GUIDO MIANO EDITORE
NOVITÀ EDITORIALE
È uscito il libro di poesie e immagini:
IL COLORE DEI RICORDI di ANGELA RAGOZZINO
Pubblicato il libro “Il colore dei ricordi”; con poesie di Angela Ragozzino, fotografie di Enrico Raimondo, Marica Raucci,
Benedetto Scaravilli; prefazione di Nazario Pardini, nella prestigiosa collana “Parallelismo
delle Arti”, Guido Miano Editore, Milano 2021.
Le
memorie accompagnano la poetessa in un viaggio di vita, di affetti, di amori e
speranze.
Poesia
di vita, vita in poesia, questa di Angela Ragozzino, e si sa che la vita si
dipana su un climax di ampio respiro attraverso giochi di amore, di
incantesimi, di riflessioni sul perché noi siamo qui e non là, perché amiamo un
luogo, una condizione, restando aggrappati a speranze che ci danno il
carburante giusto per tirare avanti. Una navigazione, una vera impegnativa
navigazione in mare aperto, dove non si vedono più le sponde che tanto ci
attraevano e ci hanno attratto coi loro giochi estivi. È qui che la Nostra
vorrebbe tornare a vivere, respirare aria di casa, aria di una natura che tiene
vivo il ricordo di antiche primavere, luoghi e incontri che tanto l’hanno
turbata, emozionata.
Leit motiv di un percorso polivalente e plurale, il ricordo di persone che ci hanno lasciati con un palpito di melanconia, di sana e generosa saudade che alimenta il canto: “… Negli anni trascorsi / ora inverno, ora estate / ora primavera di dolci speranze / o malinconici autunni, / una costante mi è stata compagna / di vita: un legame atavico / e un affetto tenace e profondo / che fa del tuo volto solcato / da mille rughe, / un volto d’eterna giovinezza: / è il volto di mia madre!” (Il volto di mia madre).
D’altronde
il memoriale è un sentimento a double face: da una parte ti dice che la vita
scorre implacabile e indifferente alle tue emozioni, dall’altra ti porta
immagini che continuano a vivere nella tua anima, che pungono, e che lasciano
inquieti di fronte a quel nulla contro cui niente possiamo. La cosa migliore è
tenerci quei ricordi come un prolungamento dell’esistere, dacché sono proprio
quelli a farci tornare giovani, aitanti, in compagnia di persone care, di amici
a riflettere sul quando e il dove del nostro esser-ci:
“…Di quante vicende / silenzioso e partecipe / testimone sei stato? / Scivolano
i giorni / come grani di rosario / tra le dita, mentre / gli anni scolorano le
pietre / e rivoli di pioggia segnano le crepe, / lacrime di un amore perduto…”
(Vecchio casolare). Mi diceva
un mio vecchio professore che i ricordi sono materiale buono per tornare ad
amare o a rafforzare un legame che il tempo tenderebbe a distruggere. E non
bisogna sottometterci al tempo, che tutto annulla implacabilmente senza alcun
rispetto del nostro esistere. Ma c’è la natura a riportarci insieme, a riunirci
ad un tavolo che ora è vuoto, senza quei colori e quelle voci che più forti o
meno forti ci scuotevano facendoci vivere: “… E mi
dico che non tutto / è perduto, / se brandelli di luce / si fanno strada / tra
le ombre, / mentre lentamente / la nebbia evapora / ed un pallido sole / sorge
all’orizzonte. / Che sia l’alba di un giorno / di primavera” (Alba di primavera). Splende il sole, il
cielo si fa azzurro, una brezza primaverile ci sfiora le guance, quindi andiamo
avanti non ci tormentiamo più di tanto, la primavera porta con sé luce e amore.
Navigare lontani da
quelle sponde, da quei boschi, da quelle visioni che tanto avevano inciso sul
nostro andare, ci fa male, come a volte ci fa male vivere. Va bene, navigare
significa anche incontrare giorni di tempeste, di burrasche, in cui è facile
andare a cozzare contro scogli imprevedibili. La barca non è detto che regga a
tale impatto, si potrebbe sfasciare, è proprio allora che nel pericolo
imminente volgiamo animo e spirito a quelle voci che se ne sono andate
lasciandoci un po’ soli: “Nemico invisibile, /
strisciante / si insinua nel corpo / e nella mente. // Come nebbia fitta / cala
e soffoca, / toglie l’aria / toglie la vita. // E il terrore serpeggia / e
avvolge nelle sue spire / inchioda… si guarda il fratello, / si teme per lui,
per sé…” (Nemico invisibile).
