Caro Nazario,
CaNaPa si è spento (Carla-Nazario-Pasquale)
come la fiamma che non ha più brace.
Pasquale in Cincinnato si converse:
pianta insalate e zucche e mette reti
per raccoglier le more sotto i gelsi.
Vanga, tritura, zappa, s'affatica
per la terra che i figli non vorranno
ma lui sarà in eterno dentro l'olmo
- dal salice ripresa la sua cetra -
a baruffare al vento con le strofe.
E invece tu ripeti le tue note
all'incessante suono della battima
coperte poi però dalla gran sabbia
di recensioni dotte, sapienziali
su autori sconosciuti a noi mortali
che affollano ogni giorno quel tuo blog.
Ed io vi seguo, ormai rimasta sola,
scrivendo senza anima i messali
del tempo mio che fu, delle speranze
nate già morte all'alba della vita.
Tornate amici ad azzardar confini
sui prati inesplorati della luna
dove poneste i sogni e le scommesse
del vostro ingenuo essere bambini
tornate con l'origano ed il quercio
a fare ombra ancor sulla recisa
ed io ritroverò Venere e Diana
appollaiate in cielo tra le stelle
e CaNaPa qual araba fenice
dalle ceneri alfin risorgerà
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