Maria Grazia Ferraris legge: Nazario Pardini - Dagli scaffali della biblioteca, 2020
Maria Grazia Ferraris. collaboratrice di Lèucade |
Una
copertina magnifica, un titolo- Dagli
scaffali della biblioteca- che è
tutto un programma l’ultimo libro di
poesia edito da Nazario Pardini. È un volume da leggere lentamente, da
centellinare e poi rileggere: ci si immerge in toto nel mondo poetico
pardiniano ricostruendo la sua figura di uomo, poeta, studioso, critico,
letterato nella vastità dei suoi interessi.
Tre
sezioni, di diversa ispirazione. La prima, Ricordi che pungono, recupera
il tema dell’affettività e della memoria. Chi legge abitualmente le poesie e le
raccolte poetiche dell’Autore ritrova il suo mondo quotidiano ed affettivo: il
padre stanco e amatissimo, invocato anche nella parte finale del libro in una
poesia che è tutta rimpianto struggente e impossibile rassegnazione (“Dove sei,
dove sei, dove sei, padre…”.), la madre sfinita, i tre fratelli, se stesso
bambino, i nipoti, ma anche la casa povera, fredda, ricordata nei particolari indelebili nella memoria, la
scaletta mezzo diroccata, la finestra
smilza aperta al cielo infinito, casa che nondimeno è il focolare, il fuoco
vivo nel quale matura la sua personalità. Tutti elementi rievocati, con
rimpianto, dolore, nostalgia, inquietudine e stanchezza: sono le memorie di una
vita: (“Cari miei cari, ho scritto tutto e a tutti,/vi ho portati con me in
riva al mare,/là dove spesso pescavamo sogni,/sulle prode loquaci delle nostre
fatiche,/sui colli, nei posti che da vivi/percorremmo insaziabili”). Sono i
ricordi talvolta difficili da rimembrare, ma souvenirs pieux, come direbbe la
grande Yourcenar, e continuano a pungere il cuore.
Prosegue
idealmente il viaggio poetico nelle tematiche conosciute con la terza parte “Dieci
poesie d’amore”: un tema carissimo all’Autore che vi ha dedicato più
raccolte come Canti d’amore, I dintorni dell’amore e Il sorriso del mare…. La
freccia di Eros che trafigge la prima
volta: gli sguardi, le timidezze, l’innocenza, le fughe, il tempo delle mele,…l’adolescenza
lontana.
Nazario
P. ricorda e conosce bene la forza indelebile della esperienza amorosa. L’innamoramento è ricco e
favoloso, la notte magica sempre viva, eppure lontana, come ne Corri Delia!
: “Ti ricordi con quanta timidezza/ci guardavamo negli occhi./ Era il tempo
delle mele. Il tempo delle fughe..”.
L’immagine
evocata è incancellabile: Delia che corre sulla spiaggia splendente, illuminata
sotto la luna, Eros, il protagonista, la forza cosmica, l’Amore è unico
protagonista.
Si scrive
d'amore per cercare amore, per ritrovarne il fascino abbagliante, lontano, e
riviverne il sogno, l' elegia…, per ritrovare emozioni, fremiti, e ritrovarsi:
alla ricerca di altre metamorfosi affettive, per offrirgli e offrirsi un
futuro. È la vita e il suo senso. “Mi è passato d’accanto il tuo sorriso/..l’ho
catturato con la rete da pésca/ e l’ho messo sotto l’abat jour./
Risplendeva…”
“Ma tu
ricordi?”dice la lirica rivolta a Delia.
La domanda inquietante, il dubbio della corrispondenza davvero vissuta,
dell’eternità della parola comunicante, dell’esperienza vissuta-sognata che
emerge dai particolari- l’onda lenta, la canzonetta, il canto gioioso, il
ricamo nella sabbia….- il dubbio è quello che la vita abbia appannato, spento
il ricordo, che l’oblio sia diventato il vero protagonista.., pur senza dolore.
Malinconia e gioia di una vita che si dipana nel tempo e che è stata ricca ed
immaginosa quanto poco consapevolmente conosciuta, solo assaggiata nelle sue
ondivaghe dolcezze… , l’infanzia spensierata, innocente, la vita davanti, tutta
da vivere, la paura del bambino di perdersi nei “grovigli dell’azzurro”.