La
solitudine fa pensare, fa meditare, forse ci dimentichiamo anche del pericolo
passato se riportiamo a galla volti che tanto ci amarono. Ma non è detto anche
che non possiamo chiamare in soccorso persone della nostra vita, presenti,
vive, che noi amiamo con tutto il cuore: “…Se
indietro ritorno / nel tempo e nei ricordi / rivedo solo il tuo volto, / sento
il respiro caldo / sulla pelle, / le sensazioni uniche / ed il dolce rifugio /
del tuo abbraccio. / L’unica luce nella mia notte / che illumina e conforta, /
là dove è solitudine / e oscurità sei tu, / il mio Amore” (Al mio Amore). La lontananza ci impedisce di abbracciarle,
di baciarle, di recuperare gli affetti che ancora bussano al cuore. E noi
andiamo in questa navigazione che tanto rassomiglia alla vita: trabucchi,
pericoli, amori, onirici ritorni, richiami, melanconie, o gioie di vivere,
sorrisi: “…Quanto costa un sorriso? / Tanto, se un
dolore / ti lacera l’anima / e ha spezzato il cuore. // Quanto costa un
sorriso? / Poco, se sorridi…/ Sarà un nuovo inizio, / un nuovo giorno…un’altra
vita!” (Quanto costa un sorriso?).
Forse è
la natura con tutto il suo carico esistenziale a fornirci il linguaggio giusto
per esprimere il nostro pathos, dacché la parola ha bisogno di corpo, di
sostanza per reificare gli stati d’animo. Non è detto che non tentiamo di fare
un’inversione di marcia, di rifare il cammino inverso, senza proseguire in
questo arduo viaggio; ci vuole coraggio, occorre forza d’animo e prontezza,
visto che l’isola a cui ambiamo oramai è in vista; ma tornare indietro
significa anche poter rivedere quei luoghi, quelle spiagge, quei volti che si
sono materializzati in panorami terrestri che vivemmo uniti: “… Sul prato, cinto da siepi, il tiglio guardiano accoglie il
passero / al riparo dalla calura estiva / e ti dà il benvenuto. / Più in là, /
il cespuglio della vecchia rosa rossa / rende omaggio alla terra / e alle mie
antiche radici…/ Qui è la mia casa!” (La
rosa antica).
Poesia dell’home, delle radici, della casa, che tanto incide sul
percorso poematico della Ragozzino. D’altronde
la barca è oramai impotente, per tornare indietro, come lo è per proseguire.
Restare immobili in mezzo ad una tempesta a pensare sul da fare non è la scelta
giusta. Tanto vale prendere una decisione: proseguire o tornare?
Sono i
ricordi a suggerirci di tornare ad abbracciare quelle persone che lasciammo a
terra, ambiziosi solo di andare, di imprese nuove, di avventure atte a spezzare
il ritmo monotono della quotidianità: “…Voglio
spezzare i lacci / impregnati / di paura ed incertezze. / Guardinga mi avvio /
e come triste presagio / vedo una nuvola nera / che beffarda si profila
/all’orizzonte. / Dio fa che sia / solo passeggera” (Voglia di uscire).
Silloge
corposa, questa della Ragozzino, plurale, polisemica, dove gli input della vita
sono tutti marcati con grande elasticità emotiva e dove i versi con il loro
andamento di euritmica consonanza danno vigore ai significanti. Versi brevi, e
più ampi si succedono a equivalere il diagramma della musicalità; la poetessa
prende dalla voce dell’anima i motivi della versificazione. Tutto si fa umano,
fortemente umano e trasversale in questo messaggio di vertigini emotive.
L’opera segna momenti di melanconico abbandono, ma l’autrice, vive con amore,
con energica spiritualità, con affetti di tradizionale positura, la sua storia
fino ad una conclusione di memoria eraclitea, dove la vita, nolenti o volenti,
scorre portandosi dietro amori e passioni: “…E là un
airone s’invola, / e ancora vedi uno stormo / di anatre selvatiche / sull’acqua
planare, / trovano rifugio e ristoro / dopo il lungo migrare. / E il Fiume
scorre e va…// Il tempo passa / traccia il suo corso, / di uomini e storie / tante
ne ha viste e sentite, / ma niente distoglie / il suo lento fluire…/ L’eterno
Fiume scorre e va!” (Il Fiume scorre e va).
In fin dei conti è proprio la natura a simboleggiare gli stati
d’animo della poetessa, e, se si vuole, la sua filosofia di vita.
Nazario Pardini
Angela Ragozzino è nata
nel 1956 a Sant’Angelo in Formis, frazione di Capua, in provincia di Caserta,
dove attualmente risiede. Dopo gli studi classici ha conseguito nel 1983 la
laurea in Medicina e Chirurgia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell’Università “Federico II” di Napoli, con specializzazione in Anestesia e
Rianimazione. Dal 1991 ha esercitato la sua attività presso l’Azienda
Ospedaliera di Caserta. È impegnata in attività sociali a scopo benefico e
culturale; amante della musica classica, delle arti, e delle Cose Antiche, è legata alle origini, alla storia e alle tradizioni della sua
terra. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Momenti
d’Amore (2004), Essere nel tempo (2018).
L’attività letteraria di Angela Ragozzino è recensita da Enzo Concardi e Mario
Santoro rispettivamente nel n°12 di Alcyone
2000 - Quaderni di poesia e di studi letterari, Guido Miano Editore, Milano
2019, e nel quarto volume dell’opera Storia
della Letteratura Italiana. Dal secondo Novecento ai giorni nostri, ivi,
2020.
Angela Ragozzino, Il colore dei ricordi, prefazione di Nazario Pardini; Guido Miano
Editore, Milano 2021, pp. 80, isbn 978-88-31497-45-9.
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