Francesco De Caria legge due poesie di Lino D’Amico
Volentieri trasmetto
qualche considerazione su questi componimenti in versi che, come già detto a
voce, costituiscono un ulteriore passo verso una creazione poetica che affida
il proprio messaggio non solo alle parole, ma anche al ritmo, ai richiami, alla
musicalità dei versi.
"Aspettiamo l’alba
Lungo mare
di Zoagli
10 Agosto 1967
Tiepido è l’alitare dello scirocco,
dolce, lo sciabordio della risacca
e, intorno, solo il fruscio di un silenzio
in corsa con il palpito del tempo.
Ricerco echi tra memorie antiche
e contorni vaghi senza luogo,
lontano, tra i meandri della mente.
Cosa mai potrei dirti ?
Non so se avere il timore
di giocare con il mio pensare scosso
fino all’estremo soffio di misteri sciapi
o dar voce a quegli sprazzi di silenzio
che vorrebbe risposta ad ogni mio perché,
o, ancora, percepire celate emozioni,
che mi abbracciano, poi si disperdono.
lasciando vuoti di melodie,
echi di effimere sensazioni,
pallide stagioni di metafore
spazi di orizzonti senza confini.
Tiepido è l’alitare dello scirocco,
dolce, lo sciabordio della risacca
e, intorno, ancora, il fruscio di quel silenzio.
Cosa mai potrei dirti ?
Vorrei assopirmi, così,
le mie mani tra le tue,
mentre, insieme, aspettiamo l’alba.
Il linguaggio poetico e artistico di Lino D’Amico, in genere, è
costituito anche da rimandi, disseppellimento di cose che giacciono nel
profondo di ognuno.
La poesia è inoltre semplificazione, districare l’essenza delle cose dal
complicato sovraffollarsi dei ricordi,. dall’intrico delle sensazioni, dagli
affanni come dalle gioie effimere
Un aspetto di questo cammino è l’abbandonarsi a quanto ci circonda,
quando esso è “Alitar dello scirocco, Sciabordio di risacca, Rumore del
silenzio”, espressione che nel contrasto tra i due termini opposti esprime la
natura interiore delle nostre percezioni: ciò che nella realtà sensibile è
fragore, può diventare silenzio e viceversa.
Alla rapida carezza dello scirocco che pare disperdere ogni diaframma
tra l’individuo e l’infinito, lo sciabordio della risacca pare il respiro
infinito dell’Essere.
Negli ultimi tre versi un “Tu” che non è più donna, non donna
specifica, almeno, ma la presenza, che è il tramite tra l’infanzia del nostro
esistere e ’infinito. Tra poco l’alba riporterà le immagini concrete,
razionali, squadrate delle cose e l’infinito sarà messo a tacere dalle immagini
della vita vissuta., In questo caso ci pare che l’alba non sia liberazione,
luce confortante, ma ritorno dell’angusto teatrino delle cose di tutti i
giorni.
"Anni d’argento
Assaporo lentamente
il profumo delle emozioni,
forti, penetranti,
e mi lascio cullare
da un brusio di pensieri
che rapiscono l’anima,
fanno sognare
e riportano alla mente
reconditi sussurri di nostalgia.
Ascolto il silenzio che mormora
pensieri pregni di perché,
di sogni già vissuti,
echi di un tempo lontano
dove giorni e ore hanno corso
i meandri incogniti del destino.
Scivolano via gli anni d’argento,
si disperdono con i sogni e i desideri
tra evanescenze di ricordi,
ora, però, solo polvere di sensazioni,
nostalgie di gesti antichi,
diari con pagine ingiallite,
non più sfogliate
dalla musica del vento
che non sa leggere, oramai,
tra le sue righe.
Il cammino dei versi di Lino D’Amico porta a considerare di osservare il
mondo dall’alto, in modo più distaccato. Le emozioni forti della giovinezza
sono ora, negli anni d’argento, solo profondo e recondito sussurro di
nostalgia, polvere di sensazioni. Il vento non sa leggere ormai fra le righe
del diario che ogni vita scrive giorno dopo giorno. Amori coltivati un tempo
nelle stanze recondite del proprio animo, sono ora solamente “scorze di
affetti” e il senso di tanti momenti forti, eppure irrimediabilmente lontani,
non si disvela..I versi con il loro guardare da lontano i momenti
dell’esistenza non svelano il senso ultimo delle cose, il loro intimo
significato, ma svelano la possibilità di una riappacificazione con il mondo,
dopo la lotta, la sfida, l’illusione di cambiare tutto, di porre rimedio alle
incongruenze della storia. “La vida es un sueño”, così suona il titolo di una
commedia del barocco Calderon de
Ottimo il tributo del professor De Caria alle liriche del mio amico Lino. Ha illuminato i tratti salienti della sua poetica, che si snodano essenzialmente sul piano della malinconica nostalgia del passato e su quello puramente esistenzialista. Non si può definire un Poeta intimo, in quanto i suoi versi sono condivisibili, rappresentano lo specchio dei sentimenti di ognuno. Un Autore che attua variazioni di cifra stilistica, talvolta ricorrendo alla semplicità espressiva, in altre occasioni rendendo il suo linguaggio più complesso e dolcemente ermetico. Sempre coinvolgente e sempre incantevole... la lirica "Anni d'argento" ne è l'esempio. Ringrazio il suo eccellente recensore e lo saluto caramente e abbraccio forte Lino, che continua a mietere soddisfazioni.
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