Claudia Piccinno, collaboratrice di Lèucade |
Armando Iadeluca, In ordine sparso. Commenti critici sulla scrittura di Claudia Piccinno, Il cuscino di stelle, Pereto, 2020.
In una pregiata veste grafica,
per le edizioni di Cuscino di Stelle, è stata recentemente pubblicata una
raccolta di testi critici – tra lettere, commenti, recensioni e veri saggi –
sull’ampia attività letteraria della poetessa e scrittrice pugliese, ma
bolognese d‘adozione Claudia Piccinno. Il libro, dal titolo tanto
onnicomprensivo quanto evocativo, recita “In ordine sparso”; il volume è stato
curato da Armando Iadeluca. Non passa assolutamente inosservata la raffinata
copertina che riporta un acquarello assai efficace che ritrae un colibrì
pensato in movimento, opera particolarmente avvincente in grado di trasmettere
un senso di levità, firmata dall’artista Florisa Sciannamea.
Il libro, che è ben più di un
repertorio di testi critici, semmai un vero e proprio saggio, nella ricchezza
delle vedute, nell’ampiezza delle interpretazioni e degli squarci ermeneutici
dei tanti critici che via via si susseguono, si apre con un apparato dedicato
alle “recensioni sulla poetica”. La pagina incipitaria è vergata dal breve e
partecipe messaggio di un nume tutelare della critica letteraria nostrana, il
professore Giorgio Bàrberi Squarotti, che nel suo mirabile ed esatto intervento
critico, così enuclea il piglio attento della Nostra e l’efficacia del suo
dettato lirico: “La sua poetica alterna una liricità commossa e luminosa a
riflessioni e pensieri di vita con efficaci giudizi sull’attualità nel dolore
della storia”. In questa frase sembra contenuto un mondo: un periplo attorno al
profilo letterario della Nostra che, in chiave sinottica e tra rifrazioni di
simboli, ben serve per addentrarsi all’interno delle pagine di questo volume.
Non sarebbe giusto né
opportuno fare “la critica della critica”, se teniamo in considerazione che
anche il sottoscritto è orgogliosamente presente nel volume; al contrario, la
volontà di questo breve testo è di presentare – pur per sommi tratti – la
composizione del volume e accennare ai molteplici contenuti. L’operazione
editoriale di Iadeluca è, infatti, da considerare assai rilevante – non solo
per la spiccata autorevolezza delle voci inserite, il prestigio di altre, la
notorietà di altre ancora – ma perché ricostruisce in maniera fedele il
percorso letterario della Nostra che si snoda tra le varie pubblicazioni in
volume, tanto per la poesia che per la saggistica. Il fatto che un poeta
contemporaneo, della nostra età, possa contare su di un volume saggistico monografico
su di lui – com’è appunto questo – non è qualcosa di dubbia o minima rilevanza.
Al contrario è il segno tangibile – che rimane a testimonianza – di una
stagione florida, promettente e indiscutibile nell’attività letteraria della
Nostra, così ben strutturata, contestualizzata e, com’è giusto che sia,
meritatamente riconosciuta, fatta oggetto di analisi, di considerazioni
estetiche e contenutistiche.
Nel volume compaiono testi di
(cito in extenso e non ad libitium) Andrea Marrone, Ignazio
Gaudiosi, Fabrizio Mugnaini, Evaristo Seghetta Andreoli, Teresa Gentile, Arrigo
Pareschi, Agron Shele, Nicola Maselli, Mauro Montacchiesi, Francesco Potenza,
Marina Atzori, Lorena Guarascio, Carmen Moscariello, Antonio Spagnuolo (il
grande poeta campano, presente nel volume con molteplici letture critiche,
lunghe lo spazio di una paginetta appena, eppure così incisive e capaci di
vestire le opere della Piccinno in maniera così confortevole e adeguata),
Emanuele Aloisi, Alessandro Ramberti, Stefano Valentini, Grazia Procino,
Domenico Pisana (con le sue recensioni assai particolareggiate nelle quali dà
una doppia vita ai versi, che cita abbondantemente per poi far “respirare” il
testo attraverso le sue puntuali piste investigative sui significati), Vittoria
Nenzi, Maria Luisa Tozzi, Maria Rizzi, Sabina Guidotti, la recentemente
scomparsa Bruna Cicala, Paola Bisconti, Nazario Pardini (presenza ineluttabile
della critica alla poesia italiana contemporanea, commentatore attento di tanti
poeti, artefice di chiose che sono ornamento estetico e scavo ontologico),
Angela Caccia, Milica Lilic (altra presenza, dopo Shele, che testimonia
l’interesse dell’attività poetica della Nostra anche in intellettuali
dell’altra sponda dell’Adriatico), il sottoscritto, Fiorella Franchini, Ester
Cecere, Alessandra Peluso, Bartolomeo Bellanova, Raffaella Tamba, Ninnj Di
Stefano Busà, Giovanni Invitto, Angioletta Masiero (presente con due suoi
commenti scritti quali motivazione per dei premi speciali conferiti alla
Piccinno in seno a vari concorsi letterari), Deborah Mega, Brunello Gentile,
Ugo Piscopo (uno degli ultimi veri “decani” della poesia nostrana), Massimo
Massa, Paolo Pozzi, Rossella Maggio, Piero Lo Iacono, Rosanna Bonafede,
Antonella Griseri, Patrizia Romio, Marco Errico, Itala Cappello, Fabrizio
Bregoli ed Elisa Silvatici.
