quale simbolo più inerente; più visivo  a reificare la visione del nostro esser-ci;  del nostro incastro tra terra e cielo. È qui lo spaesamento della nostra storia: piedi a terra e animo volto alle stelle. Il fatto sta che i piedi sono ben piantati; e la terra non molla la sua preda. Possiamo solo scorgere le stelle con occhi biechi e miopi da mortali. Ma la Poetessa, navigando sulla zattera della speranza, sa scorgere una luce accecante ad orientarla; una luce che Ella conosce,  cosciente del suo inganno. È la luce della poesia, quella della vita, del mistero, di tutto ciò che non si concede definitivamente. Da qui il dubbio, l’incertezza, la precarietà; lo stato di malum vitae che l’accompagna fornendole il carburante del canto.  Ricorrere a mezzi verbali che vadano oltre la sintassi canonica; a messaggi di sinestetica intrusione creativa; a iperboli  che azzardano sguardi verso il cielo, rientra nel gioco stilistico della Poetessa. È la parola, con tutta la sua energia semantica,  ad assumere, col mare, una identità cospirativa; una scala di infiniti gradini per raggiungere le soglie della significanza:

E la parola arriva
Come acqua di luna
Sponda di Dio sul tempo
Ombra vagante
Su  strade inconsuete
Fino a precipitarsi - arresa
Nelle tue vasche segrete

Il suo Poema è fatto di melodici incontri; di allusivi effetti trascinanti; di ricerca verbale sana e estesa. D’altronde è il verbo l’unico mezzo umano tramite il quale cristallizzare le nostre vertigini ontologiche. Bisogna essere poeti per intuire certe arroganze di tiepidi tramonti, o certi inviti di sottile saudade. E la Frisina è Poetessa; lo è in tutti i sensi: immaginazione, euritmia, musica dell’anima, fughe verso l’oltre, en haut, da dove poter contemplare la perpetua instabilità dell’esistere; non di rado facendosi accompagnare dalle note di un artista quale Leonard Cohen, nelle quali ha trovato e trova sempre la serenità di vivere in pace con se stessa su questa problematica terra. Tanti gli azzardi concretizzati in note di mare; o in riverberi di cielo: l’onda che riparte/ Per andare oltre, quasi un metamorfico peregrinaggio umano; Sul dolce mare intanto volo piano, voli verso sentieri da scoprire; Prendere la riva a bracciate/Su un'isola sperduta divenuta unica/ Dove attendere  la pace/ Del  tuo mare salato, il problematico arrivo, il difficile ancoraggio, il metaforico dire del mare salato; bambini dagli occhi immensi/ Notti di deserto/ Alla ricerca di pozze d’acqua, il dramma dei profughi di estrema attualità; i poeti,  Entrammo così – inattesi/ Malvestiti e folli/nell'invisibile giardino/  delle immagini salve; la Visione greca, Luna d’oro sul blu/ Jonico imbrunire Moneta inestimabile/ Da non dimenticare; fino ad un’energica quanto lirica fusione con le sponde  greche che la Poetessa sente sue, Vedo/ Le  commosse lanterne  della Plata/ Sospese nell’incanto del tramonto/ Dipinto sull’Acropoli,…
Il tutto in una silloge di polisemica significanza dove la Poetessa con punte di estrema liricità tocca àmbiti di forte intensità umana. E lo fa alternando versi endecasillabi con altri accessori di effetto contrastivo ed estensivo. Sì, un vero reticolato vesificatorio a  fare da supporto all’anima; un vero e proprio viaggio verso la luce; un poematico percorso pelagico-introspettivo che si chiude  con APPARENZE,  a un passo dalla verità:

Poi un sole androgino che sembrava luna
si è tuffato nell’acqua viola -  e argento.
Ed ancora una nave - dagli occhi accesi
A un passo dal confine – tra mare e cielo
Nell ’imbrunire estatico
A un passo dalla verità
Finzione di verità che si rivela
Nel linguaggio divino
 Che ora
Semplicemente appare

Nazario Pardini










 

2 commenti:

  1. Un grazie immenso come il mio mare al Maestro Nazario Pardini , che sempre mi guida nei miei versi, aiutandomi a riscoprirne i più magici riflessi. La sua non è soltanto una "prefazione oggettiva" ma una sorta di interpretazione degna di un direttore d'orchestra, che riesce a cogliere tra i flutti dei miei versi i toni più profondi e i guizzi più imprevisti, rivelandone l'ossimorica armonia. Poi da filosofo quale è, davvero ne sa indicare con efficace linguaggio l'ontologica ricerca, rivelandone i reconditi meandri e i misteriosi sensi. Marsilio Ficino lo avrebbe accolto a braccia aperte nella sua Accademia. Quanto a me sono orgogliosa di averlo come amico e tanto emozionata della sua tanto significativa presenza in quest'ultimo libro, per me particolarmente importante nel mio percorso come momento di maggior apertura al mondo.

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  2. E il tuo mare di spessore e di amore arriverà a toccare il suolo romano in inverno... Ti attendo a braccia spalancate!
    Maria Rizzi

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