lunedì 1 febbraio 2021

FRANCO CAMPEGIANI LEGGE: "AFFIORAR DI PAROLE" DI FIORELLO DOGLIA


Pubblicato da Amazon in seconda edizione

"Affiorar di parole", di Fiorello Doglia

Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade

Personaggio poliedrico, Fiorello Doglia, medico di professione, esperto in agopuntura e medicina cinese, ha avuto una formazione ampia, rivolta verso numerose direzioni e interessi, costruita poco a poco sperimentando. Noto artista, scultore e pittore da sempre impegnato nel portare alla luce i propri fermenti interiori, ha sentito impellente l'insorgere di una nuova Musa, la poesia. Con Affiorar di parole, pubblicato ora da Amazon in seconda edizione, ha inaugurato questo capitolo nuovo della sua ricca e variegata azione creativa, cui, dopo la prima edizione, ha fatto immediatamente seguito un'altra raccolta, Radici, sassi e sassolini, mentre un popolo di altre opere ha già annunciato il suo prossimo arrivo.

Affiorar di parole, contiene poesie che sgorgano come polla d'acqua sorgiva dal più intimo sentire. Portate da un vento interiore fortissimo, queste poesie hanno un leitmotiv, una sorta di fil rouge che le accomuna. Potremmo dire che sono poesie sulla poesia, poesie il cui tema centrale è esattamente la nascita della poesia. Poetica della creatività, pertanto, tesa a ritrarre lo spirito creativo come condizione la più consona e la più genuina, la più autentica dell'umanità. Un vero poeta, come un vero artista, non può non sentirsi immerso in un flusso misterioso cui sa di dover obbedire, facendosi docile strumento. Non costruisce i propri versi a tavolino, così come neppure i propri manufatti artistici in laboratorio, facendo esclusivo affidamento sulla propria sapienza tecnica.

Creatività non è virtuosismo, ma partecipazione al banchetto universale, battendo all'unisono con i battiti creativi del creato. Fiorello crede prepotentemente nell'ispirazione, nei suggerimenti di una Musa - così la chiamavano gli antichi - che in fondo non è altro che la propria spiritualità. Oggi si preferisce parlare di inconscio, ma il termine presta il fianco a molte ambiguità, con i suoi più o meno espliciti riferimenti allo spontaneismo, all'automatismo psichico, quando non proprio allo stato di trance. L'ascolto dell'Essere, del proprio Essere profondo, pretende che colui che ascolta sia pienamente vigile e in possesso di tutte le sue facoltà.

Chi si abbandona al sentimentalismo, smarrisce la padronanza di se stesso e quindi del proprio istinto vitale, del proprio vero "cuore" che batte all'unisono con la propria spiritualità. Lo psicologismo è agli antipodi di questa visione spirituale e creativa del mondo che nulla concede allo sfogo intimistico, al ripiegamento autoreferenziale dell'io su se stesso. "Cosa volete che interessi agli altri del mio cuore?!", si chiede infatti Fiorello. Quel che lui si propone, dice giustamente Mauro Antonio Miglieruolo in prefazione alla prima edizione, "non è correggere il mondo, impresa nella quale molti poeti si sono cimentati e qualcuno vi è pure inciampato" (molto più di qualcuno, io direi).

Non dunque "poesia di impegno", poesia civile, come veniva definita un tempo: poesia ideologica, posta al servizio di una determinata idea. La poesia di Fiorello, dice Miglieruolo, non è ideologica, ma subito dopo aggiunge che questa poesia non ideologica non è neppure intimistica, né si propone "un risultato estetizzante, la ricerca della forma per la forma": l'ideale dell'arte per l'arte, si diceva un tempo. L'intento non è di cambiare il mondo, ma neppure di evadere oniricamente dal mondo. Piuttosto, dice Miglieruolo, quest'arte "si propone di decifrarlo (il mondo)". Dunque, poesia di conoscenza, poesia dove il poeta, parlando di sé, parla di tutti gli uomini. L'interiorità profonda  non è intimismo, è universalità.

I sentimentalismi stucchevoli, gli sfoghi del cuore, non sono poesia e nulla hanno a che fare con la vera creatività. A meno che per "cuore" non si voglia intendere il vero centro spirituale dell'uomo, la sua essenza universale, i suoi istinti vitali lontanissimi dalla poetica dei gridolini e degli stordimenti ludici, dei capricci evasivi. Stupore dei sensi come stupore spirituale. Osserviamo gli animali: hanno istinti non emozioni. Così come non hanno razionalità. Ed è per questo che sono esseri squisitamente spirituali. Le poesie di Fiorello Doglia nascono da questa sorgente e sicuramente nel tempo matureranno perle sempre più preziose. Tutto ruota intorno alla capacità che l'uomo ha in comune con gli altri esseri viventi, di mettere le mani in pasta nei processi creativi del creato.

Fondamentale è l'uso delle mani: "Mani queste mani mie mani... / Che viaggio abbiamo fatto / Quanto fare / quanto lavorare / quanto dare / quanto amare". Una manualità che nulla concede alla manipolazione, ma che si affida fiduciosa all'azione universale e creativa della creatività. Manualità che è impasto di materia e spirito. Di ispirazione senz'altro, ma di lavoro nello stesso tempo, perché, se è vero che il primo verso è dato dagli dei (così dicevano gli antichi), poi però bisogna lavorare, bisogna tuffarsi nella materia e sporcarsi le mani, in un corpo a corpo con i linguaggi espressivi dell'umanità. E' da sciocchi pensare che l'ispirazione possa giungere senza lavorare, oziando beatamente tra i fiorellini di un prato e lo svolazzar degli augelli, lontani dagli affanni dei comuni mortali. No, ai nullafacenti nulla regala la Musa.