Dunque giornalisti, critici,
professori universitari, ma anche poeti, com’è facile recepire da alcuni nomi
piuttosto noti e ampiamente stimati (non solo in Facebook, chiaramente, che
sarebbe ben poca cosa) ed è questo che – a mio avviso – appare particolarmente
interessante. La critica – non tanto il giudizio secco e perentorio,
inflessibile e obiettivo – di quella accademica (pure presente in alcuni brani
nel volume) ma dell’universo spensierato e smagato dei poeti, di quei creatori
silenziosi capaci di sviscerare emozioni che sono di tutti, interloquire con le
possibilità finanche col dubbio, di sorvolare su aree inesplorate pur sapendo
rimanere, al contempo, con i piedi ben ancorati al suolo. Una critica mimetica
ed empatica, dove il poeta che legge un altro poeta è come se si ritrovasse (o
non ritrovasse, pur avendo piacere disquisirne), come se ritrovasse parti di sé
(o tentasse di farlo), annodando fili di un’imprecisata matassa che è quella
dell’esistenza, la medesima con la quale – con i linguaggi che possono pure
essere diversissimi – anche lui ha a che fare e alla quale si trova avvinto.
Ecco perché queste letture – con la particolarità di alcune autrici femminili e
con sole poche eccezioni – sono così intime e ridenti, delle vere confessioni o
dei conversari tra vecchi amici. Si nota, infatti, e lo si apprezza in maniera
così istintiva, il fascino e la piacevolezza che questi autori (persone, prima;
poeti, poi) hanno sperimentato nel corso della lettura delle opere della
Piccinno, la loro immedesimazione e partecipazione, la loro vicinanza a un
sentire che è forse comune ma la cui esplicitazione su carta è data ai pochi, a
coloro che – citando Federico García Lorca – hanno “il fuoco nelle mani”.
Ci sono testi anche in lingua
straniera, com’è il caso dell’albanese di Agron Shele e questo mette in luce
anche un’altra delle caratteristiche del percorso letterario della Piccinno che
la vede particolarmente connessa ad altre lingue e culture, a universi
geografici particolarmente distanti con i quali dialoga, interagisce in uno
scambio mutevole di conoscenze ed esperienze. Notevole è, a tal riguardo, il suo
costante impegno nell’universo della traduzione. Operazione, questa, che va
meritevolmente richiamata – il saggista prof. Domenico Pisana l’ha inserita
tempo fa in un suo volume Inserita in “Pagine critiche di poesia contemporanea”
(Il cuscino di stelle, 2019) che è un ponte tra culture apparentemente lontane
– se teniamo in considerazione la nostra società multiculturale e sfaccettata,
che sempre più reclama confronti e travasi d’esperienze umane e letterarie. Il sapersi
(anzi, il volersi, che è cosa diversa) relazionarsi a un contesto più
ampio di quello della provincia italiana che, invece, guarda
all’internazionalità, diventa, infatti, prerequisito quasi fondamentale per una
completa e più attenta coscienza collettiva, finanche per una responsabilità
che proprio in quell’incontro, in quel dialogo tra pari, fa intravedere motivi
di crescita, consapevolezza e, non da ultimo, di umanità. Rientrano in questa
stagione d’impegno nell’interpretariato una serie di opere tra le quali le
traduzioni in italiano di opere del peruviano Oscar
Limache (“Volo d’identità. Poesie 1979-1986”, Il cuscino di stelle, 2018),
della turca Ilal Karahan (“Angoli della notte”, Il cuscino di stelle, 2019),
del tedesco Gino Leineweber (“Ciao oscurità”, Il cuscino di stelle, 2019), dell’arabo
Raed Anis Al-Jishi (“Gabbiani sanguinanti. Guarda, senti, vola”, Il cuscino di
stelle, 2018) e il recente volume “Una brezza mediterranea tra poeti italiani e
turchi / A Mediterrean Breeze among Italian and Turkish Poets” a cura di
Claudia Piccinno e Mesut Şenol
(Il cuscino di stelle, 2020).