L’adolescenza saputa: immaginando il cielo/ e i sogni con voli fittizi senza
esito/rischiavano sconfini,…: tutta una sinestesia di luci, suoni e colori, il
profumo dell’erba, l’odore “stridente” del grano, delle pesche appese al blu…
Sensazioni forti. Un eroe che sconfigge le distanze. L’adulto torna a ripetere
la “favola bella”: sperde lo sguardo tra le stelle, annusa gli odori di sempre,
le luci sbiancano il paesaggio ricco, ubertoso, maturo. Si ripresenta la
favola: è un brivido…sul vuoto, così come l’esordio della seconda parte “
seduto al cavalletto c’è Chagall/ che ontologico dipinge un incanto/ il gruppo
delle femmine…”
Poesia
di grande cultura e grandi emozioni.
La
seconda parte, che dà il titolo al volume, Dagli scaffali della biblioteca,
è a mio parere, la più originale, interessante e sorprendente. Rivela l’altro
aspetto del poeta: lo studio dei classici, dei poeti contemporanei, gli
interessi letterari, i gusti, la sensibilità empatica oltre che critica, il
lavoro che implica la scrittura creativa, ben lontana dall’essere
impressionismo o spontaneismo.
“
Quello che conta è andare verso un porto/ di improbabile rotta;/ navigare e no
approdare,/…la rievocazione è il focus che alimenta./…ma occorre la parola, o
il pennello”.
Ed
ecco allora comparire nella sua biblioteca, desiderosi di essere di nuovo letti,
sfogliati gli amori pardiniani: Catullo, Manzoni e Leopardi, Baudelaire, Dante
e Petrarca, D’annunzio e Saba, Pavese e Quasimodo, Ungaretti, e un Montale
irritato… “La campagna è fiorita. Sopra il prato/sono seduto accanto/a Catullo,
Manzoni, Leopardi;/il tempo si è fermato, si è stancato/di misurare il mondo;
si è accasciato…”. L’eternità della cultura.
Un
grande impegno per il bibliotecario che riascolta le loro voci, le loro
composizioni. Tra questi, famosissimi, anche alcuni dimenticati o messi in
disparte come Pastonchi, Solmi e le due
donne solitarie: la malinconica Giuseppina Cosco, (“io sono come un campo
d’alta montagna, un prato/ non falciato ricolmo/d’erbe e di fiori senza nome)…e
la bella e affascinante Sibilla Aleramo.
Per
ognuno di loro sarebbe necessario un commento alle citazioni che l’Autore ci
propone: alcune loro poesie potrebbero davvero educare il lettore ingenuo e
commuovente che ama la poesia, ma non sa quale impegno e dedizione comporti.
Mi
pare giusto quindi che il nostro Bibliotecario, sempre così riservato, cerchi
uno spazio tra i poeti per non essere dimenticato in mezzo a tanti straordinari
libri. Si ribellerà il superbo Montale, ma
riceverà conforto ed ospitalità da Saba. Chiusa ironica del poemetto che
nondimeno sottolinea la collocazione consapevole di N. Pardini tra gli autori
più significativi della nostra poesia contemporanea.
Dic.2020-
Maria
Grazia Ferraris
Cara Maria Grazia, ti ringrazio ancora e sempre per i lavori di recensione che svolgi con umiltà e con una forma di appassionata devozione. Ogni tuo scritto, peraltro, è il frutto di tanta professionalità e di un'etica assoluta. L'esegesi dell'Opera, che tanto amo, è lezione e ottimo compendio. Sai racchiudere un testo polivalente in una pagina ricca di sfaccettature e di coinvolgimento. Mi ha particolarmente colpito questo passaggio: "Si scrive d'amore per cercare amore, per ritrovarne il fascino abbagliante, lontano, e riviverne il sogno, l' elegia…, per ritrovare emozioni, fremiti, e ritrovarsi: alla ricerca di altre metamorfosi affettive, per offrirgli e offrirsi un futuro. È la vita e il suo senso". Ti ho trovata commovente e quanto mai vicina all'anima del nostro immenso Poeta. Lo hai senz'altro reso felice. Ti abbraccio forte e... scrivi, scrivi, scrivi...
RispondiEliminaGrazie carissima: hai particolare sensibilità nel cogliere i passaggi più intimi e delicati, direi nascosti di chi scrive. sì Nazario si è commosso.Di questi tempi così tragici ed autocentrati non è facile vivere serenamente l'empatia. Vorrei scrivere di più...ma anche per me non sono tempi felici. Sto perdendo tutti i miei punti di riferimento solidi... Ciao e grazie.Buone Feste in famiglia.
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