Questo Fiorello lo sa. Il suo stile somiglia a un'eruzione vulcanica lungamente maturata nelle profondità: lapilli infuocati che, spinti dall'interno, si catapultano in superficie, sulla pagina, con cruda e petrosa consistenza, con una grazia priva di orpelli. C'è una posa onirica e un po' folle, che ricorda vagamente lo stile onomatopeico palazzeschiano, unito al teatro dell'assurdo, con una sorda, ironica ribellione contro i convenzionalismi e le ipocrisie dell'umanità. In "Bugiardino", ad esempio, la prima poesia del libro, troviamo una serie di avvertenze e indicazioni inquietanti, simili a quelle dei foglietti acclusi alle confezioni di un farmaco, che invitano a fare molta attenzione nell'assumere le pillole di saggezza contenute nel libro, fino alla giocosa ironia finale: "Ah! Molta attenzione / agli Autori / gli artisti in genere sono Matti... / Così dicono di loro! / Pensate / sembrano Bambini!". 

Che i bambini siano innocenti è alquanto scontato, ma che anche l'adulto possa esserlo non viene facilmente accettato. Non si accetta che l'adulto possa non essere... adulterato, che possa vivere al di fuori di quegli schemi (pur accettandoli) che lo rendono decadente ed uccidono il suo spirito vitale. Non si accetta che egli possa vivere senza maschere, come un animale, con "il corpo nella vita / il cuore chissà dove", come è splendidamente detto nella poesia che s'intitola Nessuno. "Ho insegnato a mio figlio..." insiste sul tema dell'autenticità e sulla distruzione delle maschere: "Quando il senza forma / preme alla tua porta / ... / ferma lo scorrere del tempo / riduci le parole / accogli il silenzio / ammutolisci!". Sta nel silenzio la parola viva, nella solitudine la vera compagnia. Il "senza forma" non è altro che la spiritualità, la quale plasma e vivifica la materia senza lasciarsene catturare.

Lo spirito universale balena soltanto nella materia, non muore in essa. Sta qui la differenza tra Simbolo e Feticcio. Gli uomini creativi non cadono nella trappola, dimenticano ciò che oggi hanno creato, perché domani è un altro giorno e dovranno cominciare daccapo, dando nuovamente fondo alla propria creatività. Sanno restare sempre "gli stessi... bambini", dice Fiorello, sempre creativi, sempre al primo giorno, "oltre ogni condizionamento", "al di là dei ruoli / oltre le parti / oltre le mete / nonostante / maschere e corazze". Questa poesia è tutto un invito a vivere creativamente, in un perenne e costante, interiore big bang: "Animo mio / esplodi / Dal profondo / Ribolli / ribellati... / Affiora Spirito!". E' tutto un inno alla "Occulta Sapienza / magica vitalità", "Tumultuosa cascata / entro il corpo / entro il cuore / nelle viscere".

Un invito ad essere sempre se stessi, a "combattere l'arroganza / scuotere l'umanità / allontanare / la stupidità", a ribellarsi al plagio mentale e a prendere direttamente in mano la propria esistenza, come ben evidenziato nella poesia che s'intitola "Uomini o manichini": "Scoprire, coltivare la propria natura / individuale... / ... / ... non essere / addormentati, non concentrati, distratti: / ... / ridicoli manichini vuoti o ricolmi / del volere altrui". Tutto ciò è splendidamente detto anche nella poesia che s'intitola "Preghiera", che non ha il senso di implorazione querula del divino cui siamo abituati, bensì quello di scoperta del divino che è in noi, e di "serena armonia", di equilibrio e di amore che noi stessi possiamo diffondere.


Franco Campegiani

 

 

 

 

3 commenti:

  1. Franco caro, presenti l'Opera di un Artista, che non ho l'onore di conoscere, ma che attraverso la tua esegesi sembra stagliarsi vivo dinanzi ai miei occhi. Un Autore che rompe gli schemi, che sa essere 'tellurico', per usare un termine 'tuo' o simile a Palazzeschi, il poeta che amava smoderatamente divertirsi, che con la sua atipicità e la sua effervescenza caratteriale fu un grande riferimento del futurismo. Fiorello Doglia, a quanto dici, ama le fughe poetiche, vuole sentirsi libero di mostrare l'animo - fanciullo del quale sei solito, giustamente, tessere le lodi, e odia le maschere, i filtri, le convenzioni, senza le quali troppi di noi sembrano non poter vivere. Un'appassionata lettura del testo e dell'uomo, la tua, come sempre, che l'avrà reso felice. Ti ringrazio per questa pagina che mi riporta ai tantissimi eventi vissuti insieme e ti abbraccio, estendendo la stretta al Nume Tutelare che ci permette di navigare tra tante diverse emozioni.

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  2. Appassionata davvero questa esegesi di "Affiorar di parole" dell'artista Fiorello Doglia. Il titolo dell'Opera già rappresenta una Sorgente, alla quale Franco Campegiani si abbevera regalandoci una notevole nota critica.
    Condivido le sue parole "Un vero poeta , come un vero artista, non può non sentirsi immerso in un flusso misterioso cui sa di dover obbedire".

    Complimenti all'Autore, al Critico e un caro saluto al nostro Condottiero che permette questi incontri salutari.

    Loredana D'Alfonso

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  3. Grazie a voi, Maria e Loredana, insostituibili amiche e vestali infaticabili della Musa che affratella tutti i collaboratori di questo blog. Vi abbraccio.
    Franco

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