I tanti contributi critici
raccolti nel volume permettono, così, di avvicinarsi ad alcune opere della
Piccinno, che vengono proposte in un percorso à rebours, partendo dalla più recente spostandosi progressivamente
alle precedenti pubblicazioni in ordine, dunque, anacronologico che tende, nel
percorso a ritroso, all’evidenza di un percorso diluito nel tempo. Qui,
infatti, vari autori di recensioni e commenti parlano di questi suoi libri: “La
nota irriverente” (Il Cuscino di Stelle, 2019), “Rime sparse. Il suono di due
voci del Mediterraneo” (CreateSpace Independent Publishing Platform, 2018 –
opera a quattro mani col poeta albanese Agron Shele), “Ipotetico approdo”
(Mediagraf, 2017), “Ragnatele cremisi” (Cuscino di stelle, 2017), “Il soffio.
Cortometraggi d’altrove” (2013), “Potando L’euforbia” (inserita nel volume
collettaneo “Transiti diversi”, Rupe Mutevole, 2012), “La sfinge e il Pierrot.
Una voce in due tempi” (Aletti, 2011). A questo punto – di colpo – si cambia
genere e vengono riportati commenti e recensioni su un recente volume della
Piccinno di carattere saggistico che porta come titolo “Asimov: un volto
inedito. L’umorismo di Isaac Asimov tra realtà e fantasia” (Il cuscino di
stelle, 2020) interamente dedicato al celebre scrittore russo, pietra miliare
del genere fantascientifico e creatore delle tre leggi sulla robotica con
particolare attenzione alla sua raccolta di racconti “Azazel” (1982).
Particolarmente pregevole e ben orchestrato, tra gli altri, è l’intervento del
poeta brianzolo Fabrizio Bregoli.
Il volume si chiude – seguendo
un’ideale percorso ovoidale – nelle prossimità di dov’era iniziato, ovvero ai
nostri giorni, al 2020 da poco lasciatoci alle spalle, con la fresca
pubblicazione “Tintenflügel /
Ali d’inchiostro” (Ed. Verlag Expeditionen, 2020) che propone in doppia lingua
tedesco-italiano una scelta di poesie della Nostra (la versione in tedesco è di
Gino Leineweber) e “In nomine patris” (Il cuscino di stelle, 2018) opera di
poco precedente.
Questa polifonia di voci qui
raccolte che promanano dall’attenta lettura delle opere della Piccinno è così
diversificata – per linguaggi, punti di vista, sistemi di perlustrazione e
tanto altro – che l’opera risulta avvincente e l’interesse dell’ipotetico
lettore mai viene meno. La combinazione dei testi, nelle loro diversificate
analisi, fa sì che il lettore si senta incuriosito a ricercare e leggere
determinate opere della Nostra anche per poter vedere quale potrebbe essere il
nostro personale giudizio, determinato dall’effetto che l’opera ha prodotto in
noi. Le risposte – infatti – sono molteplici, tutte a loro modo valide e
confacenti all’opera della Nostra e tale polifonia – che è una ricchezza che si
autoriproduce – non può non far pensare a quel che Pedro Salinas – poeta
dell’amore e della poesia pura per antonomasia – ebbe ad osservare: “Quando una
poesia è scritta è terminata, ma non finisce; comincia, cerca un’altra poesia
in se stessa, nell’autore, nel lettore, nel silenzio”.
Lorenzo Spurio
Jesi, 12/02/2021
https://farapoesia.blogspot.com/2021/02/armando-iadeluca-in-ordine-sparso.html
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